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IAJE Annual Convention 2007
Jim McNeely and Paul Klee at the 2007 IAJE Convention
Written by Jamie Baum, flutist/composer
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photo by Jos L.Knaepen
- JazzPhotography
Tervuurse Steenweg, 187b2 - 3060 Bertem, Belgium
+32 (0) 16 48 26 40
Ci sono sempre talmente tante scelte che si possono fare quando si partecipa
alla Convention annual dell'IAJE e quest'anno non è stato da meno. Come compositrice,
appena ho visto che Jim McNeely, un grande compositore, arrangiatore e pianista
jazz, avrebbe tenuto una clinic intitolata "Paul Klee and Me", ho deciso
che avrei dovuto evitare distrazioni per concentrarmi in modo da ascoltarlo attentamente
parlare sul "il processo che ha adottato per ascoltare il lavoro di Klee".
Il pittore svizzero Paul Klee è stato uno dei più originali maestri
di arte Moderna nella prima metà del XX secolo e McNeely, pianista e compositore
della Vanguard Jazz Orchestra oltre a direttore della Danish Radio Jazz Orchestra,
tra i vari titoli, ricevette l'incarico dalla Swiss Jazz Orchestra di scrivere
musica basata si vari suoi dipinti. Sapendo che molti musicisti sono stati influenzati
nella scrittura da Klee più che da qualsiasi altro artista visual, McNeely
ha evidenziato come Klee, a sua volta, fosse stato direttamente influenzato
dalla musica. A parte le molte esplicite referenze alla musica dei suoi lavori,
alcuni dei nomi dei suoi dipinti alldono a ciò.
Jim ha iniziato la clinic fornendo una breve storia e cronologia della
vita di Klee e di come sia relazionato il suo sviluppo artistico fornendo
poi esempi di dipinti in cui Klee effettivamente menzionava riferimenti musicali.
McNeely ha mostrato delle slide dei dipinti selezionati ed ha suonato degli
estratti dalle partiture relative della big band spiegando in dettaglio ogni processo
compositivo tecnico e creative.
"Ho deciso che la music ache avrei scritto non avrebbe rispecchiato la superficie
dei dipinti. Piuttosto, avrei avuto il bisogno di penetrare internamente ai dipinti
per cercare la loro essenza – per essere capace di sentire cosa Klee stave vedendo
– per poi esprimere quel suono attraverso l'uso di due differenti tavolozze:
ritmo, armonia e polifonia del jazz combinati con il suono e l'energia della Swiss
Jazz Orchestra," ha ditto McNeely. In alcuni casi avrebbe realizzato
una griglia ritmica basata sulla griglia cromata dei dipinti; una riga di note basata
sulla frequenza dell'uso delle forme; oppure clusters o voicings ricorrenti in congiunzione
con gli oggetti ricorrenti o l'intensità del soggetto.
Ho trovato questo incontro molto informative e denso di ispirazione ed
ho acquistato il CD di Paul Klee, Swiss Jazz Orchestra and Jim McNeely,
che è stato pubblicato per la Mons Records.
Row 1 (Left to right). Jimmy Heath, Toshiko Akiyhosi, George
Wein, James Moody, Nat Hentoff… Jimmy Scott, Frank Wess.
Row 2: LtR, Dana Gioia, Nancy Wilson, Tony Bennett, Gerald Wilson, Ahmad Jamal,
Roy Haynes, Curtis Fuller
Row 3, LtR: Slide Hampton, Phil Woods, Chico Hamilton, Buddy DeFranco, Ornette Coleman,
Barry Harris.
Row 4, LtR : John Levy, David Baker, Ramsey Lewis, Billy Taylor, Dan Morgenstern
Un'occhiata ai concerti della IAJE Convention
Written by Jamie Baum, flutist/composer, NYC
Indipendentemente dai vostri gusti musicali, siano essi orientati verso
il modern jazz o il gypsy jazz, la fusion o lo swing qualsiasi altra cosa intermedia;
musica per big band, small group o trio pianistico; nomi famosi, meno famosi o talenti
in crescita, lo si è potuto trovare tutto alla Convention
2007 della IAJE che si è tenuta a NYC dal 10 al 13 gennaio, presso
il NY Hilton e gli Sheraton Hotels.
