Jazzitalia - Articoli: Intervista a Giuseppe Venezia - BasiliJazz (Basilicata Jazz Festival)
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Professione Jazz !

Il BasiliJazz -Basilicata Jazz Festival, intervista a Giuseppe Venezia
aprile 2015
A cura di Alceste Ayroldi
foto di Rocco Crudele

Giuseppe Venezia, contrabbassista e compositore, condivide la direzione artistica e la paternità del Basilijazz, rassegna-festival lucano che si articola in uno spazio temporale diluito nel tempo (oltre a coinvolgere buona parte dei mesi estivi prevede anche alcuni appuntamenti autunnali e invernali) in diverse zone della Basilicata.



Come nasce l'idea del vostro festival e chi sono stati i promotori?

Il Basilijazz nasce, nel 2008, dalla voglia di portare in Basilicata quello che qualche mese prima si era vissuto durante il festival Jazz di Ascona (Svizzera). Jazz ovunque, a tutte le ore del giorno e della notte per parecchi giorni. Street Parade, concerti, jam session: una bellissima realtà che appassionava tutti, musicisti e non. Proprio questo aspetto ci ha convinti a provare, eravamo sicuri che un certo tipo di Jazz avrebbe potuto aprire le strade a tanti potenziali ascoltatori. Cosi è stato. I Promotori della I edizione del Basilijazz-Basilicata Jazz Festival sono stati il comune di Bernalda ed un imprenditore locale. Fabrizio Cospite, imprenditore nel settore turismo che oltre ad avere investito nel progetto ha ospitato alcune date portando artisti come, Randy Sandke, David Paquette, Luciano Milanese, Scott Hamilton, Patrick Artero, John Allred e tantissimi altri, in una location non comune al mondo del jazz: un villaggio turistico. Scommessa ampiamente vinta da Fabrizio e da tutta la famiglia Cospite.

Come effettuate le scelte artistiche?
Il jazz è una musica con tanta storia, una cultura che ha radici profonde e fantastiche. E' da li che abbiamo voluto cominciare. Per due motivi, il primo è che essendo noi convinti di proseguire a tutti i costi nell'organizzazione di questo evento, abbiamo voluto dare un ordine cronologico, l'idea è sempre stata quella di coinvolgere e di far innamorare persone che non avevano mai incrociato la loro strada con il jazz. Siamo felici di poter raccontare, dopo otto anni, che questo si è verificato. il secondo è che sapevamo sarebbe stato più facile avvicinare all'evento un pubblico che mai prima di allora si era trovato di fronte ad un offerta musicale di questo genere.

Si è formato, nel tempo, uno staff e anche la collaborazione con altre realtà associative locali. Sono state sinergie produttive?
Sì, negli anni abbiamo collaborato con altre associazioni, enti, comuni. Il Basilijazz è un festival itinerante da sempre e quindi la collaborazione con le associazioni del posto è sempre costruttiva.

Affiancate l'attività festivaliera con quella divulgativa con seminari, workshop e guide all'ascolto. Potete fare un bilancio di tali attività? (Nel caso in cui tale attività divulgativa non venga effettuata: avete mai pensato di effettuare seminari, workshop, guide all'ascolto?)
Sì, i workshop sono parte integrante del nostro cartellone, negli anni infatti abbiamo organizzato molti seminari con musicisti di indubbia grandezza, come Peter Bernstein, Andy Farber, Stjepko Gut, Enrico Rava, Emmet Cohen, Joy Garrison e tantissimi altri. Tutte queste attività hanno portato un bel risultato sia in termini di utenti che di gradimento da parte degli stessi.

Quali sono le tendenze del pubblico? Quali concerti sono più affollati? E' possibile fare un identikit del pubblico? Notate differenze tra le tre realtà?
Riuscire a definire le tendenze del nostro pubblico è davvero complicato in quanto il Basilijazz opera nel raggio ampio di tutta la regione. Il pubblico è formato essenzialmente da due diverse categorie: i turisti, che visitano la nostra magnifica Basilicata, e il pubblico locale. Onestamente non ricordo concerti che non abbiamo riscosso successo. Ammetto però, che i grandi organici come le big band hanno avuto un'accoglienza particolare da parte del pubblico e che i progetti più moderni, purtroppo, non sempre riescono a far breccia nei cuori di un pubblico ancora non del tutto convinto seppur competente.

Avete notato che il pubblico ha modificato i suoi gusti nel corso del tempo? Se la risposta è sì, come sono cambiati?
Non saprei dire se i gusti del nostro pubblico sono cambiati, posso dire che fino ad ora hanno apprezzato tutto quello proposto. Di certo posso dire che in molti hanno approfondito la loro conoscenza in merito al jazz, basti pensare che semplici ascoltatori hanno partecipato a molte delle nostre master-class. Mi piace l'idea che anche un profano possa assistere a quello che succede quando più musicisti si incontrano per parlare di musica, per suonarla, per studiarla.

Riuscite a creare partneship di tipo culturale con altre forme d'arte? Ne avete tratto giovamento da questa sinergia?
Assolutamente sì. In passato abbiamo organizzato una rassegna chiamata "Racconti di Jazz" all'interno della quale vi erano: concerti, mostre fotografiche e di illustrazioni e la partecipazione di Enrico Rava e Lino Patruno che, in due differenti serate della rassegna, presentavano i loro manoscritti.

