Südtirol Jazz Festival Altoadige 2017 XXXV Edizione
30 giugno - 9 luglio 2017 di Vincenzo Fugaldi
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Il festival altoatesino, giunto all'importante traguardo dei trentacinque anni,
è un evento che sempre più si caratterizza come una finestra sulla vasta scena del
jazz europeo, e si svolge in alcune delle località più incantevoli di un territorio
unanimemente considerato tra i più belli al mondo. La formula individuata dal direttore
Klaus Widmann prevede di focalizzare ogni edizione su un paese europeo, e
quest'anno la scelta è caduta sul Benelux. Belgio, Olanda e Lussemburgo sono dunque
i principali paesi di provenienza dei musicisti che si sono esibiti nel festival,
insieme ad altri artisti europei e italiani. I numeri sono eloquenti: dieci giorni,
settanta concerti, sessanta diversi spazi per la musica, centottanta musicisti,
e dietro una macchina organizzativa precisa e instancabile che ha garantito la perfetta
riuscita di ciascun evento.
A Rainer Baas, giovane musicista di Amsterdam,
è toccato quest'anno il ruolo di artist in residence, esibendosi in varie
formazioni e inaugurando la rassegna con la jazz opera da lui composta nel 2015
per il North Sea Jazz Festival "Rainer Baas vs. Princess Discombobulatrix".
L'opera multimediale, con la proiezione di disegni realizzati dall'illustratore
Typex, era affidata a un manipolo di validissimi musicisti tra cui spiccavano
il contrabbassista Clemens van der Feen, il clarinettista Joris Roelofs
e il trombettista Natanael Ramos Garcia, affiancati da tre violoncellisti
e dalla presenza scenica della cantante Nora Fischer. Le musiche consistevano
in una sorta di third stream articolata e complessa, alleggerita da un senso
ironico che trovava espressione anche nei travestimenti della vocalist e dello stesso
Baas, che suonava il pianoforte e la chitarra. Come chitarrista Baas ha una cifra
stilistica personale, armonicamente ricca ma piuttosto distante sul piano del fraseggio
dalla linea portante della chitarra jazz. Baas si è esibito anche in svariati altri
contesti: ha presentato la sua composizione che mostrava preziosità di scrittura
Music for Brass & Guitar, con quattro fiati (trombone, tromba, tuba e corno
francese) tra cui anche i nostri Filippo Vignato e Glauco Benedetti,
e un duo con la cantante Nora Fisher, supportato da interventi dei fiati,
con un repertorio che andava da Monteverdi a Ravel a Purcell a Messiaen, finemente
arrangiato e interpretato con ottima padronanza del repertorio; insieme al collettivo
Euregio; in duo con il sassofonista Ben Van Gelder; in trio con il medesimo
e il contrabbassista van der Feen; insieme ad Han Bennink; in un gradevole
trio sul Renon con Joachim Badenhorst e Pascal Schumacher; durante
i Jazz Labs e nella jam finale a Selva Val Gardena.
La filosofia di Friedrich Nietzsche, in particolare la metafora dell'equilibrista
in "Così parlò Zarathustra" ha affascinato il clarinettista olandese Roelofs,
che con il suo quintetto, nel quale spiccavano il contrabbasso di Clemens van
der Feen e il fagotto di Bram van Sambeek, ha presentato la suite "Rope
Dance – Light-Footed – Music for All and None", composta l'anno scorso per il
NSJF. Qui il leader oltre a brillare come solista, ha mostrato eccezionali doti
compositive che evidenziano una solida formazione sia in ambito classico che jazzistico
e un gusto notevole, ben supportato da un ottimo quintetto cui il suono del fagotto
– strumento arduo da inserire in ambito jazzistico - ha conferito un colore particolare,
insieme all'archetto e al pizzicato del contrabbasso suonato magistralmente.
