John Patitucci Rosetta Jazz Club Matera, 22 luglio 2019
di Marco Losavio
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Un nuovo jazz club, in una città straordinaria come Matera, non
può che essere una bella notizia. Il
Rosetta Jazz Club
è gestito da un gruppo di persone amanti del jazz, capitanate dal contrabbassista
Giuseppe Venezia il quale si nota subito che è a suo agio nel ruolo di pigmalione
di questo spazio piccolo ma sufficientemente ampio per la musica e il suo pubblico.
Inaugurato il 15 luglio con il sassofonista Jerry Weldon, per la serata del 22 luglio
il Rosetta ha colto l'opportunità di ospitare sul suo palco, in solo, una vera e
propria leggenda del contrabbasso e del basso,
John
Patitucci. L'artista, nonostante la sua sconfinata carriera, risultava
visibilmente emozionato poichè, come è noto, quando si suona in club piccoli a così
stretto contatto con il pubblico, ogni sfumatura è colta, percepita e, pertanto,
l'artista avverte una maggiore pressione. In più, il contrabbassista di Brooklyn
ma originario del piccolo comune cosentino Torano Castello, ha appena pubblicato
un album in solo ("Soul of the bass", Three Faces Records) che è il tema presentato
nella serata del Rosetta Jazz Club.
Patitucci svela come sia giunto ad incidere un album in solo e racconta di quando
rimase letteralmente esterrefatto dall'ascolto dell'album "Emerald Tears" di
Dave Holland
(ECM, 1978) e di essere giunto solo oggi, dopo quarantanove anni di carriera, a
registrare un album in solo poiché intimorito dall'idea e, presumibilmente, non
psicologicamente o artisticamente pronto forse anche per un possibile confronto.
L'artista quindi, "armatosi" del suo contrabbasso ha affidato
l'apertura della serata alle note di "Whisper not", storico standard firmato da
Benny Golson, in cui, grazie all'abilità di giostrare tra dinamiche, ritmi, contrappunti,
non è stato difficile con l'immaginazione avvertire il brano come se fosse eseguito
da un trio. In alcuni momenti, anche il respiro è diventato un elemento che ha contribuito
alla linea ritmica.
Patitucci ha dialogato molto col pubblico ed ha introdotto ogni brano: la sound
track del nuovo album "Soul of the bass" è stata composta pensando ad un parallelo
tra l'acacia, albero africano considerato il più robusto, e il contrabbasso che
è l'albero più possente in un trio. Il brano si è sviluppato come un canto solitario
che ha introdotto in modo ideale lo spiritual "Morning Train", tributo al gospel,
musica che ha ispirato Patitucci a "cantare sul basso" e che è riuscito a trasmettere
pathos, intensità, come farebbe un blues singer rivolgendosi al suo dio.
L'innico "Seeds of change", introdotto pensando alla rivoluzione di cui è capace
l'amore e il coltraniano "Mistery of the soul" attraverso il quale Patitucci, richiamando
le sue origini del sud, ha rimarcato la capacità della musica di tenere uniti i
popoli, hanno completato il viaggio nelle tracce del nuovo album del contrabbassista
newyorkese il quale ha utilizzato l'archetto con delicatezza incantevole come hanno
incantato i suoni e le melodie emesse.
La serata si è conclusa con tre tributi ad altrettanti artisti che hanno segnato
la formazione di Patitucci: il primo è stato l'immancabile
Ray Brown al quale
ha dedicato "Ray's Idea": "Ray
Brown è uno dei miei eroi e questo brano mi riporta ai tempi in cui tutti
questi eroi mi cominciarono ad adottare quando iniziavo". Impeccabile swing
e poderosi slide enfatizzati goliardicamente come a voler richiamare il suono di
un trombone hanno lasciato poi il posto al 6-string bass con il quale Patitucci
ha effettuato un tributo a Pergolesi e ad un brano, "Nina", ascoltato da Pavarotti;
la chiusura è stata nuovamente al contrabbasso per un bis dedicato questa volta
a Paul Chambers, altro suo eroe.
Sessanta minuti che sono volati e che hanno consentito di conoscere questo nuovo
luogo in cui la musica jazz potrà incontrare i suoi appassionati. Nonostante il
club sia ancora in "rodaggio", vi è già una nutrita programmazione i cui dettagli
sono disponibili sul sito e sulla loro pagina Facebook: https://www.facebook.com/RosettaJazzClub/.