Intervista a Franco Cerri
(rilasciata a Milano il 20 dicembre 2005)
di Marco Vitali
Vorrei cominciare se non le dispiace
da un argomento a me molto caro. Vorrei sapere che tipo di chitarre ha usato durante
la sua carriera?
Inizialmente suonavo con quello che capitava perché non vi era
una grande scelta. Ho iniziato a strimpellare con una chitarra da 78 lire portatami
a casa da mio padre quando avevo circa 16 anni. Ho suonato poi con due o tre chitarre
artigianali fatte da liutai ma queste non mi hanno mai soddisfatto troppo. Volevo
un chitarra con una tastiera comoda e un action (altezza delle corde dal manico)
bassa affinché la pressione sulle corde mi risultasse agevole e non mi limitasse
nella velocità dell'esecuzione. Nel 1961 il
negozio Monzino ha iniziato ad importare Gibson e da questo momento in avanti ho
sempre usato questo tipo di chitarre fantastiche. Ho comprato la mia prima Gibson
ES-175 natural a rate nello stesso anno pagandola 200.000 lire. Ho dato poi questa
chitarra a mio figlio non in regalo perché ritenevo che una Gibson come prima chitarra
fosse un po' troppo. Purtroppo questa chitarra è tornata a me dopo la morte di mio
figlio. Lui aveva cominciato con la chitarra ma poi è diventato un bassista. Abbiamo
suonato molto anche insieme. Successivamente fu lo stesso negoziante che mi regalò
le chitarre.
Facevo
molta televisione e potevo fare al negozio pubblicità. Pian piano sono diventato
molto amico di Monzino che oggi non ha più il negozio ma una grande ditta di strumenti
musicali appena fuori Milano. Il negoziante man mano che uscivano i nuovi modelli
riprendeva indietro il vecchio e mi dava il nuovo. Non sono mai stato un collezionista
di chitarre al massimo ne avrò avute tre. Ne avevo infatti tre quando sono venuti
a trovarmi nella mia casa di Milano
Jim Hall
e George Benson e grazie a queste abbiamo fatto una magnifica jam session
fino alle sei del mattino. Mia moglie in quell'occasione ci ha preparato una magnifica
spaghettata. Li avevo conosciuti a New York subito dopo la mia esibizione alla Philharmonic
Hall. Era il 1966. Erano venuti in Europa nel
1967 per suonare insieme a Barney Kessel
al festival jazz di Lecco. Suonavano tutti e tre nello stesso gruppo che aveva suscitato
un enorme successo. Suonammo senza amplificatori visto la tarda ora e devo dire
che ci siamo divertiti molto e abbiamo fatto dell'ottima musica. A turno uno accompagnava,
uno faceva il solo e il terzo interveniva con delle brevi frasi armoniche o melodiche.
Suonammo Corcovado, On Green Dolphin Street e I remember you
oltre che a molti blues e standard. Alla fine della serata riaccompagnai i miei
due amici all'aeroporto perché dovevano partire per la Germania. Jim ancora oggi
quando ci sentiamo mi fa presente di non aver dimenticato quella serata. Doveva
venire anche Berney Kessel ma aveva mangiato del pesce poco fresco a cena
e non è stato bene. Ora suono nei concerti con una L5 e tengo nella scuola dove
insegno la ES 175 (la prima chitarra acquistata).
Sempre rimanendo nella parte specifica alla sua strumentazione,
ha avuto delle preferenze per quanto riguarda gli amplificatori?
Inizialmente non vi erano amplificatori
le chitarre venivano suonate in modo acustico. Mi ricordo che una volta Kramer
mi disse di fare un solo durante il brano polvere di stelle che dovevamo eseguire.
Era il periodo successivo alla seconda guerra mondiale. Io ho dovuto alzarmi durante
il pezzo, prendere la chitarra con una mano la sedia con l'altra ed andare al microfono
del direttore. Ho messo la gamba sopra la sedia vi ho appoggiato la chitarra ed
ho messo il microfono quasi dentro la cassa armonica. Il suono era da arresto ma
era l'unico modo per poter farmi sentire. Gli amplificatori sono venuti dopo. I
primi furono i Gibson. Si suonava comunque con quello che capitava. Mi ricordo che
non vi era ancora il jack per collegare la chitarra all'amplificatore ma, il geloso.
