Ascoltare dal vivo una Big Band di 13 elementi come la Montecarlo Nights Orchestra
insieme alla voce una Signora di classe come Patti Austin è estremamente piacevole
a prescindere...Lo stacco stordente dei fiati, gli unisono uniformi, le dinamiche che vanno su e giù
e che avvolgono con prepotenza e autorità l'ascoltatore ammaliandolo dall'inizio alla fine...
Lo
sentiamo, stasera lo spettacolo è garantito anche se la risposta del pubblico è stata un po' fiacca...Il Blue Note
è pieno solo nel parterre (neanche tutti i tavoli) e questo, forse, lo si deve attribuire anche al costo elevato del biglietto (60 euro). Il costo, però, va detto, non dipende sempre dal locale ma spesso è il risultato di un calcolo che tiene conto di cachet,
agenzie, service, vitto, alloggio, tasse, spese varie e...chissà, magari anche un pizzico di guadagno da parte di chi organizza il tutto...Purtroppo,
l'effetto euro ha inciso anche tra gli operatori del settore...musicisti
compresi...Torniamo al concerto.
Questa sera viene presentato il progetto che Patti Austin ha dedicato
alla icona del vocal jazz, Ella Fitzgerald. In questa occasione, la Signora
Austin ha preteso gli arrangiamenti originali scritti da Patrick
William in occasione del disco "for Ella" inciso
con la WDR Big Band tedesca. Inoltre, ha preferito farsi accompagnare dal
suo quartetto base sostituitosi a quello della MNO.
Iniziano con Splanky e subito si intravede uno degli aspetti più peculiari della
Austin, una grande capacità di comunicare attraverso una scansione sillabica perfetta e ricca di accenti, una mimica sincronizzatissima all'andamento della musica e agli stacchi orchestrali (forse è per questo che ha preteso i suoi arrangiamenti...li conosce a memoria) oltre ad un armonioso gesticolare. Grande sicurezza quindi, come lo scat, deciso, energico, aggressivo.
Subito in evidenza anche Giulio Visibelli e Emilio Soana, oltre
alla attenta e fluida direzione di Gabriele Comeglio.
Durante le presentazioni dei brani, la
Austin si mostra molto cordiale, a volte anche di spirito.
Segue Honeysuckle Rose che si avvia con
contrabbasso, voce e schiocco di dita...a-la-Fever, per intenderci. Ancora una volta, ogni parola assume un significato grazie alla mimica facciale, ad una pronuncia
molto chiara (caratteristica emblematica anche di Ella) e ad una simbiosi sempre
più totale con gli arrangiamenti.
Riscaldati i "muscoli"...è la volta di "You'll Have to Swing It (Mr. Paganini)" un
up-tempo dove gli stacchi sono tutti eseguiti con grande autorità e un ottimo controllo vocale. L'orchestra, manco a dirlo...è un "treno
intercity " che macina misure su misure mostrando di conoscere il percorso e smussando tutte le asperità. Il quartetto
americano....tranne il batterista e un tranquillo contrabbassista....per il resto latita un po'.
Il piano srotola fogli e fogli di partiture eseguendoli come un computer e il chitarrista...c'è perchè lo si vede...ma
non lo si sente...
Un intro blues lento, con uso del fischio tra una misura e l'altra caratterizzano una rilassante e dolce Love Is Here to Stay, preludio invece ad un corroborante A tisket, a tasket, vero cavallo di battaglia di
Ella. I componenti dell'orchestra, oltre a suonare in modo eccellente, cantano in coro utilizzando però, anche a detta della Austin, un accento più "morbido" rispetto ai colleghi
tedeschi della WDR Big Band.
Fuori le unghie...tocca a Miss Otis Regrets dove emerge una capacità interpretativa sopra la norma: she is black! She is great! Dopo aver ascoltato questa interpretazione di Patti Austin si avverte lo stacco che c'è con moltissime altre colleghe.
Rimaniamo per un po' senza parole.
But not for me siamo abituati ad ascoltarla con arrangiamenti sostenuti ed invece la
Austin ci dice che è un brano in cui si racconta una storia che descrive al meglio la vita di Ella, non sempre felice, soprattutto dal lato affettivo. Eseguita quindi come ballad trasmette amore e sofferenza, pathos, rassegnazione, ma voglia di ricominciare.
Ella ha collaborato con i più grandi della storia e dalla collaborazione con
Ellington, viene scelta Satin Doll. Conduzione ritmica dell'ottimo baritono di
Ubaldo Busco e "velluti" armonici della sezione intera dalla quale, a dire il vero, ci saremmo aspettati che qualcuno si alzasse per far partire un solo...
Una esecuzione piano e voce per The man I love, in cui la
Austin pur facendo leva sulla sua capacità interpretativa, non scuote l'animo dell'ascoltatore oltre ciò che ci si attendeva.
"Ella era una grande scatter, lo eseguiva al volo, sul palco, inventava con un istinto incredibile. Alcuni suoi brani ho dovuto praticamente impararli nota per nota...come questo qui...".
E' la presentazione di Patti Austin a How high the moon, un caposaldo del songbook di Ella, eseguito con tanto di citazione di
Four di Miles.
Scat fluido, non c'è che dire, il "mostro" a cui rifarsi è irraggiungibile, ma se si introduce la propria personalità, tutto diventa piacevole e naturale.
Il bis è l'unico brano originale scritto da Patrick Williams appositamente per rendere omaggio ad Ella.
Alla fine, possiamo considerarci piuttosto appagati perchè è stato un concerto di grande classe. Un'orchestra di eccellente livello, molto amalgamata che però avremmo voluto ascoltare di più nei soli ma purtroppo gli arrangiamenti non consentivano. La
Austin è sicuramente una grande singer che mostra esperienza, sicurezza, doti vocali eccellenti e, grazie alla sua intelligenza artistica, è riuscita a non imitare Ella bensì ad onorarla, anche con un giusto pizzico di umiltà.