Intervista a Diego Baiardi
Blue Note,
Milano, 13 ottobre 2010
Foto e testo di:
Eva Simontacchi
Diego Baiardi con Eva Simontacchi
Moti Ondosi è un progetto musicale che nasce nell'estate del
2007 dalla sensibilità creativa del pianista
e compositore Diego Baiardi, incoraggiato e spinto dal collega e amico di
sempre Riccardo
Fioravanti, contrabbassista di fama internazionale. I brani sono stati
composti in una solitaria frazione di Vernazza, una delle rinomate Cinque terre,
dove il pianista trascorre periodi estivi da oramai circa vent'anni. Proprio questi
luoghi magici, dove cielo, terra e mare si fondono e dove i rapporti con le persone
sono permeati di una naturalezza e verità difficili da riscontrare altrove, sono
stati stimolo per la scrittura dell'intero album. La composizione nasce di getto,
spontanea come un frutto che matura ineluttabile dalla terra dove prende vita. Successivamente
alla fase compositiva, vengono coinvolti gli altri due musicisti, Andrea Dulbecco
al vibrafono e
Stefano Bagnoli alla batteria, entrambi tra i maggiori esponenti
in Italia e all'estero del loro strumento, che si sono trovati in grande sintonia
con la musica del compositore. I quattro musicisti formano così il Diego Baiardi
Quartet, che, congiungendo le diverse esperienze professionali, creative ed umane
dei suoi componenti esplora sonorità jazzistiche, contaminate da richiami etno e
pop. Da segnalare le versioni rivisitate della "Canzone di Marinella" di De André
e di "All the things you are" di Kern/HammersteinII.
Dopo un concerto raffinato, in cui le melodie create
da Baiardi hanno trovato una meravigliosa e calzante cornice ritmica e melodica
grazie all'apporto dei suoi illustri colleghi di viaggio, e grazie a un calibrato
e calzante gioco di interplay creatosi tra i musicisti, incontro Diego Baiardi,
Riccardo Fioravanti,
Stefano Bagnoli
e Andrea Dulbecco nel backstage del
Blue Note per
una breve intervista.
Come è nato il progetto "Moti Ondosi" che questa sera
hai presentato al
Blue Note?
(Diego Baiardi): E' nato circa tre anni fa, e oramai racconto questa cosa
che è diventata un aneddoto, ma visto che qui c'è anche il protagonista, lo racconto
nuovamente volentieri. E' nato nel mare di Vernazza! Eravamo a mollo io e Riccardo
come due sirenetti, due balenotterini, e Riccardo mi ha buttato lì un'idea, dicendomi
"non sei più un giovinetto, perché non fai un disco con musiche tue?" All'inizio
ero molto perplesso, ma il giorno dopo è partito, e anche in base a una sfida che
ho voluto darmi, ho iniziato a scrivere il primo pezzo. E dopo è nata questa ruota
famelica di composizioni, e lui è ripassato da Vernazza dieci giorni dopo e il disco
era pronto.
Dieci giorni dopo?
(Diego Baiardi):Si, Un pezzo al giorno praticamente, ed è uscita questo
progetto.
Caspita, prolifico! Un pezzo al giorno? E' bastato "buttartela
lì" ed è uscito un torrente in piena!
(Diego Baiardi): Esatto, è bastato "buttarmela lì", e ho detto: "Toh!
Questi sono i pezzi"…. (ride) Poi Riccardo è tornato, ed essendo anche lui lì, abbiamo
iniziato a suonare pianoforte e contrabbasso. C'era già una mezza idea del fatto
che avrei voluto fare una cosa con il vibrafono, e infatti dato che oramai con i
macchinari fai di tutto, mi ricordo che avevo iniziato a suonare con quei vibrafonini
fintissimi e bruttissimi, alcuni temi dei miei brani e quando Riccardo è arrivato
ha detto: "Questi sono sicuramente per Andrea", ed eravamo tutti e due d'accordissimo.
E Stefano era il batterista che fin dall'inizio avevo pensato che potesse essere
il quarto moschettiere perfetto per questo progetto, e in quel periodo era libero,
poi devo dire che tutti loro hanno sposato il progetto con entusiasmo, e siamo entrati
in studio e l'abbiamo fatto in due giorni, senza prove, senza nulla.
Per cui è stato proprio un progetto nato di getto, ispirato?
(Diego Baiardi): Ispirato soprattutto dal posto in cui mi trovavo, perché
questo posto, era nella zona delle Cinque Terre e infatti il disco si intitola "Moti
Ondosi", in relazione al luogo in cui è nata questa mia creazione.
Visto che sono tutti brani che hai composto tu in un
periodo circoscritto di tempo, troviamo riferimenti del tuo vissuto, del tuo passato
remoto rispetto a ciò che hai scritto?
(Diego Baiardi): Ne discutevamo proprio con Andrea, con Ricky e con Stefano.
