Dopo un inizio in sordina del Fano Jazz Club (tante le richieste per assistere
a nuovi concerti) si riparte con il nuovo anno e una nutrita scelta di gruppi
in cartellone. Nonostante il periodo di crisi, ma forse anche per quello, si sente
il bisogno di dare alla vita monotona di tutti i giorni alcuni momenti preziosi,
note di Jazz da ascoltare con una buona cucina o con un ottimo calice di vino, in
compagnia di giovani musicisti e maestri già affermati.
E' il "patron" Pedini a parlare dal palco del Pala J e lo fa dall'alto dell'ormai
consueto "sgabellone di presentazione"(quasi un rito), una
chiacchierata come tra amici, cosicché ci immaginiamo al bancone del bar con un
bicchiere di Bas-Armagnac in mano e un gran sigaro tra le labbra per creare
ancor più atmosfera.
Sale sul palco per inaugurare il programma del 2011Mike Melillo,
un artista che non ha bisogno di presentazione; lo ricordiamo nel mitico 4tet di
Sonny Rollins,
suo grande amico, e non possiamo dimenticare le sue interpretazioni con
Clark Terry,
Ben Webster,
Phil Woods, altra icona ben conosciuta nelle Marche, e ancora
Chet Baker,
Coleman Hawkins, Art Farmer, Zoot Sims, e tanti altri.
Eccellente pianista, ottimo compositore e arrangiatore, è lui a "tessere le
fila" del "The Spinnig 5tet", nome nato parafrasando il brano the
Spinning Song di Herbie Nichols, geniale pianista annoverato tra i più grandi
artisti di jazz moderno.
E' Gabriele Pesaresi, contrabbassista ed infaticabile organizzatore nelle
Marche, a parlarci dei The Spinning 5tet. Il gruppo nasce da un'idea del giovane
trombettista Giacomo Uncini lo scorso anno, durante un concerto con Mike
a "7 giorni in jazz", rassegna estiva di Montemarciano, che ormai da diversi
anni si prefigge la promozione di nuove produzioni, spesso di musicisti marchigiani.
Il concerto al Pala J è la prima tappa di un tour che vedrà i musicisti impegnati
nei prossimi mesi, ma c'è anche nei programmi futuri la registrazione in studio
di un cd, come ci svela poco prima di inizio concerto il drummer
Massimo
Manzi.
Già dalle prime note di Mr. Lucky di Henry Mancini si avverte un attento
ascolto del pubblico che denota la sua curiosità. Poi è la volta di tre meravigliosi
brani del già citato Herbie Nichols; originalissima la scelta di inserire in scaletta
composizioni dell'oscuro e affascinante compositore afroamericano attivo negli anni
'40 e '50, dalle incredibili strutture musicali. Ineccepibile il piano nell'affrontare
tale repertorio ben poco conosciuto ai non jazzofili, ma con una capacità di attirare
anche l'orecchio meno competente.
Il quintetto è sostenuto da una ritmica ormai collaudata: alla batteria
Massimo
Manzi in grande libertà di improvvisazione, senza essere troppo legato
a schemi definiti che fa coppia con Gabriele Pesaresi al contrabbasso, certamente
prezioso ma che avrebbe abbisognato di una maggiore libertà e lirismo. Arriva il
momento del piano solo, condizione ideale per Melillo; i tasti del piano sfiorati
con sapienza, una ricerca legata ad una sperimentazione, conducono le note di "Smoke
gets in your eyes" e "Embraceable you", in un arrangiamento incredibilmente
originale per i brani a firma Kern e Gershwin.
Non potevano di certo mancare Monk e Silver in scaletta: nel Moon Rays
del pianista capoverdiano apprezziamo i bravi Giacomo Uncini alla tromba
e Antonangelo Giudice al sax tenore. La sezione fiati, pur eccellente, non
riesce però ad emergere con grande impatto sonoro, si sente la necessità di un approfondimento
del lavoro e della ricerca in un maggior interplay. Scorrono uno dietro l'altro
le composizioni di Melillo che ricordiamo artefice anche di tutti gli arrangiamenti.
E' The Booze in 12 bars a chiudere il concerto con una bella scia di generosi
applausi. Ancora ritmo sostenuto per il bis affidato a "Jerky", armonizzato
sulle note del famoso standard Cherokee.
La tromba marina, il cui suono arrivava dal vicino porto nebbioso, ha accompagnato
i nostri consensi ed è con questa ultima esecuzione che si delinea la rotta per
i prossimi concerti in programma.