Il filo aveva una parte da avvitare all'amplificatore e vi era una pastiglia da
inserire sotto le corde della chitarra. Anche Django usava la stessa cosa
quando abbiamo suonato insieme. Erano comunque oggetti delicati che si rompevano
spesso e i musicisti dovevano anche spesso improvvisarsi come saldatori ed elettricisti.
Ricordo che una volta suonavamo con Kramer in una base Americana nel sud Italia
ed uno dei militari ubriaco venne a dirmi se volevo acquistare un amplificatore.
Costava nove mila lire. Era molto piccolo, aveva una presa per la corrente e una
pastiglia che doveva essere collegata con un elastico alla chitarra. Io e gli altri
componenti del gruppo rimanemmo a bocca aperta dopo averlo sentito e grazie a Kramer
che mi prestò i soldi acquistai l'oggetto. Restai tutta la sera a fare degli assoletti
con Kramer e gli altri componenti del gruppo che restarono ad ascoltarmi entusiasti.
Purtroppo il giorno seguente lo stesso militare venne da me dicendomi che non si
poteva acquistare nulla dall'esercito e mi sequestrò l'amplificatore senza ridarmi
i soldi. Io piansi come un bambino e solo dopo venni a sapere che lo stesso gioco
fu fatto in altri posti per prendere dei soldi. Fortunatamente Kramer che era un
amico non mi richiese indietro il denaro che mi aveva prestato. Questo fu il primo
amplificatore della mia vita. Riallacciandomi alla domanda non vi è una marca di
amplificatori che preferisco. Credo comunque che Fender e Gibson hanno fatto con
il tempo delle cose eccezionali.
Cambiando completamente il genere di domanda, vi era rivalità
tra i vari musicisti?
No assolutamente visti i tempi davvero difficili ci si aiutava
molto. Soprattutto durante la mia permanenza nella band di Kramer sono stato davvero
bene e mi sono trovato in ottima sintonia con gli altri componenti. Ci si aiutava
molto nei momenti difficili e si condivideva tutti insieme nelle situazioni piacevoli.
Era nello stesso periodo che ho iniziato a scoprire le ragazze e mi ricordo che
Kramer mi rimproverava sempre perché diceva che dovevo studiare. Ho abitato con
lui nello stesso appartamento e nonostante i 13 anni che ci dividevano abbiamo instaurato
un rapporto di fratellanza. E' stato davvero uno dei periodi più belli della mia
vita. Oltre a divertirmi sono cresciuto molto sotto il profilo musicale e soprattutto
umano. Ho imparato a comportarmi in luoghi e situazioni per me del tutto nuove.
Fortunatamente sono una persona timida e riservata e questi aspetti del mio carattere
hanno fatto si che rimanessi sempre sulla difensiva e non ho mai fatto delle brutte
figure. Ero una che si definisce un ragazzo alla ringhiera.
Quali sono i chitarristi italiani che apprezza di più?
In Italia oggi ci sono dei chitarristi incredibili. A volte sento
suonare gente che mi fa davvero impazzire. Il livello si è alzato moltissimo. Prima
non vi erano metodi o scuole dai quali apprendere delle nozioni, invece oggi è molto
più facile imparare. Prima era difficile reperire dischi jazz o partiture di brani.
Chi studia oggi da autodidatta come ho fatto io è poco geniale. Quelli che adesso
citerò sono solo alcuni nomi che mi vengono alla mente in questo momento ce ne sono
molti altri.
Gigi Cifarelli, Sandro Gibellini che forse è il numero uno
in Italia, Augusto (Mimmo) Mancinelli che purtroppo ultimamente ha avuto
un aneurisma (ndr.
Mancinelli
è deceduto il 21 luglio 2008),
Bebo Ferra
e Riccardo Bianchi anche lui bravissimo e un grande lettore. Alcuni di loro
sono allievi di Felice (Filippo) Daccò un grande chitarrista che però copiava
totalmente i soli di altri chitarristi per paura che i suoi non fossero altrettanto
belli. Fortunatamente riusciva a fare suoi anche i soli copiati e ad eseguirli in
maniera del tutto personale. Io sono stato sempre molto contro a questo modo di
fare. Secondo me è bene ispirarsi ma copiare totalmente non permette di esprimere
quello che ciascuno di noi in maniera diversa ha dentro.