Ovviamente, I grandi nomi si sono esibiti presso la Grand Ballroom nei
concerti serali tra i quali vi sono stati artisti come Nancy Wilson, Michel
Legrand, Randy Brecker, Doc Severinsen, la Dizzy Gillespie
All-star Big Band,
Richard Galliano
e
Charlie Haden's Liberation Music Orchestra, per citarne
alcuni. Ma se si setaccia tra la moltitudine delle offerte giornaliere tra clinics,
seminari, interviste e accoglienze da parte delle scuole, giornalmente, dalle 10
alle 13:30 sono stati effettuati concerti della durata di un ora. Si poteva spaziare
dalle big band dei college a quelle delle high school fino a concerti di tutti gli
stili tenuti da artisti noti e meno noti per un totale di circa 100 concerti (li
ho contati personalmente!) e tra I quali si è potuto assistere alle performance
di Matt Wilson's Art & Craft,
Dave Liebman
Group, Marvin Stamm Quartet, John Hollenbeck's Large Ensemble,
John Patitucci Quartet, Joanne Brackeen, Charles Tolliver Big Band…e
la lista potrebbe proseguire.
Uno dei concerti mattutini che ho "beccato" è stato quello del Gary
Thomas' Exile's Gate con il leader al sax tenore, George Colligan al
Wurlitzer e John Bollenbeck alla chitarra. Come l'alto sassofonista Steve
Coleman e Greg Osby, Gary Thomas ha sviluppato il suo proprio
originale approccio all'improvvisazione, evitando clichés bop eseguendo soli che
si sono rilevati molto personali e pieni di inventiva. Verso la fine degli anni
‘80, Thomas ha lavorato sia con Miles Davis che la Special Edition
di Jack Dejohnette ed ha frequentemente registrato con Greg Osby,
Michele Rosewoman e Wallace Roney, oltre ad essere leader di session
a proprio nome. Nonostante alcuni problemi di suono dovuti alla grande sala e subito
aggirati, Thomas ha trasmesso una forte spinta, una elevata energia in un
set nel quale sono stati suonati brani molto groove con tempi dispari, molti chops
e svariati soli di estremo interesse. Ha suonato un paio di brani scritti da alcuni
componenti della sua band e altri prelevati dai suoi ultimi lavori, Found on
Sordid Streets e Pariah's Pariah.
Peter Apfelbaum, un polistrumentista proveniente dalla bay area anche
se ha bazzicato sulle scene jazz di New York per diversi anni addietro, si è esibito
in un set molto seguito con il suo New York Hieroglyphics Ensemble composto
da 17 elementi. Apfelbaum ha costituito il gruppo nel
1977 – l'anno in cui seguiva il Berkeley come
senior – con l'obiettivo di avere un veicolo attraverso il quale poter proporre
composizioni ed esplorare forme musicali non tradizionali.
Ho incontrato Peter molti anni fa durante un workshop intenso durato
10 giorni tenuto dall'Art Ensemble of Chicago e organizzato dal Creative Music
Studio di Karl Berger a Woodstock, NY. Da allora, nel suo modo di suonare
si può scorgere una reale scintilla creative e una forte personalità. Il suo approccio
alla musica, che oramai trascende dagli stili e dai generi, si è sviluppato ed è
diventato sempre più evidente nel corso degli anni spesi in un gran numero di forum
musicali. Tra questi vi sono il "Multikulti" group di Don Cherry,
Carla Bley, David Amram, Eddie Jefferson. Inoltre è stato frontman
della band di Trey Anastasio ed ha arrangiato e composto la musica del tour
europeo 2003 di Harry Belafonte.
