Stefano Bollani
Stia, Giardini del Palagio Fiorentino, 16 agosto 2007
di Alessandro Tempi
Stefano
Bollani si è esibito in un recital solistico nell'ambito della XX edizione
di "Pievi e Castelli in Musica". Grazie alla televisione, che si è finalmente accorta
di lui (o forse solo del pianoforte, giacché da strumento highbrow sta diventando
cult), ma soprattutto (e questo vale soprattutto per i jazzofili) ad un cd
prodotto dalla ECM di Manfred Eicher,
Bollani
è diventato nel nostro paese una star del piano – primato che comunque ha da condividere
con altre star della tastiera (Einaudi,
Allevi),
che hanno anche loro individuato nella contaminazione fra stili e generi differenti una riconosciuta
cifra estetica.
Ciò che rende
Bollani
unico, infatti, non è l'appartenenza o la fedeltà al dettato della musica afroamericana,
dalla quale volentieri egli spesso si distanzia per esplorazioni talvolta spericolate
o inaspettate irruzioni su altri terreni musicali, ciò che lo rende unico è la centralità
che lo strumento assume nell'esecuzione: con
Bollani
si ha infatti l'impressione di un'inesauribile capacità di sperimentare le infinite
possibilità foniche del pianoforte; che insomma al centro della scena non vi sia
tanto il pianista, ma il pianoforte, rispetto al quale la missione dell'esecutore
sia quella di attingere ogni nota possibile e immaginabile. Per certi versi, insomma,
e non meno paradossalmente, il lavoro di
Bollani
al pianoforte sembra ricordare quello famelicamente immaginativo di un Cecil
Taylor.
Ma
Bollani, diversamente da Taylor, sta ben attento a non
sovraccaricare il suo pubblico, a non stressarlo con eccessiva energia. Il sale
di questa ricetta è senza dubbio l'ironia, la parodia, lo sberleffo. Che prenda
in giro certi miti della canzone italiana o che inventi lì per lì titoli insulsi
per composizioni complesse,
Bollani
dimostra di essere un attento dosatore di pathos, un equo amministratore di tensione
e distensione e quindi un autentico uomo di spettacolo.
Dotato di una tecnica impeccabile, unita ad una fantasia creativa che
emerge soprattutto nelle improvvisazioni,
Bollani
ha comunque saputo raccogliere la tradizione pianistica dei
Sellani,
dei Gaslini, dei
D'andrea,
sposandola ad una sonorità che risente, limite o pregio che sia (giacché è assai
difficile, oggi, se non impossibile, poterne prescindere), della lezione jarrettiana.
Il suo repertorio, come testimonia la serata di Stia, è quanto mai variegato: da
standard come la gershwiniana The man I love
ai capisaldi della tradizione musicale latinoamericana (come Conlon Nancarro
oppure il Jobim di Retrato em Branco e Preto),
dai classici del pop italiano alle liriche "metasemantiche" di Fosco Maraini messe
in musica insieme a Massimo Altomare (ospite inatteso della serata), la ricchezza
esecutiva di
Bollani è intelligente e scanzonata, mai sussiegosa, sempre disposta
a mettersi in gioco e, in fondo, a non prendersi troppo sul serio, che poi è il
dono migliore che un esecutore può fare al suo pubblico.
24/10/2006 | Stefano Bollani, Rita Marcotulli, Andy Sheppard, Bobo Stenson tra i protagonisti del Brugge Jazz 2006 (Thomas Van Der Aa e Nadia Guida) |
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Data pubblicazione: 11/01/2008
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