Il ritorno a Bolzano del pianista austriaco David Helbock lo ha visto
protagonista di un magnifico concerto in un fienile in prossimità del laghetto di
Costalovara in compagnia dei connazionali Raphael Preuschl (ukulele basso)
e Reinhold Schmölzer (batteria). Con un cd edito da Act nel 2016 ("Into
The Mystic"), il trio è uno dei più interessanti attivi nell'odierna scena europea,
e ha dato conferma del proprio felice momento creativo suonando con palpabile entusiasmo
il proprio repertorio di composizioni originali gradevolissime che recano talvolta
profumi monkiani, con un utilizzo dell'elettronica sobrio e pertinente, eseguendo
anche il secondo movimento della Settima Sinfonia di Beethoven e, come bis,
il tema di Star Wars in un arrangiamento degno di nota.
Fra i tanti eventi nei rifugi, al Passo delle Erbe un incontro totalmente acustico
fra il contrabbasso di Van der Feen e il fagotto di Van Sambeek. I
due hanno incrociato i propri strumenti in un duo mozartiano scritto per violoncello
e fagotto e nella monkiana Ask Me Now, suonando in solo per buona parte del
set, fra una intensa "Lonely Woman" ornettiana condotta in buona parte dall'archetto
insieme a un gospel dal repertorio di Mahalia Jackson, e un incontro fra Bach e
una composizione del bassista dei Metallica per fagotto.
Il collettivo Euregio, formato da musicisti tirolesi, trentini e di altri
paesi europei, si è esibito in un luogo incantevole, alle pendici dello Sciliar,
presso il maso Pflegerhof, una azienda di produzione agricola biologica di grande
qualità, che coltiva centinaia di varietà aromatiche. Composta da validissimi giovani
musicisti, con due batteristi, l'orchestra, che suona un jazz contemporaneo, si
è distinta per la qualità delle composizioni tutte originali e degli arrangiamenti,
oltre che per le notevoli prestazioni solistiche di alcuni componenti. Anche l'ospite
Rainer Baas ha contribuito con un suo brano.
Una rappresentanza geografica diversa, tutta francese, era quella del quartetto
"Circles" della batterista e vocalist Anne Paceo con la voce di
Leila Martial, le tastiere di Tony Paeleman e i sassofoni di Christophe
Panzani. I quattro hanno inaugurato la serie di concerti di mezzanotte nei locali
sotterranei del Batzen Sudwerk con uno splendido e coinvolgente concerto che valorizzava
le distinte personalità dei musicisti con una musica corroborante ed energetica
strettamente aderente alla contemporaneità, con l'elettronica al servizio
di una comunicatività esaltata dalle non comuni doti improvvisative della Martial,
funambolica, melismatica e vibrante in una sperimentalità aperta e comunicativa,
dall'intenso solismo di Panzani sia al tenore che al soprano (nel disco del gruppo
suona Emile Parisien), dai tappeti armonici generati dalle tastiere e dalla carica
ritmica garantita dalla leader. Alcune notti dopo, nel medesimo spazio ancora un
progetto francese capitanato dalla arpista e cantante Laura Perrudin, con
il violino di Theo Ceccaldi e la chitarra di Federico Casagrande,
da tempo stabilitosi a Parigi. Una musica acustica, sussurrata, che mescola minimalismo,
improvvisazione, canzone, atmosfere sognanti, in un insieme discreto e seducente.
Un incantevole parco privato nel centro di Bolzano, il Palais Toggenburg, ha
accolto un concerto mattutino del trio del sassofonista belga Manuel Hermia,
con i francesi Valentin Ceccaldi (violoncello) e Sylvain Darrifourcq
(batteria). Un trio forte e agguerrito, che sfrutta ampiamente le dinamiche che
offre la formazione, poggiando saldamente sulla forte carica ritmico-armonica del
violoncello, e spaziando dal pianissimo al fortissimo, in una ricerca di intensità
dal sapore attuale, particolarmente riuscita, su composizioni originali dei tre.
