Eleganza e delicatezza dei The SwingMatics
Blue
Note, Milano - 05 febbraio 2007
di: Mario Livraghi
fotografie di:
Alberto Gottardelli
Marco Parodi -
Chitarra Elettrica
Christophe Romeo Berthomme Kerleau -
Chitarra Elettrica
Riccardo Vigorè
- Contrabbasso
Luca Rigazio - Batteria
Lunedì 5 febbraio al
Blue Note
è stato protagonista il quartetto The SwingMatics con un repertorio ispirato
alla tradizione degli standard risalenti agli anni '30 e '40 e liberamente riproposto
in nuovi arrangiamenti realizzati dallo stesso Parodi per l'ensemble.
Il gruppo era composto da ben 2 chitarre elettriche affidate rispettivamente
a Marco Parodi e Christophe Romeo Berthomme Kerleau,
Riccardo Vigorè
al contrabbasso e Luca Rigazio alla batteria. L'organico si è dunque presentato
con un'originale peculiarità strumentale data dalle due chitarre elettriche; la
chitarra elettrica è certamente uno strumento strettamente legato alla storia del
jazz, ma l'accostamento timbrico di due medesimi strumenti ha conferito al discorso
musicale, portato avanti attraverso l'arte dell'interplay, un'atmosfera delicata
ed elegante entro cui sono stati inseriti gli standards in programma; un organico
insolito che nell'eccezionalità della sua struttura ha creato un fenomeno consueto
nella musica jazz: l'originalità e l'importanza della timbrica come ricerca di qualcosa
di diverso; attraverso questa sua nuova caratteristica il suono viene così ad assumere
un'importanza fondamentale nell'atto creativo ancora prima dell'arrangiamento e
dell'improvvisazione.
Nel
gruppo si fondono due elementi della linea evolutiva della chitarra elettrica nella
storia della musica afro-americana: da una parte il supporto armonico-ritmico e
dall'altra l'esecuzione di elaborate e personali linee solistiche. Ia sezione armonico-ritmica
di contrabbasso e batteria, si arricchisce talvolta della chitarra di Christophe
Romeo Berthomme Kerleau e lascia libero Parodi di spaziare e creare.
Ci si distacca così dal nucleo storico degli anni quaranta costituito da contrabbasso,
batteria e piano e se ne ricrea un altro con toni più delicati.
Il programma della serata era costituito da una serie di dodici brani piacevoli,
ben disposti, accattivanti e godibili per la varietà di situazioni musicali sviluppatesi
in differenti risvolti ritmici e formali che andavano dal medium, al fast, dal latin,
al blues fino alla ballad. Marco Parodi è stato il leader indiscusso del
gruppo e ciò lo si è notato soprattutto nel ruolo primario che egli ha assunto nelle
fasi improvvisative e quindi di maggiore creatività rispetto alla seconda chitarra
di Christophe Romeo Berthomme Kerleau, che nei differenti contesti in cui
si venivano a creare durante l'esecuzione, seguiva Parodi all'unisono, faceva
da controcanto oppure fungeva da supporto armonico alla prima chitarra o agli altri
strumenti durante il loro assolo. La vena creativa di Parodi si è sempre
rivelata luminosa, fatta di quanto basta e mai carica di eccessi che sarebbero propri
di altre epoche e per questo fuori luogo. Sotto questo profilo Parodi è stato
coerente, ma allo stesso tempo spontaneo e non decadente nel manierismo filologico
privo di spontaneità e sentimento.
Parodi
si è rivelato group leader di rilievo anche perché ha presentato gli arrangiamenti
dei brani, alcuni proposti in una lettura libera; mentre per altri, come
Four Brothers, ha preso direttamente spunto dalla
partitura per big band ritrascrivendola e riadattandola per il quartetto.
Nell'esecuzione degli standards particolare effetto hanno sortito i numerosi
passaggi omofonici delle due chitarre: un felice connubio tra virtuosismo tecnico
e affiatamento musicale, tra spettacolarità funambolica e precisione melodico-ritmica.
Affascinanti i numerosi passaggi eufonici a due voci affidati sempre alle chitarre:
momenti dove a Marco Parodi spettava sempre la parte più acuta e al partner
Christophe Romeo Berthomme Kerleau il controcanto. Non numerosi ma presenti
i passaggi in imitazione quasi contrappuntistica, in stretto dialogo fra i due cordofoni.
Un intreccio di voci sempre chiaro, facilmente riconoscibile e mai scadente nel
parossismo.
La sezione ritmica, con contrabbasso e batteria a cui si univa talvolta
una delle due chitarre,ha sostenuto egregiamente i solisti, dando sfoggio in alcuni
momenti di una logica improvvisativa chiara, precisa e stilisticamente aderente
all'epoca storica proposta dal gruppo.
Accattivante introduzione alla serata con Fascinating
Rhythm, passando poi per Stompin at the Savoy
e I'm coming Virginia. Si è proseguito
con When sunny get's blue,
Tangerine, Donna Lee,
Hey Burner, Four Brothers,
Azurete, Litterburg
Waltz e Seven come eleven. La
conclusione è giunta con lo straordinario finale pirotecnico di
Sing sing sing. Non è poi mancato il meritato bis
con Pick yourself up.
15/11/2009 | I Triad Vibration al Blue Note di Milano: "Una bellissima serata, il sound dei Triad Vibration è coinvolgente, energetico, ipnotico, riporta alle radici...si passa da contaminazioni jungle, tribali, funky, etniche a influenze world music, jazz, latin jazz, blues, e addirittura house." (Eva Simontacchi) |
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Data pubblicazione: 07/04/2007
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