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Massimo De Mattia Quartet
Hypermodern
Rudi Records (2014)
1. Lands Beyond
2. Hypermodern
3. Still Life Alive
4. Zeit
5. Proxemics
6. A Non-Place Odyssey
7. Entropy
8. Way Out
Massimo De Mattia - flutes Giovanni Maier - doublebass Luigi Vitale - vibraphone, marimba, percussion Alessandro Mansutti - drums, percussion
"Hypermodern" fa pensare a qualcosa di avveniristico, a una presenza massiccia e
indiscriminata di materiali tecnologici. Niente di tutto questo. Massimo De Mattia
torna, invece, a un quartetto acustico e, dopo gli ultimi dischi, "Black Novel"
e "Trilemma" drumless, se così si può dire, inserisce due strumenti a percussione.
Oltre ad Alessandro Mansutti, alla batteria è
Luigi Vitale
al vibrafono a ricoprire il doppio ruolo ritmico e armonico. Completa il gruppo
Giovanni Maier, bassista eccellente, adattissimo al modo di concepire la
musica del leader pordenonese.
I temi dell'album sono zigzaganti, si ondeggia da intermezzi free bop ad atmosfere
libere come il vento, prive di una evoluzione verso climi più jazzistici, a un camerismo
spinto, fuori da qualsiasi reminiscenza accademica, fino a puntate nel funky, portate
avanti con parsimonia. E' il flauto a indicare la rotta fra i flutti di un mare
mosso o in procinto di agitarsi. De Mattia sale su fino ad arrivare a note alte
e precise, per scendere, poi, più giù, a suoni impuri, moltiplicati. L'uso dell'ipersoffiato
movimenta alcuni brani, senza assegnargli necessariamente una parentela con il progressive
rock. Il suo solismo è frammentato e ricomposto, penetrante e stringato.
Luigi Vitale
martella sul vibrafono costruendo contrappunti incisivi o riempiendo gli spazi a
disposizione con un fare nervoso e conciso. Alessandro Mansutti costruisce
un accompagnamento sfilacciato, smagliato, capace di cucire e ricucire ritmicamente
i brani, grazie a interventi divergenti solo in apparenza. Maier è il signore del
contrabbasso contemporaneo. Nel pizzicato fa vibrare le corde, producendosi in interventi
possenti, caldi e intensi. Quando imbraccia l'archetto disegna frasi taglienti,
o spesse e modulate, in grado di corroborare il discorso complessivo.
In sintesi, si assiste allo sviluppo di quattro percorsi solistici distinti che
vanno a quagliare in modo coerente in una composizione globalmente significativa.
E' questa la musica iper-moderna o postmoderna? Difficile a dirsi. Siamo piuttosto
di fronte ad una proposta con agganci riconoscibili nel jazz degli anni sessanta,
fra i fermenti della New Thing agli albori, proiettata verso una nuova libertà espressiva
che si svincoli da una posizione troppo accondiscendente verso il progresso e la
modernità e indichi, per contro, i suoi aspetti negativi, le sue criticità.
Gianni Montano per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 28/09/2014
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