Auand Records di Marco Valente
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Monk! Sempre
Monk!
Ma che avranno da dire ancora su Monk? Un'altra operazione che sfrutta il
nome di Monk, le sue statuarie composizioni. Queste, e altre, sono state le mie
prime considerazioni appena ho ricevuto il disco. L'ho inserito quindi con uno
scetticismo abbastanza elevato e le prime note mi hanno creato addirittura
"imbarazzo" da ascoltatore...Si ascoltano suoni distorti, basso tuba che sembra
vada per i fatti suoi, batteria che cerca disperatamente degli spazi per
inserirsi senza quindi porsi un obiettivo ritmico ben preciso. Come lampi, quasi
ad illuminare il cammino in modo da aiutare nel ritrovare ... "la retta via", ci
sono frammenti di melodie di Monk, riconoscibili sempre, ovunque, comunque.
Allora l'ho riascoltato un'altra volta, un'altra volta ancora ed ecco che
ho cominciato a sentirmi più a mio agio, quei lampi sono stati sempre meno
necessari. Ho pensato alle composizioni di Monk come ad un modellino di veliero
composto da mille particolari che Paolo Sorge ha avuto il coraggio di
smontare, sicuro poi di poterlo ricomporre. Sorge conosce bene, anzi benissimo,
questo veliero e nel smontarlo ha provato sicuramente una grande emozione perchè
ha così scoperto mille segreti, nascosti ai più, ma che rendevano il risultato
finale bello, statuario. Chiede allora aiuto a Michel Godard e
Francesco Cusa per il rimontaggio. Godard, con il basso tuba, sembra fare un
po' il "saputone" nel dire come andrebbe rimontato il tutto e Cusa, alla
batteria, sembra essere l'addetto alla catalogazione dei pezzi, creando però
ancora maggiore confusione. Sorge, dal canto suo, rimasto affascinato da quanto
ha scoperto, non resiste nel raccontare a cosa serve ogni frammento perdendo di
vista l'obiettivo iniziale. Alla fine si ritrovano con qualcosa che non
assomiglia affatto al veliero originario ma che ne contiene molte parti,
riconoscibili a prima vista, e la sapienza è stata quella di aver salvato alcune
delle parti fondamentali.
Non
dimentichiamoci che Monk aveva il piano che a volte sembrava scordato, suonava
con una tecnica che i puristi aborrono, scovava dissonanze che un orecchio poco
allenato avrebbe rifiutato categoricamente, attendeva l'ultimo istante ritmico
possibile per prendere note che ci si aspettava in altri momenti mettendo in
difficoltà il "piedino" che porta il quattro eppure, tutto questo, oggi, lo
paragoniamo a qualcosa di perfetto, statuario, incantevole. Paolo Sorge
ha messo in piedi un progetto di totale decostruzione dell'opera Monkiana
salvaguardando tutti gli aspetti appena menzionati tanto che alla fine posso
affermare che Sorge stesso, su questo CD, suona a-la-Monk molto più di
ciò che sembri, usa la chitarra come Monk usava il piano. E i suoi compagni sono
lì a creare colori, commenti e non a determinare il sound di Monk. Godard
contrappunta continuamente, o accenna le melodie, ma lo fa con assoluta libertà
senza doversi necessariamente porre in attesa del momento del suo solo, così
come Francesco Cusa abbandona ogni schema ritmico per concedersi delle
figurazioni sovrapposte al ritmo di base stesso, perfettamente percepibile
perchè è comunque sempre rimarcato a turno da tutti, magari con qualcosa di
essenziale, ma c'è.
E così i brani scorrono uno dopo l'altro, senza pausa, e ognuno lascia
per strada qualcosa, un ricordo, un'emozione, un tentativo di innovazione, a
tratti coraggiosa ma forte del background dei musicisti.
Allora non posso che concludere dicendo: Monk! Per sempre Monk!
Marco Losavio
P.S. Sul Cd c'è,
come è di consuetudine oramai per i CD della Auand, una traccia digitale
contenente non solo informazioni sul CD in questione e il catalogo, ma un
interessante, quanto enigmatico capitolo dal nome "L'improvvisatore
involontario". Tutto da scoprire.
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Data pubblicazione: 05/10/2003
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