Ciò che più resta impresso di Brioschi è la sua capacità di trovare
uno spazio personale e ben definito nel solco di una tradizione timbrica imponente
che, lo si voglia o no, guarda direttamente a
Chet Baker.
Sebbene sia nota la sua propensione a riferirsi a musicisti dalla voce più solida
e prorompente (Hubbard e Davis in primis), si può riconoscere in lui quella dolcezza
languida propria dell'eccezionale trombettista bianco che tracciò un percorso personalissimo
nel particolare momento della musica afroamericana etichettato come Cool Jazz. Se
è vero che ciò si deduce senza difficoltà soprattutto dallo stile con cui Brioschi
affronta le ballad, è altrettanto indicativo il fatto - dallo stesso riconosciuto
- di ritrovarsi entro una certa empasse nel gestire le note alte, come accadeva
a Baker.
Questa caratteristica generale del suo sound lo rende uno dei più interessanti
casi che il Jazz nostrano si sia trovato a contemplare. Sebbene il repertorio prediletto
dal trombettista sia prevalentemente quello Modern e Hard Bop, non viene meno un'impronta,
un sapore, che ricorda la sensibilità scoperta per la prima volta proprio con i
lavori Cool. Il riferimento però non va tanto al quasi scontato Miles Davis
di "Birth of the cool", quanto piuttosto a Lennie Tristano, che già aveva
indicato, con il suo mood, la nuova via che si sarebbe potuta intraprendere.
"Appunti di viaggio" è fondamentalmente un'ottima
documentazione a supporto di queste osservazioni stilistiche sul musicista milanese,
ma non solo. Il disco in sé (raccoglie varie registrazione di Brioschi accompagnato
da diversi musicisti) è difatti una parte dell'opera, costituita in grossa misura
da un libricino cartonato ricco di informazioni biografiche sull'artista e piccoli
ma importanti aneddoti riguardo le prime esperienze sul palco: dagli esordi negli
anni '80 fino a quelle dell'indimenticabile club "Capolinea", gli incontri fondamentali
nell'ambiente del Jazz e non solo, le curiosità o qualche avvenimento particolare.
A ciò si intrecciano costantemente le riflessioni personali di Brioschi.
Le pagine, insomma, raccolgono quei piccoli particolari che per forza di cose sfuggono
spesso all'ascoltatore e che invece sono proprio l'ossatura della crescita di un
artista.
Musica e testo, quindi, si supportano reciprocamente. La rosa di brani
scelti a questo scopo comprende, affianco a tre grossi nomi (Jobim, Haden, Kern),
composizioni di Marco ed anche di suo fratello Paolo, che lo accompagna al pianoforte.
Con loro vanno segnalati l'eccellente Bob Mintzer al sax,
Riccardo Fioravanti
e Marco Vaggi al contrabbasso.
Una buona occasione per conoscere a fondo e un pochino più intimamente
un musicista di assoluto pregio.
Achille Zoni per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 08/03/2009
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