Raccontano di un universo urbano violento e disperato, con una musica a tratti fortemente
ritmata, scura, che segue metriche inusuali e accumula tensione, per poi stemperarsi
in momenti introspettivi che non mutavano la prospettiva di fondo.
L'accogliente ed elegantissima cornice dell'Hotel Bad Schörgau in Val Sarentino
ha accolto, preceduto da una breve significativa esibizione in solitudine, prima
in acustico e poi con ampio utilizzo di elettronica, del giovane ma già affermato
trombonista Filippo Vignato, le bacchette e le spazzole di Han Bennink,
che si è confrontato con i giovani belgi e olandesi Van Gelder, Baas,
Roelofs, Joachim Badenhorst e Onno Govaert. Un frenetico duo
con quest'ultimo, anch'egli batterista, ha aperto il pirotecnico set, che ha confermato,
se mai ce ne fosse bisogno, il costante eccezionale stato creativo di questo veterano
del jazz, che non mostra minimamente la sua età. Il set è proseguito con un duo
con il clarinetto basso di Reolofs, cui si è unito il clarinetto di Badenhorst,
e con un trio, più strutturato, con Baas e Van Gelder, per poi concludersi con tutti
i musicisti sul palco per delle ottime esecuzioni di brani originali e di Monk.
Una produzione originale del festival, realizzata in collaborazione con la Bimhuis,
denominata Jazz Labs, ha visto l'alternarsi su tre palchi contigui alla Fiera di
Bolzano di numerosi musicisti europei e italiani, organizzati in piccole formazioni
con la sola consegna di una improvvisazione assoluta. Ogni performance durava solo
sette minuti e mezzo, e veniva interrotta dal suono di un gong, che dava anche il
segnale d'inizio alla successiva. Tra le più coinvolgenti, il duo Martial-Baas,
il trio Eirikur Orri Olafsson (tromba) - Van Gelder (alto) - Perrudin
(arpa), il duo tra il clarinetto basso di Roelofs e il violoncello di
Ceccaldi, il sestetto Martial - Badenhorst - Roelofs - Baas - Darrifourcq
- Ceccaldi.
Warped Dreamer è il nome di un quartetto belga-norvegese, capitanato dal
batterista Teun Verbruggen, con Stian Westerhus (chitarra), Josef
Dumoulin (tastiere) e
Arve Henriksen
(tromba). Con un cd all'attivo registrato nel 2016 per Rat Records («Lomahongva»),
questo quartetto si propone sin dall'inizio all'insegna di una libera improvvisazione
di matrice free, con un uso massiccio dell'elettronica e del rumore, alternando
nel fluire continuo della musica momenti introspettivi e sognanti affidati alla
voce di Henriksen, per poi lanciarsi progressivamente in deliri di angosciante contemporaneità,
carichi di tensione emotiva.
Il trio tedesco Three Fall ha mostrato la consueta forza ritmica, ma ha eseguito
una musica leggermente edulcorata rispetto al passato. Nessun apporto rilevante
agli equilibri del trio è stato fornito dalla cantante ospite, la congolese Melane.
Una rivelazione del festival è stata la Carate Urio Orchestra, esibitasi
in acustico alle Piramidi di Terra Longomoso al Renon e poi in un regolare concerto
nello spazio retrostante il Museion. Gruppo europeo composto da sette elementi (il
leader, il belga Joachim Badenhorst, clarinetti, sax tenore e voce; il francese
Brice Soniano al contrabbasso; l'islandese Eirikur Orri Olafsson alla
tromba; il francese Frantz Loriot alla viola; il catalano Nico Roig
alla chitarra; il tedesco Pascal Niggenkemper al contrabbasso e l'irlandese
Sean Carpio alla batteria e voce). Gruppo che ha già all'attivo quattro cd,
l'ultimo pubblicato dalla benemerita etichetta portoghese Clean Feed, esprime una
cifra stilistica peculiare, che combina, in un mix riuscito, impro radicale e melodia,
con esiti creativi e spiazzanti, che da un lato ricordano certe sperimentazioni
vocali inglesi alla Wyatt, ma intonate a un volume bassissimo che ne accresce il
fascino, su semplici e delicati arpeggi di chitarra, per poi confluire in momenti
improvvisativi sempre mantenuti su toni non gridati, e in fanfare melodiche e coinvolgenti.
