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JAZZ ITALIANO: Adriano Mazzoletti
di Giovanni Masciolini e Leo Cesàri
http://www.masciolinigiovanni.com
le fotografie sono tratte da diversi numeri della rivista
Blu Jazz (Ed. Cop. Athena 2000 arl) diretta da Adriano Mazzoletti nei primi anni '90

Incontriamo Adriano Mazzoletti a Roma, a casa sua. Dopo le presentazioni ci rechiamo quasi naturalmente nella zona della casa adibita ad archivio sonoro. E' infatti un vero e proprio archivio con migliaia di CD, cassette, video, molte cose assolutamente uniche e introvabili accumulate grazie alla lunga attività che Mazzoletti ha sempre effettuato nelle radio, in televisione, in giro per il mondo. Ma Mazzoletti, oltre ad essere un famoso giornalista, storico, è anche un batterista e difatti ci fa ascoltare alcune sue incisioni recenti con giovani musicisti che ci presenta.

THE GHOSTS AND THE TWENTIES
Francesco Carducci - cornetta
Michael Supnick -
trombone, cornetta
Luca Giustozzi -
trombone
Pino Clementi -
sax alto
Luca Velotti -
clarinetto, sax tenore
Fabiano Pellini -
sax baritono, arr.
Giorgio Cuscito -
pianoforte, arr.
Michele Ariodante -
chitarra
Giancarlo De Paolis -
contrabbasso
Adriano Mazzoletti -
batteria
Clive Riche -
voce


Idolizing (Real Audio di 4:38")
Clementine (WAV 300 KB)
China Boy (WAV 300 KB)
Riverboat Shuffle (WAV 300 KB)

«qui suona Giorgio Cuscito al pianoforte: è un'orchestra che è nata qualche anno fa, con Fabiano Pellini, Michele Ariodante chitarrista, poi Carducci, io, assieme ad altra gente. Volevamo rifare un po' i vecchi dischi di Jean Goldkette (Valenciennes, France, 18 marzo 1899 - 24 marzo 1962), siamo un po' tutti ammiratori di Bix Beiderbecke (Davenport, Iowa, 10 ottobre 1903 - 6 agosto 1931) e di quel genere musicale. Abbiamo fatto questi The Ghosts of The Twenties cioè "I Fantasmi Degli Anni Venti". Erano divertenti, certo non sono gli originali. Gli arrangiamenti sono tirati giù dai dischi, però con un certo rifacimento, ci hanno rimesso le mani, non è insomma un'imitazione: è divertente. C'è Luca Velotti al clarinetto che ho fatto entrare con Paolo Conte, perché Paolo mi ha chiesto un clarinettista, allora gli mandai un nastro con Luca, Giorgio Cuscito, ed io, che suonavo la batteria. Paolo Conte ha sentito il nastro, gli è piaciuto molto Luca Velotti e da allora sono oramai cinque o sei anni che suonano insieme. C'è Fabiano che suona bene, è entusiasmante, in quest'orchestra eravamo in parecchi: 11 musicisti, ma tutti giovanissimi, a parte me e Pino Clementi sax contralto, gli altri erano ragazzi di venticinque, ventisei anni, è incredibile come questo jazz degli anni venti possa essere recepito da ragazzi di venticinque anni! Ascolta, questa orchestra va come un treno! Dunque avevamo due tromboni, uno dei due tromboni suonava anche la cornetta, poi c'era un cornettista, un contralto, un clarinetto e sax tenore, un baritono, pianoforte, chitarra, contrabbasso, batteria e un cantante, l'unico problema di quest'orchestra è che eravamo troppi. Sì, poiché non riuscivamo a trovare degli ingaggi… Ecco c'era anche Clive Rich, poi  Michael Supnick che suona il trombone ed è americano. Clive riesce a cantare nello stile degli anni venti, un po' come Chick Bullock (Butte MT, 16 settembre 1908 - California, 15 settembre 1981), anche Bing Crosby (Harry Lillis Crosby: Tacoma, WA, 2 maggio 1904 - Madrid, 14 ottobre 1977) se vogliamo. Il cantante è inglese, l'accento è perfetto, dietro senti che ci sono dei bei backround. E' il repertorio di Goldkette, anche di Trumbauer (Frank; Trombar, Frank; Tram: Carbondale, IL, 30 maggio 1901 - Kansas City, MO, 11 giugno 1956). E' il repertorio di queste orchestre bianche anni venti che erano orchestre semi jazzistiche. Cioè erano orchestre da ballo, che però suonavano con swing e avevano solisti che prendevano le 32 battute, le 16 battute, e i solisti a quell'epoca erano Bix Biederbecke, Red Nichols (Ogden, Utah, 8 maggio 1905 - 18 luglio 1963), Tommy (Shenandoah, Pennsylvania, 19 novembre 1905 - 26 novembre 1956) e Jimmy Dorsey (Shenandoah, Pennsylvania, 29 febbraio 1904 - 12 giugno 1957), Eddie Lang (Philadelphia, Pennsylvania, 25 ottobre 1902 - 26 marzo 1933), Joe Venuti (Philadelphia, Pennsylvania, 16 settembre 1903 - 14 agosto 1978)...
Poi ti dirò una cosa, feci venire in Italia, per la prima volta, un trombettista che è anche un eccellente scrittore: Dick Sudhalter ha scritto due libri importanti, uno intitolato "
Bix a man and the legend", è la storia di Bix Biederbecke, l'altro libro uscito da qualche mese si chiama "Lost Chords
": è la storia del jazz bianco in America, che è stato sempre un po' sottovalutato, molto sottovalutato. Lui suona la tromba molto bene, ha messo su un'orchestra , dove c'erano: Velotti al clarinetto, Pellini, Rosario Bonacorso al contrabbasso, insomma ha preso Velotti e Pellini e se li è portati in America, e si sono fatti un tour … Questo è bravissimo e Giorgio Cuscito è straordinario, pensa, che ha preso il tenore, ora lo suona benissimo, ha imparato in quindici giorni. Peccato che la batteria non è registrata bene.»

