Franco D'Andrea Quartet
Sabato 24 gennaio 2009 – "Al Vapore" – Marghera (Ve)
1°set ore 21; 2°set ore 23
di Giovanni Greto
Franco D'Andrea,
pianoforte
Andrea Ayassot, sax contralto e soprano
Aldo Mella, contrabbasso
Zeno De Rossi, batteria.
Per la rassegna "Ubi jazz", che si svolge in parecchi comuni della provincia
di Venezia, posti tra la città lagunare e Padova, si è esibito al Vapore di Marghera,
locale storico nell'immediato entroterra veneziano, il collaudato quartetto di
Franco D'Andrea.
Abbiamo assistito al primo set, a lato del piccolo palco, riassaporando quelle piacevoli
sensazioni che emergono soltanto attraverso un contatto ravvicinato con i musicisti.
Come per il concerto alla Biennale di Venezia lo scorso ottobre, la scaletta prende
forma pescando da una serie di brani che D'Andrea porta con sé. L'ordine è sempre
diverso, a seconda dell'ispirazione del momento.
Alcuni dei cinque brani eseguiti sono delle
lunghe medley - ad esempio il brano d'apertura "M3",
che inizia con un tempo latino in 6/8, ben costruito da Zeno De Rossi, che
si avvale di un campanaccio appoggiato al timpano, ottimo nel suono e nell'intonazione
e da piatti di qualità, come possono essere i vecchi, gloriosi Avedis Zildjian turchi.
L'andamento si fa poi spezzettato, aumenta la tensione, per approdare ad uno swing
‘old style' a metronomo altissimo.
Riascoltiamo, in maniera differente, ovviamente, anche perché è un dato
di fatto che nel jazz uno stesso brano, anche se ripetuto, non è mai uguale alla
versione precedente, "Half the fun" di Billy
Strayhorn e Duke Ellington e la tristaniana "Turkish mambo".
Interessante, la riproposizione di "Into the Mystery",
annunciata da una lunga introduzione del sax soprano ricurvo di Ayassot,
colorato in seguito da un carillon appoggiato al timpano della batteria, da parte
di De Rossi. Il brano diventa una dolce ballad, arricchita da un lungo assolo
di Mella al contrabbasso, che riproduce con la voce il lavoro di diteggiatura.
Il concerto dura 70 minuti, bis compreso, seguito con accettabile attenzione
tenendo conto che siamo in un locale dove si mangia e si beve. D'Andrea suona
al solito in maniera elegante, rifuggendo la minima ridondanza e, soprattutto, stimolando
i suoi attenti e concentrati partners. Si dimostra per di più un maestro nell'allineare
frasi significative, nel farsi da parte per far emergere il solista di turno e nell'usare
con sapienza le pause.
Peccato che un musicista di tale intelligenza non faccia registrare il
tutto esaurito. Oppure è meglio così, perché il pubblico che assiste ai suoi concerti
riesce a discernere la bontà di una musica, dal prodotto furbescamente confezionato,
che può sì far presa ma, una volta ascoltato … non si ricorda più.
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Data pubblicazione: 13/04/2009
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