Ho totalmente gradito il concerto e l'atmosfera eclettica, vaga, piena
di gioia collettiva che ha Saputo creare. La musica è risultata ben scritta e I
solisti si sono rivelati di alto livello facendomi concludere che musicisti come
Peter e Don Cherry sono tra I più originali fautori dell'inclusione
della cosiddetta "world music" nelle strutture del jazz e dell'avanguardia.
Un rituale all' IAJE è consegnare gli awards sia a musicisti di fama che
a nuovi talenti e sia per la composizione che per la performance. Quest'anno i premi
secondo l'ASCAP sono andati a Oscar Perez come "compositore emergente" e
Rufus Reid come "compositore di fama". I ritmi cubani e le armonie moderne
hanno caratterizzato la composizione del settetto di Perez mentre il pezzo
per big band scritto da Reid segue uno stile più tradizionale. La commissione
del Gil Evans Fellowship ha premiato Sherisse Rogers che, sebbene
sia considerata un talento emergente, ha già ricevuto molti riconoscimenti. La sua
partitura per big band si è rivelata piuttosto contemporanea richiamando alla mente
la scrittura di compositori come John Hollenbeck e Maria Schneider.
Greg Osby intervista Ornette Coleman per
Downbeat
"New York is now"
New York, venerdì 12 gennaio 2007
di
Patrizia
Scascitelli
Nella nostra società contemporanea, in cui riteniamo necessario che tutto
sia definito da un codice, in cui diamo titoli anche lì dove non ne condividiamo
il senso, la presenza di un artista come
Ornette
Coleman è necessaria a farci ricordare che esiste una condizione: quella
di rimanere liberi da tutti questi vincoli. Così è la sua musica e così il suo spirito,
coerente e disarmante nella sua eccellenza.
Ascoltare
Ornette parlare è come ascoltare un bambino innocente ma anche un vecchio
saggio. E' musicista, filosofo, sacerdote, psicologo, stilista e ancor di più. Astratto
e concreto, religioso e ateo, musicista …"ma solo perchè lo dicono gli altri
perchè potrei essere un architetto oppure uno scienziato…"
"Noi diveniamo ciò che la società ha scelto di identificarci, ma in realtà
siamo come gli animali, con i nostri bisogni corporali. Anzi gli animali sono come
noi".
Questo e di più ha detto Ornette durante l'intervista (se così la vogliamo
chiamare).
Ornette
Coleman, 76 anni, sorridente, vestito di tutto punto, si siede e chiede
al pubblico presente…"chi è interessato alla musica alzi la mano" poi
…"chi non è interessato alla musica alzi la mano".
La dinamica dell'intervista sarà questa: Greg rivolge un paio di
domande ad Ornette che risponde e ne fa seguire un lungo discorso, poi la
situazione si capovolge essendo Ornette a fare le domande.
Si inizia:
Greg: Quando hai capito che avevi qualcosa di
speciale in te?
Ornette: Mia madre diceva sempre "…I know who you are" (so chi sei) non devi
dirmelo tu" (questa frase la ripeterà più volte durante l'intervista).
Greg: Come scegli i musicisti per il tuo gruppo?
Ornette: E' come chiedere chi ti fa innamorare,
quando ti piace qualcuno ti piace e basta.
Segue un discorso a ruota libera di Ornette:
Vita, morte e identità
"Da vivo hai un'identità da morto non più, quindi il discorso razziale dopo
che sei morto non esiste. Essere nero o bianco, chi è bianco potrebbe anche essere
nero e viceversa, il discorso vale anche per il bello e il brutto. Ma la cosa importante
è che io sia vivo."
Gli animali sono come noi o viceversa?
"Gli animali, assomigliano agli esseri umani, anche loro vanno al bagno, anche
per loro il sesso è importante. Ci assomigliamo."
Quando
cominciai a suonare.
"Presi in mano vari strumenti, cominciai a suonarli, mi piaceva farlo cercando suoni
belli ed interessanti, così anche a comporre, vi dedicavo molto tempo. Fu così che
poi mi chiamarono musicista."
Rivolgendosi polemico a Greg...
