Mare, cielo, cinquettii, cicale e ………Mr.
Keith
Jarrett che con un dolcissimo "Night And Day"
accompagna i bagnanti che lasciano la spiaggia e si preparano per la serata per
riscoprire e rivivere la storia d'amore tra il Maestro e la sua Pineta.
"E' qui che ogni volta sento uno stato di serenità creativa. A Juan puoi giocare
con gli elementi della natura...il mare, la luce che cambia continuamente,
il canto delle cicale e anche la sirena dei pompieri….e tutto ciò mi fa sentire
a casa mia e il mio sentimento verso questo posto cresce sempre di più. Amo Juan''
così ha dichiarato nell'intervista rilasciata ad un importante giornale locale.
Ciò sin da subito sin da quel lontano 1966 quando
all'età di 21 anni si presentò per la prima volta
con
il quartetto di un tal
Charles
Lloyd. L'atto di grande amore quando nel 2002
registrò 'live' il suo "Up for
it" (celebrazione del ventennio del trio) in questa pineta.
Tre pianoforti sul Podium attendono il Maestro che alle 18:00 in punto
senza alcun tentennamento si dirige verso il giovane Steinway di Lyon, incontrato
in uno degli ultimi concerti ed adottato. Gary Peacock con il suo fedele
‘Samuel' (nessun equivoco è il suo inseparabile contrabbasso sin dal lontano
1978 quando si incontrarono in Inghilterra)
e il magico ed impalpabile Jack Dejohnette, fedeli e preziosi gregari, attendono
il 'la' dal Maestro per una veloce equilibratura dei suoni.
Un veloce 'medley' che incanta il pubblico assiepato dietro le transenne
e mentre il mare comincia a dipingersi di rosso il trio abbandona la scena.
Alle 20:15 i posti a sedere (2500) sono tutti occupati e oltre le transenne
è 'bagarre' per occupare posizioni di privilegio.
Purtroppo
la Responsabile Stampa (ottima e funzionale l'Organizzazione) ci informa che è fatto
divieto assoluto di scattare fotografie pena l'espulsione. L'unica autorizzata sarà
la Signora Rose Anne Jarrett, la giovane moglie fotografa del Maestro (…ubi
maior…..).
Per fortuna durante il check pomeridiano, sotto la spinta di una decisa
sommossa (si fa per dire...) organizzata dai circa venti fotografi e giornalisti
presenti (tra cui i sottoscritti), eravamo riusciti ad ottenere 15 min. per i nostri
click (in posizione di totale controluce………!).
Sono le ventuno in punto quando il presentatore chiede la 'standing ovation'
per l'ingresso del trio che viene accolto in un tripudio di applausi e osannanti
ovazioni.
Solito rituale: un inchino e via per un concerto senza parole.
La prima parte dura circa un'ora. Iniziano con un delicatissimo
But not for me dove però Peacock non sembra
a suo agio. Segue Some where(brano
mai inciso - così mi dice un appassionato e tuttologo di Jarrett) con un Dejohnette
che usa le spazzole come ali di farfalle…sublime - Sul terzo pezzo
Hallucinations
(detto
anche Budo dal suo autore Bud Powell) Peacock sembra svegliarsi
e sfodera un'interpretazione all'altezza della situazione.
Un improvvisato 'blues' – sconosciuto a tutti – anima l'atmosfera.
Ecco poi All the things you are e
si comincia a volare...per poi chiudere la prima parte con un sostenuto
Doxy, in equilibrio tra
il melodico ed improvvise introduzioni nel 'free' - dove il Maestro, sempre rigorosamente
con le spalle al pubblico, alterna improvvisi accompagnamenti gutturali a suoi quasi
sensuali avvitamenti sul seggiolino, quasi a voler aiutare lo strumento a plasmare
le sue note.
Ma è nella seconda parte (durata circa mezz'ora) che il Trio ed il Maestro
in particolare, infiammano la pineta: fluidità, miriadi di delicatissimi accenti
ricercati nel più profondo della propria anima, fraseggi vertiginosi che accompagnano
e si incanalano verso armonie vibranti, un susseguirsi di magici momenti rendono
l'aria nella pineta quasi magica. La sensazione è di trovarsi all'interno di una
fiaba…… "I'm going to laugh you right to my life", "I'm fool to want you"
e l'ennesima reinvenzione di When I Fall In Love,
momenti ed emozioni difficili da dimenticare anche per…le onde del mare
che riprendono a respirare.
Sul palco della "Pinède" il "Grande", per i puristi uno degli ultimi interpreti
del "vero" jazz: Sonny Rollins, con una formazione di tutto rispetto:
Clifton Anderson (tb), il sempre fedele Bob Cranshaw (b) Steve Jordan
(d) Kimati Dinizulu (perc) ed il giovane Bobby Broom (g) molto coccolato
da Rollins.
"L'Uomo",
venuto dalla Pennsylvania, durante il check appare poco disposto a concedersi; spalle
rigorosamente verso la platea e fotografi che sgomitano per cercare di catturare
qualche immagine in controluce! L'incedere verso il palco e sul palco è appesantito
ed incerto; lo sguardo è profondamente triste. Chissà forse il suo pensiero è rivolto
alla Sua compagna Lucille, con lui nel 2004,
musa ispiratrice, scomparsa fisicamente lo scorso novembre anche se spiritualmente
sempre presente al suo fianco. Come egli stesso dichiara nel corso della conferenza
stampa i bagagli di Lucille viaggiano ancora con lui e il suo sax 'Colossus'.
Ogni perplessità viene fugata ai primi attacchi nel concerto serale. Ecco
il grande Rollins, trasformato, grintoso, con il suo tenore francese Selmer
acquistato di seconda mano negli
USA
venti anni fa e mai più abbandonato: parte integrante del suo corpo e unico mezzo
per esprimere la sua anima. Alla sua apparizione il pubblico sembra ipnotizzato.
Magiche sonorità, piene, potenti, tutte di un fiato...alla bellezza di
75 anni. Esecuzioni magnifiche all'altezza del personaggio, protagonista indiscusso
del jazz moderno.
Suoni pieni, ricchi di contaminazioni "latine", enfatizzate dalle maestose
percussioni di Kimiti Dinizulu che fa magicamente apparire sul palco antichi,
ancestrali ritmi afro.
Particolarmente suggestiva risulta l'esecuzione di
Stardurst, ben duettato
da Anderson, con il palcoscenico inondato di luci, colori, il tutto coperto
da un cielo pieno di stelle che si rispecchiano nell'inteso mare di Juan. Tra quelle
Sonny sicuramente avrà riconosciuto la "Sua" stella Lucille che infonde ancora in
lui forza, energia, vigore e creatività per appagare il suo irrefrenabile bisogno
di continuare il percorso intrapreso tanti anni fa e che chissà ancora dove lo porterà.
Stranamente questa sera le cicale nella Pinède sono silenziose. Chissà...anche
loro forse ipnotizzate.