Mario Biondi and Duke Ensemble
Luca Mannutza
pianoforte
Daniele Scannapieco sax
Giovanni Amato tromba
Lorenzo Tucci
batteria
Luca Florian percussioni
Andrea Celestino basso
Davide Drogo chitarra
Andrea Bertorelli tastiere
cori
Vahimiti Cenci, Wendy Louise, Cristiana Polengri
Inaspettatamente Jazz….
Cavea dell'Auditorium di Roma - 24 giugno 2009
di Fabrizio Ciccarelli
A
più d'un anno di distanza dalla sua ultima apparizione a Roma,
Mario Biondi
il 24 giugno è tornato per un appuntamento particolare, organizzato e sostenuto
dal Gruppo UniCredit per Save the Children, allo scopo di realizzare
un progetto di accoglienza di minori stranieri che vivono in condizioni di grande
vulnerabilità sociale, ai quali si intende offrire orientamento e protezione. Molti
gli artisti ed i giornalisti romani presenti, grande solidarietà per il tentativo
di porre fine ad un fenomeno in crescita costante e che trova nella prostituzione
minorile una delle sue più squallide tragedie, fin troppo spesso ignorata.
Nella Cavea dell'Auditorium, accompagnato
dalla Duke Ensemble,
Mario Biondi
ha confermato (tristemente per noi) quanto le regole del gioco siano sempre nelle
stesse mani e che si venga acclamati "artisti" solo quando il "Sistema" abbia deciso
che è ora di creare un evento da ben mercificare. Tal fatto nulla ha tolto alla
bravura, al calore, al "sentire", all'essere vero professionista e bravo interprete,
all'amore per le blue notes da parte del cantante, ma ha dato la certezza
di come egli abbia dovuto sacrificare qualcosa del proprio lato jazzistico, speriamo
solo per ora.
La sua voce è stata spesso al centro di argomentazioni in definitiva futili
quanto oziose: paragonarlo a noti e citati black singers – come molti hanno
fatto - oltre che riduttivo sarebbe non corretto sia dal punto di vista artistico
che tecnico. Egli ha nelle sue corde vocali e nell'anima il soul, il rhythm'
n' blues e soprattutto un jazz molto duttile che nasce e trova effetto nella
pastosità della sua voce, nel suo spettro timbrico e nella coloritura dei medio-bassi
molto intensi che mai basterebbero, in ogni caso, a rendere swing o sfuggenti
ballads certi pentagrammi se - oltre alla sensibilità - non ci fosse una
solida cultura ed una preparazione di base attenta e improntata all'immediatezza
ed al coinvolgimento.
Chi scrive ha sentito Biondi sussurrare ad un lato del palco: "qualche
anno fa me la sarei sognata una serata come questa". E questo dice molto.
Il tono e l'espressione con cui l'ha pronunciata ne danno il profondo quoziente
umano, anni di "gavetta" mai dimenticati, un'umiltà che è emersa per tutta la serata:
lo spazio dato alla band, alle coriste, ai duetti, ne sono testimonianza. Non si
è mai avuta la sensazione che avesse intenzione di esibire qualcosa in più del comprimario,
differentemente da quanto non di rado si nota in situazioni on stage come
queste.
Oltre al repertorio del vocalist (molto ben eseguite
Close To You di Burt Bacharach,
This is what you are e
Moonlight in July) s'è assistito ad una performance
con Karima (la sanremese "Come in ogni ora"
ed un duplice omaggio al compositore americano); un'altra con il Maestro Claudio
Mattone che era lì tra il pubblico ("Ancora"
in versione soul ), ed ancora una con la brava corista Wendy Louise
(timbro vigoroso ed espressivo).
Da sottolineare due lunghi spazi bop dal tratto discorsivo dedicato
stilisticamente all'improvvisazione e a nuances di grande personalità, in
cui Luca Mannutza,
Daniele Scannapieco e Giovanni Amato, tre strumentisti
di profilo davvero alto, hanno sottolineato il giusto groove dell'esibizione,
in un continuum che nel jazz ha avuto il suo centro emotivo e filologico.
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Data pubblicazione: 09/08/2009
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