"Dimmi, chi ti paga per codificare tutto? Ricevi un assegno? Ma noi siamo vittime?"
Il lato spirituale e riferimenti razziali:
"Ognuno in se ha lo spirito di Dio, tutti lo sentono nel cuore, ma la società t'inquadra
e la ricchezza ti condiziona. Il pubblico è composto al 99% di bianchi (non
si poteva dire del pubblico presente in sala perchè multietnico) allora come chiami
il razzismo?"
Greg risponde che oggigiorno preferisce la definizione intolleranza anzichè
razzismo.
Ornette continua su questo tema aggiungendo…
"potresti credere di essere Clark Cable, ma ti guardi allo specchio e noti
di non esserlo. Vieni dal sud e dalla segregazione, dove c'è la povertà. Eppoi non
puoi avere i soldi per comprare i soldi"
Ornette e la conoscenza.
"La conoscenza non ha colore nè sesso, Non è necessario avere grandi risorse
economiche per divenire sapienti".
Poi Ornette, nel suo unico essere istrionico, continua con una serie di frasi
e concetti, senza una gran consecutio, un po' come i poeti della beat generation...
"La cosa importante ed essenziale è il sesso" - "Si può comunicare guardandosi
senza parlare" - "Vita e morte, che viene prima? E' un mistero come l'uovo e la
gallina".
In conclusione, qualche riferimento musicale...
"Abbiamo le 12 note. Gli elementi musicali si uniscono, vanno, tornano, nascono
e muoiono. Pura melodia, il suono è spiritualità".
La notizia della scomparsa di Michael Brecker e
Alice Coltrane è piombata come una meteora su coloro presenti Sabato
13 gennaio alla "convention". L'annuncio ufficiale è stato fatto alle
21, prima del concerto di Charlie Haden Liberation Orchestra
nell'Hilton Gran Ballroom.
Già prima in una sala dove si apprestava a suonare Phil Woods
col gruppo di George Robert Quartet avevano dato la notizia,
seguita da 1 minuto di silenzio. Ma lì al Gran Ballroom, erano presenti
migliaia di persone, che hanno risposto con un sussulto di dolore e
stupore. E pensare che solo 2 sere prima, Randy Brecker -
Bill Evans "Soul Bop" si erano esibiti creando un'atmosfera di puro
divertimento. Ora il nome Brecker era tornato, ma per una triste
occasione, la scomparsa di Michael che ci ha lasciati a soli 57 anni
e in modo tragico.
Nello stesso giorno se ne è andata anche la grande Alice Coltrane,
due figure centrali della cultura del nostro secolo.
Dopo l'annuncio, Charlie Haden visibilmente provato ha
detto….. "sarà per me molto difficile suonare questa sera". Anche
l'orchestra sembrava essere caduta in un baratro di tristezza. Ma dopo
le prime note La Liberation Orchestra si è dimostrata degna del
suo nome, suonando con un intenso ‘feeling" e creando un atmosfera di
unità tra loro e il pubblico. Il programma si è concluso con I brani
"Amazing Grace" e "We shall overcome". |
15/05/2011 | Giovanni Falzone in "Around Ornette": "Non vi è in tutta la serata, un momento di calo di attenzione o di quella tensione musicale che tiene sulla corda. Un crescendo di suoni ed emozioni, orchestrati da Falzone, direttore, musicista e compositore fenomenale, a tratti talmente rapito dalla musica da diventare lui stesso musica, danza, grido, suono, movimento. Inutile dire che l'interplay tra i musicisti è spettacolare, coinvolti come sono dalla follia e dal genio espressivo e musicale del loro direttore." (Eva Simontacchi) |
14/02/2004 | Jazzitalia intervista in esclusiva i Take 6 a New York: "...Amiamo tutta la musica, e abbiamo cantato praticamente tutti i generi musicali, inclusi jazz, gospel, doo-wop, latin, R&B, hip-hop, opera, pop, e persino country western." (Sandra Kimbrough) |
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Data pubblicazione: 03/03/2007
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