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 Tra i brasiliani più 
noti e presenti nel nostro territorio, da decenni in Italia e ben conosciuto da 
molti, Irio 
De Paula rivisita il passato verdeoro in "Choros 
cariocas".
 Nel tardo Ottocento nelle strade di Rio de Janeiro amici musicisti s'incontravano 
per suonare, senz'altra finalità, improvvisando anche allo scopo divertito di superarsi 
l'un l'altro: nacque così lo choro (letteralmente "pianto"), forma strutturalmente 
posta fra la tradizione africana e quella europea.  In definitiva, come avverte 
Barbara 
Casini nella nota introduttiva, "l'improvvisazione jazzistica 
esisteva in Brasile già ai tempi dell'Impero", parecchi anni prima della nascita 
del jazz stesso. In verità, la sensazione globale appare quella di un album non sempre 
all'altezza della bravura e della cultura musicale dell'amabile Irio. 
 Significativo il fatto che ben otto composizioni siano di Waldir Azevedo, 
pioniere del genere e primo vero conoscitore delle potenzialità espressive del cavaquinho, 
il chitarrista ripercorre questi ricordi con toni intensi, talora commossi, con 
una vitalità improntata alla rotondità del suono, utilizzando variazioni cromatiche 
e modulazioni graduali con solare leggerezza, la cui forza trainante appare la naturalezza 
e la non convenzionalità che, purtroppo, tante volte ha indotto a disequilibrare 
il genere, grazie a chi continua ad incentivare che si svendano – in nome dell'utile 
economico - prodotti pseudoetnici davvero di basso consumo.Fabrizio Ciccarelli per Jazzitalia
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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| Questa pagina è stata visitata 4.203 volte Data pubblicazione: 12/04/2008
   
 
 
 
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