Siena,25 Luglio 2005 – Enoteca Italiana
di Alceste Ayroldi
Claudio Fasoli, Sax Tenore e Soprano
Paolo Birro, Pianoforte
Rudy Migliardi, Trombone
Siena Jazz è una rassegna ricca e densa di appuntamenti, di attività. Ma in maniera molto ordinata e corretta. Non v'è una confusione travolgente di concerti e d'incontri tanto da far scorrere oltremodo l'adrenalina in corpo per il timore di perdere qualcosa o qualcuno. Vi è quella serenità e, soprattutto, quella oculatezza nella scelta dei tempi, dei luoghi e dei musicisti che rendono questo appuntamento estivo decisamente unico.
Dopo la serata d'apertura in Piazza del Campo, le notti senesi in aroma jazz sono proseguite nella oramai storica
Enoteca Italiana. Casa e bottega per l'Accademia, visto che l'Enoteca ha sede proprio all'interno delle mura che proteggono la robusta fortezza epicentro delle lezioni nonché dell'organizzazione di Siena Jazz.
Dalla mattina fino a notte fonda le note invadono l'atrio e la corte medicea con eleganza, senza fragore.
L'overture dei concerti dell'Enoteca Italiana spetta ad una colonna del jazz: il sassofonista Claudio Fasoli, accompagnato dall'eclettico Rudy Migliardi al trombone e dal raffinato Paolo Birro al pianoforte.
Fasoli avverte subito che suonerà per intero – e rispettando la track list – i brani tratti da
Episod lavoro
inciso con il Gamma Trio per l'etichetta Velvet Luna. E così quasi a sottolineare e preavvertire che parlerà ben poco per lasciare spazio alla musica ed alla sua innata riservatezza.
Il fraseggio composto e le calde note del soprano si stampano subito nell'aria frizzantina. Cote d'azur gioca tra suoni gravi ed acuti e si sviluppa con particolare garbo e sobrietà.
L'intro di solo tenore, corposo e malinconico fino allo stacco per il piano di
Birro, caratterizza Nostalgia, brano molto languido e ambiguamente blue.
I giochi armolodici tra soprano e trombone, ricchi di grazia e fantasia ritmica, aprono Prime.
Birro aumenta l'intensità lirica del brano con note quasi tenebrose rimarcando il suadente soffiato di Fasoli. Simpatico il siparietto fuori programma tra il leader e Rudy Migliardi che, per gigioneggiare con Fasoli, sempre molto compassato, perde il tempo e la nota.
Migliardi ride, Fasoli abbozza un sorriso.
I pezzi si susseguono con un incremento ritmico focoso pur mantenendo un'estetica espressiva elegante.
In Compline le note asistoliche dei fiati sono fomentate dal chorus ossessivo di
Birro che le sospinge verso delle strutture improvvisative mai accademiche.
Così come accade in Baron Rouge lì dove Fasoli apre al duettare tra
Migliardi e Birro che si concedono dei commenti liberi da schemi e senza tener conto degli stacchi. Il pubblico applaude entusiasta nel sentire e vedere al tricuspide intersecarsi e inseguirsi in soluzioni avvolgenti.
Ritornano i colori caldi e descrittivi con l'esecuzione di L'ame du vin ed i toni di Fasoli avvolgono la piccola – ma accogliente – sala sotto le stelle accarezzata da un piacevole vento.
Le ondate tempestose di Paolo Birro riscaldano le brumature dell'ottone di
Migliardi, così che Afton acquista una consistenza senza cadute di tensione grazie anche alle tinteggiature cangianti del soprano.
Fasoli chiude il concerto presentando con voce flemmatica il brano di chiusura: "E' l'esatto contrario di ciò che si suona come ultimo brano".
Episod è la rappresentazione dell'unisono che i tre hanno raggiunto e fatto giungere al pubblico.
II Set: Marco Tamburini Quintet
Marco Tamburini, tromba
Stefano Bedetti, sax tenore e soprano
Marcello Tonolo, pianoforte
Cameron Brown, contrabbasso
Fabrizio Sferra, batteria
Gli appuntamenti con il jazz a Siena sono doppi. Sempre ed ovunque.
Brevissima pausa dopo il concerto di Fasoli – giusto il tempo per il cambio palco – e
Caroni introduce il quintetto di Marco Tamburini.
Il trombettista emiliano è affiancato da una sezione ritmica di particolare levatura tecnica formata dal poliedrico Cameron Brown al contrabbasso e dalle pennellate di Fabrizio Sferra alla batteria. Le armonie sono affidate al corposo sax di Stefano Bedetti ed alle incursioni pianistiche di Marcello Tonolo.
Tensione e suoni cambiano rispetto al primo set. Il quintetto apre con l'evergreen
Cheek to cheek che ruota intorno allo swing di
Sferra ed ai chorus di Tonolo e mettendo in evidenza Bedetti
che sorprende subito per il suo fraseggio lineare e robusto.
Lo spessore ritmico cresce con Firewalls di Waldron sapientemente arricchito dall'alternarsi delle incursioni dei fiati e dal walking di Cameron Brown che irrobustisce la sua cavata infuocando l'intrecciarsi degli altri strumenti.
Tonolo disegna le suadenti armonie dal sapore latino di Francy, brano che
Tamburini ha dedicato a sua figlia. Il sassofono illumina ogni singola nota, un alternarsi di fraseggi ora corposi, ora lievemente sornioni.
Il volto sorridente di
Tamburini chiude ogni brano, la sua disarmante semplicità la fa da padrone e tale sua serenità è fatta propria anche dai suoi compagni di viaggio. La sua musica, però, è scintillante, grintosa. Il suono denso e pulito della ballad Frenico è arricchito dalla grande forza timbrica di
Tonolo che accompagna sapientemente il fiume di parole che sgorgano dal contrabbasso di Cameron Brown.
In Seven come Eleven
Tamburini e Bedetti gigioneggiano, infilzano l'aria con le loro note, scorribande armoniche sorrette da una ritmica puntuale e lussureggiante che acuisce lo swing del brano.
Prima della chiusura un brano di Cameron Brown, Lulluby for George, Don and Dannie (brano dedicato a George Russell, Don Cherry e
Dannie Richmond, con i quali Brown ha per lungo tempo collaborato). Le architetture costruite da
Brown sono cesellate da tutto il quartetto che mostra ancor più un evidente interplay culturale.
La carismatica Sweet and Lovely alimenta la possanza di
Tamburini e la sua versatilità emerge del tutto.
Tamburini si conferma un fiatista di carattere, con una padronanza dello strumento non comune associata ad una cultura jazzistica d'altri tempi.
Così come d'altri tempi sono i concerti di Siena Jazz, da vivere con la musica e per la musica. Dai colori vibranti ma non sgargianti, mai accecanti.
Ogni tanto una buona dose di
stile e di classe fa bene all'udito ed al cuore.