Quali invece sono i chitarristi esteri che le piace ascoltare?
Un chitarrista che mi ha impressionato molto è
Django
Reinhardt. Pensi che lui era violinista e dopo essere stato vittima
di un incendio mentre era nel suo camper perse l'uso dell'anulare e del mignolo
della mano sinistra. Passò successivamente alla chitarra creando una sua tecnica
davvero particolare e affascinante. Le due dita danneggiate nell'incendio non erano
del tutto anchilosate e lui le usava insieme all'indice e al medio per suonare le
ottave. Riusciva ad eseguirle ad una velocità sorprendente. Faceva anche degli accordi
ma non molto frequentemente. Devo dire che ha avuto un bel coraggio a rimettersi
a studiare dopo l'incidente. Comunque la storia gli ha dato ragione. Detto ciò devo
anzitutto precisare che non ascolto soltanto chitarristi ma anche sassofonisti e
pianisti. Devo dire che sono innamorato del pianoforte. Sono cresciuto ascoltando
il be-bop e anche adesso ascolto molta musica di quel periodo. Ognuno secondo me
si porta dietro la sua epoca. Sento ancora molto volentieri Tal Farlow,
Lester Young che mi fa impazzire al sax tenore, Dexter Gordon (sassofono).
Un altro grande è Wes Montgomery. Pensi che lo ho invitato anche ad una mia
trasmissione che si chiamava "Fine serata da
Franco Cerri".
Si ipotizzava di essere nella mia casa e ad ogni puntata venivano chiamati jazzisti
italiani e internazionali. Sfortunatamente non era in Europa e la Rai non poteva
permettersi di pagargli tutta la trasferta. Per quanto riguarda i chitarristi credo
che Jim Hall
faccia delle cose ancora oggi uniche che forse verranno eseguite da altri tra X
anni. Oltre che a quella volta insieme a Benson è venuto a casa mia diverse volte
anche a dormire. Siamo in ottimi rapporti. Se non ricordo male è venuto nel
2004 a suonare a Milano al
Blue Note e
ha fatto sentire delle cose che credo siano futuristiche. Ogni volta che lui suona
mi dedica un pezzo e dice delle cose anche troppo buone su di me. Mi dispiace perché
ultimamente non sta troppo bene. Lui è del 1930.
Doveva venire alla mia festa di compleanno a gennaio ma purtroppo mi ha detto che
non riesce a prendere l'aereo venire a Milano e poi tornare in America nel giro
di pochi giorni. Anche se George Benson si è allontanato dal jazz credo che
abbia mantenuto un ottimo suono e uno splendido modo di suonare. Apprezzo anche
chitarristi come Tal Farlow, ho suonato con Herb Ellis e ho conosciuto
John Scofield.
Una volta ho sentito suonare quest'ultimo ad un festival e ha fatto dodici chorus
di assolo su un blues uno più bello dell'altro. Negli anni successivi si è messo
a fare jazz elettrico e devo dire che questo periodo mi piace meno. Credo che
Pat Metheny
farà dell'ottimo jazz fra qualche anno con la sua piena maturazione.
Che percorso didattico potrebbe consigliare a un chitarrista
che si avvicina alla musica jazz? Potrebbe indicare dei metodi in particolare?
Oggi ci sono moltissimi metodi fatti benissimo. Credo che i più
completi siano quelli Americani. Trovo davvero molto completi quelli della scuola
Berklee. Il Leavitt su tutti trovo che sia molto attuale e completo. Comunque non
mi stancherò mai di ribadire l'importanza che ha l'ascolto e la ri-visitazione personale
dei pezzi e la loro ri-armonizzazione. Comunque oltre a tutto ciò si deve cercare
di mettere una parte di noi stessi nel pezzo anche sbagliando. E' importante mettersi
alla prova secondo me. Oggi molti ragazzi vanno a suonare con i Real Book, non si
sforzano di rivisitare i pezzi e ogni volta eseguono i brani nella stessa maniera.