Riuscite a creare sinergie con enti territoriali e/o enti pubblici?
Certamente, infatti il Basilijazz ha toccato già numerosi comuni lucani quali, Craco, Metaponto, Metaponto, Bernalda, Nova Siri, Pomarico, Grottole, Spinoso, Avigliano e nuove collaborazioni sono in cantiere.

E con enti privati? Vi è interesse da parte di istituzioni private verso il jazz?
Stiamo lavorando anche in questa direzione e speriamo a breve di riuscire a far crescere la nostra rete di collaborazioni anche nel settore dei privati.

Come giudicate l'attuale scena jazzistica italiana?
Il jazz in Italia sta crescendo. Ci sono numerosi seminari durante l'anno sparsi su tutto il territorio nazionale che danno l'opportunità ai giovani musicisti di studiare e confrontarsi con grandi musicisti, soprattutto americani, questo è motivo di grande crescita secondo me. L'unica cosa che mi spaventa è che molti di questi giovani talenti trascurano lo studio della tradizione jazzistica e personalmente credo sia una grossa lacuna di molti musicisti del Bel Paese, altrove ai "classici" dedicano un'attenzione maggiore.... e si sente. Poi, in Italia abbiamo una decina di "giganti" che possono dire la loro con chiunque su questo pianeta...alcuni potrebbero rapportarsi anche con abitanti di altri pianeti.

E quella del "resto del mondo"?
Be', parlare del resto del mondo mi sembra avventato...non credo di conoscere tutto quello che si suona in giro per il globo. Di una cosa sono certo, quello che si suona dall'altra parte dell'Atlantico mi piace moltissimo. Anche in Europa c'è un fermento notevole, in passato ho avuto la fortuna di collaborare con musicisti francesi, olandesi e tedeschi che mi hanno molto impressionato e mi hanno fatto conoscere il loro "ambiente" nazionale e devo dire che anche nella cara vecchia Europa il jazz è vivo e vegeto. Discorso a parte meriterebbe la scuola nord-europea, da sempre impegnata nella ricerca, a volte estrema, ma comunque sempre stimolante ed interessantissima. Peccato che alcuni esponenti di questa scuola non riescano più a sorridere quando hanno lo strumento tra le mani.

La programmazione delle vostre rassegne quanto spazio dedica ai musicisti italiani?
Lo spazio destinato ai musicisti italiani è tanto, soprattutto cerchiamo di mettere insieme sul palco musicisti stranieri con giovani musicisti italiani (soprattutto lucani). Vorremmo poter sostenere ancora di più la musica italiana e tutti i bei progetti che ogni giorni ci giungono come proposte, ma purtroppo la nostra realtà non è ancora grande abbastanza per poter accontentare tutti i progetti meritevoli.

Nella comunicazione degli eventi, quanto affidate al tam-tam e quanto al battage pubblicitario e/o alla comunicazione?
La comunicazione e la promozione del nostro festival si svolge su molti dei canali standard attuali: internet, quotidiani, radio e televisione locale. Purtroppo ci rendiamo conto anche su questo aspetto si potrebbe e dovrebbe fare di più ma le risorse sono limitate, quindi in molti casi il tam-tam diventa fondamentale.

A vostro avviso, cosa dovrebbe-potrebbe fare lo Stato per migliorare la situazione delle attività festivaliere, rassegne jazz italiane?
Sarò poco popolare, ma credo che la politica Italiana sia del tutto disinteressata alla cultura e soprattutto al jazz. I pochi segnali che arrivano dallo Stato sono davvero pochi e le risorse, come al solito, destinate ai pochi noti. Onestamente non ripongo fiducia in un inversione di rotta, penso sia meglio abituarsi all'idea di una politica attenta solo ai propri interessi.

Quali sono le linee programmatiche che vorreste discutere con le istituzioni?
Senz'altro quello di rafforzare il rapporto tra la musica proposta e la conoscenza dei luoghi e delle usanze della nostra terra. In molte occasioni ci siamo riusciti, per esempio a Craco, dove da anni ormai grazie alla sensibilità del Sindaco Lacicerchia si è appunto riusciti ad unire musica, tradizione popolare e conoscenza di uno dei borghi più belli di Italia, la città fantasma di Craco. Il nodo principale rimane sempre lo stesso, cercare di far crescere il livello musicale locale e al contempo regalare ai turisti concerti memorabili in location mozzafiato.

Avete già presentato il cartellone della prossima edizione? Quali sono le linee artistiche che andrete a seguire?
Siamo al lavoro anche se con qualche ritardo sulla tabella di marcia. Sia io che Attilio Troiano, con il quale divido il ruolo di direttore artistico del Basilijazz, siamo ultimamente molto impegnati nella nostra attività di musicisti e questo sta ostacolando il normale svolgimento dell'iter organizzativo, ma come al solito ne verremo a capo. Per quanto riguarda le linee artistiche da seguire posso solo dirvi che stiamo pensando a delle novità, vorremmo aumentare lo spazio per i nuovi progetti italiani anche se non perderemo mai di vista la tradizione e quindi come ogni anno avremo almeno un paio di date nelle quali si omaggeranno i grandi del passato.







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Data pubblicazione: 04/05/2015

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