Ottimi i solisti, sia il leader che il trombettista, da segnalare le doti vocali
del batterista Carpio e mirabile l'intesa tra i musicisti.
Il minuscolo paesino medievale di Glorenza, a soli dieci chilometri dal confine
svizzero, ha accolto in sestetto On Dog, codiretto da Francesco Bigoni
(tenore e clarinetto) e Mark Solborg (chitarra), insieme a Piero Bittolo
Bon (alto e clarinetto basso), Beppe Scardino (baritono e clarinetto
basso) e Mark Lohr (batteria ed elettronica). Gruppo che ha già due testimonianze
discografiche uscite nel 2013, On Dog poggia sulla solida carica ritmica di batteria
e chitarra una front line di fiati potente e agguerrita, con un repertorio
di brani originali dei leader dalla sobria cifra stilistica, che passava da brani
d'atmosfera a dure scansioni rock, dando grande spazio alle ben note potenzialità
di Bigoni, Bittolo Bon e Scardino.
De Beren Gieren è un trio belga costituitosi già da alcuni anni, con quattro
cd già pubblicati e uno di prossima uscita e, al pari del trio di Helbock, è uno
tra i più interessanti piano trio sulla scena europea. Hanno suonato in uno spazio
naturale, fra i boschi di San Genesio, offrendo ai presenti un concerto apprezzabilissimo,
giocato su interplay, uso moderato dell'elettronica, in una visione che riesce a
rinnovare l'abusata formula del trio grazie a freschezza di idee, competenza compositiva,
feeling, trascorrendo da momenti più sperimentali ad altri decisamente leggibili,
ma mai scontati.
La Sweet Alps Jazz Orchestra (Andreas Marinello-alto; Enrico
Merlin-elettronica; Helga Plankensteiner-baritono; Matthias Schriefl-tromba;
Michael Lösch-pianoforte; Nelide Bandello-batteria; Stefano Colpi-contrabbasso;
Vince Abbracciante-fisarmonica) ha suonato all'interno del lanificio Moessmer
a Brunico, proponendo un suggestivo programma mahleriano dedicato alla vita dei
soldati, alla seconda esecuzione. La rielaborazione delle composizioni classiche,
dovuta alla penna di Lösch, ne recuperava la drammaticità in un insieme sonoro di
grande suggestione, impreziosito da grandi interventi solistici della pirotecnica
tromba di Schriefl particolarmente calato nel ruolo, dal contributo dell'altoatesino
Marinello, dall'utilizzo dell'elettronica e di basi preregistrate e dalla calda
sonorità della fisarmonica. Un progetto di grande qualità, che meriterebbe di circolare
di più ed essere registrato.
La chiusura del festival, prima della jam session finale, è stata affidata ai
tre vibrafoni "Saslonch Vibes", Pascal Schumacher, Mirko Pedrotti
e Matthias Legner, che alle pendici del Sassolungo, in una cornice di bellezza
impagabile, hanno proposto musiche minimaliste vicine all'ambient, perfettamente
aderenti al paesaggio circostante, chiudendo degnamente questa memorabile edizione
del festival altoatesino.
A margine, tra gli eventi collaterali vanno ricordati il convegno "Culture
meets economy", che all'Eurac ha ospitato una breve esibizione del pregevole
duo Rawfishboys costituito da due dei componenti della Carate Urio Orchestra,
Badenhorst e Soniano, e la presentazione in una saletta dell'Hotel Laurin da parte
di Enrico Bettinello del recente interessantissimo volume di Lawrence "Butch"
Morris The Art of Conduction A Conduction® Workbook curato da Daniela
Veronesi per i tipi dell'editore Karma di New York.