E' un'opera prima e per me già questo è molto emozionante. Alla fine credo senza
neppure averlo fatto apposta. Il segreto comunque secondo me per una cosa che venga
bene è cercare di non forzare la mano in una direzione che non ti appartiene. Io
non sono un jazzista tout court. Ho frequentato per tantissimi anni ambienti di
diverso tipo: dalla musica d'autore, al pop, ecc. per cui è chiaro che, anche se
il jazz rimane il mio primo amore, a livello di tessitura melodica, armonica, ci
sono comunque dei riferimenti che non sono propriamente jazzistici, ma questo non
mi dispiace. Ho scritto per come sono, quindi, ora ti diranno loro qualcosa….
Stefano, come hai abbracciato questo progetto?
(Stefano
Bagnoli): La musica è bellissima, ma poi è un motivo in più per esserci
riuniti, nel senso che con Diego suonavamo circa 20 anni fa nel gruppo, poi ci siamo
persi completamente di vista. Con
Riccardo Fioravanti
e con Andrea Dulbecco, viceversa, abbiamo sempre tenuto dei progetti musicali
insieme, per cui un motivo in più per assecondare della musica nuova, di un compositore
come Diego, dove ognuno ha dato del suo, e poi l'alchimia funziona perché è bella
la musica e si sta bene insieme. Questa è la solita frase fatta che si dice, però
è la priorità su tutto, no? Per far funzionare un gruppo ci vuole. Quindi sono contentissimo
del disco e che questo gruppo, come speriamo tutti, abbia un futuro per gli anni
a venire.
E.S.: Sentiamo Andrea cosa dice rispetto al progetto di Diego Baiardi.
(Andrea Dulbecco): Innanzi tutto sono d'accordo con Diego perchè i brani
come tessitura e come estetica sono affini e adatti al vibrafono perché spesso può
capitare di suonare brani molto belli che però hanno un tema che si sente che è
concepito, per esempio, per uno strumento a fiato. Mi vengono in mente per esempio
brani meravigliosi di
Wayne Shorter, per dire, un gigante, che però suonarli con il vibrafono
ad esempio non funzionano tanto perché hanno quel tipo di tema con un sound fatto
magari da sax e tromba insieme. Invece i pezzi di Diego funzionano molto bene. Come
estetica alcuni possono ricordare un po'
Steve Swallow,
per cui un compositore che ha collaborato molto con il grande Gary Burton,
tanto per dire. Poi ascoltando il disco viene fuori questo sound particolare, questa
sorta di pace, di quiete, che dà questo colore a tutto il lavoro, molto particolare.
Sentiamo anche Riccardo: come è stato lavorare a questo
progetto?
(Riccardo
Fioravanti): Sicuramente molto divertente come implicitamente diceva
anche Andrea e molto rilassante, con un gruppo di amici, chi da più tempo chi da
meno, ma si è creato un bellissimo affiatamento che va poi al di là della musica,
sicuramente umano, però la musica è molto importante perché sicuramente le cose
che ha scritto Diego sono nate in un momento particolare e hanno dato sicuramente
un colore molto netto a tutto il lavoro. Infatti il mare, e le Cinque Terre hanno
probabilmente contribuito a creare questa atmosfera anche musicale.
Avete già ricevuto un feed-back da chi ha ascoltato
il disco?
(Diego Baiardi): Ti posso dire una cosa che mi è arrivata, e che ho potuto
tastare con mano, perché questo disco oramai, attraverso il lavoro che è stato fatto
dall'ufficio stampa, è finito in mano agli addetti ai lavori come te, ed è finito
in mano per distribuzione anche a chi conoscendomi, probabilmente non aveva mai
ascoltato un disco di jazz. Devo dire che l'impressione che è arrivata comunque
da parte di tutti, e cioè dall'addetto ai lavori, e da chi non ha una familiarità
con il jazz, è di una ottima percezione e di una grande piacevolezza. L'altro giorno
un amico mi ha detto: "E' un disco che ti scorre tutto insieme, ascoltandolo in
macchina"… e io lo prendo come un grande complimento. Potrebbe essere preso come
una affermazione del tipo "è un bel disco di sottofondo". Ma non la prendo così.
In effetti, e ne stavamo parlando prima, trovo che il mondo in questo momento
abbia bisogno di forme artistiche che elevino, dunque se un disco ti eleva a livello
vibrazionale, ti porta su di un piano di pace e apertura spirituale. Un disco ha
la possibilità di modificare delle vibrazioni e di riportare l'ascoltatore su di
un piano più positivo, meditativo.
16/07/2011 | Vittoria Jazz Festival - Music & Cerasuolo Wine: "Alla quarta edizione, il festival di Vittoria si conferma come uno dei più importanti eventi musicali organizzati sul territorio siciliano. La formula prescelta dal direttore artistico è quella di dilatare nel tempo gli incontri musicali, concentrandoli in quattro fine settimana della tarda primavera, valorizzando uno dei quartieri più suggestivi della città, la restaurata Piazza Enriquez, e coinvolgendo, grazie a concerti e jam session notturne, una quantità di pubblico davvero rilevante, composto in parte da giovani e giovanissimi, portatori di un entusiasmo che fa davvero ben sperare sul futuro del jazz, almeno in questa parte della Sicilia." (Vincenzo Fugaldi) |
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Data pubblicazione: 06/03/2011
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