Io ho preso l'abitudine di cambiare gli accordi ai brani e rendere la melodia che
di solito lascio invariata più interessante. Ho rivisitato oltre settanta standard
famosi. Mi telefonavo spesso con mio figlio per scambiarci consigli su quali accordi
usare e dove. Anche io ho scritto dei metodi per varie case editrici ma pensi che
non mi credevo per niente all'altezza ed ho perfino offerto il rimborso ad alcuni
che conoscevo e li avevano comprati. Invece questi metodi hanno avuto un enorme
successo.
Per quanto riguarda il suo percorso didattico formativo
come e quando ha cominciato a leggere?
Fantastico! E' stata una cosa geniale. Io odiavo l'idea di dovermi
mettere a fare il solfeggio "do-o". Ho preso partiture di brani che conoscevo e
ho visto come erano scritti. Ho scoperto la quartina, la terzina, la pausa di un
ottavo, le legature. E' stata secondo me una cosa geniale. Non sono un lettore straordinario.
Non riesco a leggere una parte classica a prima vista ma, tutto ciò che ora mi passa
per la testa riesco a trascriverlo senza nessun problema. Kramer diceva sempre che
il vero musicista scrive subito con la penna. Io invece scrivevo a matita e per
giunta facevo molte correzioni perché alcuni passaggi a distanza di tempo non mi
piacevano più e volevo cambiarli. Ho ribaltato tutto il metodo didattico classico
se così possiamo dire.
Nel corso di tutta la sua carriera oltre alla musica si
è occupato d'altro?
Si nella mia vita ho fatto un sacco di cose. Ho fatto anche molta
televisione. Ho girato anche una pubblicità di cui lei avrà sicuramente sentito
parlare. Era la pubblicità di un detersivo che è andata in onda per diciassette
anni. Pensi che durante questo periodo avevo perso molta della mia privacy. Spesso
mi capitava che la gente mi riconoscesse per strada e io che sono sempre stato una
persona timida e riservata per evitare di farmi riconoscere facevo finta di grattarmi
la fronte e tenevo gli occhi fissi a terra. Nonostante tutto mi riconoscevano ugualmente.
Avevo anche il timore quando suonavo nei teatri o nei club. Pensavo che se qualcuno
non avesse gradito i miei pezzi si fosse alzato e avesse gridato "ma vai all'ammollo".
Lo spot infatti era l'uomo in ammollo. Fortunatamente tutto ciò non si è mai verificato.
Mi sono occupato anche di aspetti sociali e di politica. Ho sempre votato a sinistra
anche se ultimamente gli ultimi avvenimenti mi hanno un po' dato fastidio. Far finta
di litigare per poi mettersi prontamente d'accordo. Questo aspetto non mi è piaciuto
affatto perché ritengo che non sia di grande esempio nella situazione attuale.
Ha qualche rammarico?
Si molti ma, il più grande è quello di non aver potuto studiare
musica. Purtroppo un po' a causa della mia situazione familiare prima, un po' per
pigrizia poi, non ho mai avuto l'occasione di studiare approfonditamente o di ascoltare
musica. Pensi che non ho mai assistito ad una lezione di musica in vita mia. Tutto
ciò che so l'ho imparato da solo.
Nella piena maturità della sua carriera può farmi un bilancio
personale?
Credo che nonostante tutto io sia stato molto fortunato. Sono
arrivato a ottanta anni e ho avuto moltissime soddisfazioni. Sono riuscito a fare
un mestiere molto bello. Ho suonato con un sacco di gente e ho collaborato con molti
dei musicisti che stimavo e dai quali ho preso spunto. Durante tutta la mia carriera
ho conosciuto migliaia di persone in Francia, Spagna, Svezia, Norvegia, Stati Uniti.
Ho incontrato molte persone che hanno avuto per me un ruolo fondamentale non solo
nel campo musicale. Avere persone come
Jim Hall
che mi dedicano un pezzo anche quando non sono presente ad ascoltarli penso che
sia un appagamento straordinario. Credo di avere molti amici e penso anzi sono quasi
sicuro di non avere nemici.
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Data pubblicazione: 08/08/2010
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