Vittoria Jazz Festival "Music & Cerasuolo Wine" 2015 direzione artistica di Francesco Cafiso di Vincenzo Fugaldi
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Edizione numero otto per il festival in provincia di Ragusa che
si articola come di consueto in quattro fine settimana del mese di giugno. La bella
cornice di Piazza Enriquez, stracolma di pubblico in ogni serata, ha premiato lo
sforzo degli organizzatori (oltre a Cafiso, il presidente di Sicily Jazz Music Emanuele
Garrasi) e un'amministrazione comunale che dimostra da anni di avere le idee ben
chiare sulla necessità di investire in attività culturali di qualità per lo sviluppo
del proprio territorio.
Grandi nomi internazionali e talenti italiani per un programma
denso e calibrato, a partire dal trio del contrabbassista statunitense Christian
McBride, con Christian Sands al pianoforte e Ulysses Owens alla
batteria. Un fiume in piena di swing e di groove proveniva da questo agguerrito
trio, nel quale la carismatica figura del leader trovava piena rispondenza in entrambi
i partner, pronti a cogliere ogni stimolo per realizzare un concerto di grande impatto,
ricco e trascinante. Sands, appena ventiseienne, ha mostrato una assoluta versatilità,
e si prefigura come uno dei nomi nuovi dal piano jazz, musicalmente coltissimo e
pronto a cimentarsi in diversi stili con una dimestichezza senza pari. Owens, trentaduenne,
ha già all'attivo illustri collaborazioni (Kurt Elling, Winton Marsalis,
Nicholas Payton, per citarne alcune) ed è il batterista ideale per questo trio,
calibrato ed efficace, preciso e duttile. Repertorio di grande presa (Fried Pies
di Wes Montgomery, Caravan, I Guess I'll Have To Forget dello
stesso bassista, The Most Beautiful Girl In The World, Povo di Freddie
Hubbard, Down By The Riverside, Send One Your Love di Stevie Wonder
e persino il mitico funky tema del film del 1976 Car Wash) e, in ogni istante,
il granitico, rapido, efficacissimo fraseggio di McBride, anche ottimo presentatore
dalla voce profonda e comunicativa. I tre al momento del bis hanno chiamato sul
palco anche Francesco Cafiso per un breve omaggio a Monk.
Atmosfere totalmente differenti la sera successiva, per il concerto del Golden
Striker Trio di Ron Carter, con Russell Malone alla chitarra e
Donald Vega al pianoforte. Un trio che dopo la scomparsa di Mulgrew Miller,
primo pianista del gruppo, non pare aver mantenuto lo smalto iniziale. Nonostante
il sempre splendido e inconfondibile suono di contrabbasso del leader, oggi settantottenne,
e il consueto repertorio di classici della formazione, il concerto ha stentato a
decollare, mantenendosi costantemente a un livello di routine.
Kurt Rosenwinkel, che ha in programma la pubblicazione di due nuovi cd dopo
l'ultimo apparso nel 2012, è arrivato a Vittoria con il pianista Aaron Parks,
il contrabbassista Orlando Le Fleming e il batterista Allan Mednard.
Consueta aria da ragazzo tranquillo e semplice, ma una volta sul palco leader e
musicista capace e rigoroso come pochi, con una totale conoscenza e padronanza dell'armonia
e un fraseggio solistico che coniuga al meglio rapidità e leggibilità. Composizioni
gradevoli e ariose (The Polish Song, A Shifting Design, Flute,
la nuova Chi sa rendere astratto), largo spazio alle ben note doti del pianista
e all'interazione con questo, per un concerto riuscitissimo, con un utilizzo misurato
della pedaliera degli effetti da parte di Rosenwinkel che permetteva di cogliere
ogni sfumatura dei suoi incantevoli assolo.
Lee Konitz, con Florian Weber al pianoforte, Jeremy Stratton
al contrabbasso e George Schuller alla batteria (quest'ultimo colpito da
poche ore dal lutto per la morte del padre Gunther), è tornato sui suoi amatissimi
standard (All the things you are, Stella By Starlight, Body And
Soul, Darn That Dream) per un breve set nel quale ha distillato relativamente
poche note al sax, limitandosi per il resto a canticchiare con voce flebile gli
assolo, mentre il valido trio che lo accompagnava manteneva un tono volutamente
basso, colloquiale, intimo, trasformando quasi la piazza in un jazz club.
Volcan è il quartetto che unisce tre cubani, il pianista Gonzalo Rubalcaba,
il batterista Horacio "El Negro" Hernandez, il bassista Josè Armando Gola
e il percussionista portoricano Giovanni Hidalgo. Un gruppo che a
Vittoria ha suonato grande musica, mostrando affiatamento e impegno. Tra le migliori
formazioni attive del latin jazz, i quattro giocano felicemente e senza sosta sulle
poliritmie generate dall'interazione fra la gloriosa batteria di Hernandez e le
congas e i timbales di Hidalgo (tra i più importanti percussionisti oggi attivi,
basti ricordare le collaborazioni con Gillespie e Blakey). Il basso elettrico a
sei corde di Gola fornisce un sostegno solido e pertinente, oltre a prodursi in
assolo densi e convincenti. Su tutti svetta il pianismo di Rubalcaba, che qui recupera
pienamente le proprie radici etniche, portando il pubblico in un colorito e profumato
viaggio dentro il son cubano, senza mai sovrastare il lavoro dei compagni,
ma impegnandosi a fondo anche a una tastiera, sulla quale ha suonato il trascinante
bis di Salt Peanuts, in una infuocata versione tipicamente afrocuban bop.
Il gran finale del festival è stato riservato tutto per sé dal direttore artistico.
Francesco Cafiso, che ha da poco pubblicato un triplo cd in confezione
di lusso intitolato "3", ha portato nella sua città una formazione molto ampia,
(Roberto Pistolesi alla batteria, Giovanni Amato alla tromba, Giuseppe Bassi al contrabbasso, Humberto Amezquita al trombone
e alcuni solisti dell'Orchestra del teatro di Messina) che ha ospitato anche in
un paio di brani la chitarra di Francesco Buzzurro. Del triplo cd
è stato eseguito per intero quello intitolato "La banda", un viaggio suggestivo
e partecipe attraverso gli umori della Sicilia, che ha dato contezza della nuova
statura compositiva del sassofonista (oggi anche flautista) vittoriese, qui anche
ottimo arrangiatore insieme a Mauro Schiavone. Una statura compositiva
che travalica l'universo jazzistico, lasciando intravedere sviluppi sempre più personali.
Una piazza colma come mai avvenuto prima nella storia del festival ha a lungo applaudito
i musicisti, che hanno contribuito con entusiasmo e professionalità. Nel finale,
sulle note gioiose e latin de La festa, i quattro di Volcan hanno voluto
unirsi al gruppo, con un Rubalcaba esuberante, mentre Hidalgo e Hernandez si spartivano
la batteria e Gola imbracciava il contrabbasso, per la gioia del pubblico entusiasta.