A
scoltando questa orchestra mi ha colpito proprio Mazzoletti che alla batteria "non si risparmia" affatto.
 

Da sinistra a destra: Ettore Zeppegno (A&R man della RCA), Sergio Battistelli, Marcello Rosa, Michael "Peanuts" Hucko e Trummy Young.
Reunion nel
1959 presso la RCA tra la Roman New Orleans e Peanuts Hucko per registrare il disco "Jam Session in Rome". In questi e in molti altri eventi, come la Notte del Jazz, Adriano Mazzoletti ha sempre avuto un ruolo fondamentale riuscendo a catalizzare sempre l''attenzione dei media e delle major.
«Ma sai è il jazz! Il jazz di quell'epoca è più cuore che cervello! A volte… Questo è un pezzo famoso di Bing Crosby (
Mississippi Mud ), lo suonava l'orchestra di Paul Whiteman (Denver, Colorado, 28 marzo 1890 - 29 dicembre 1967). L'unico difetto che hanno queste incisioni? Tutti i pezzi sono presi velocemente, gli originali erano un po' più lenti. Questo l'ha voluto Pellini, per distinguersi un po' e per dare molto ritmo all'orchestra. Il charleston lo suona abbastanza bene, c'è swing. L'abbiamo fatto in un giorno, del tipo "Buona la prima". Senza missaggio, presa in diretta, c'era un microfono panoramico e poi c'era qualche altro microfono…ma senza missaggio, niente. Devo dire, risentendo questo disco dopo cinque, sei anni..è buono. E' meglio di quelli che fa adesso l'orchestra. C'è Michele Ariodante, che è un bravo chitarrista, ha swing, a lui piacciono molto i chitarristi degli anni venti, Eddie Lang, Dick McDonough (1904 - 1938). Ha studiato molto le sequenze armoniche di questi musicisti, devo dire che ha il modo di accompagnare di questi musicisti, che poi il più grande è Eddie Lang, e da lui poi sono derivati soprattutto Dick McDonough e Carl Kress (1907 - 1965)

Gli chiedo se anche Django avesse avuto tali influenze

«Jean "Django" Reinhardt
(Liberchien, Belgium, 24 gennaio 1910 - 16 maggio 1953) è stato un genio assoluto e secondo me è assolutamente impossibile suonare come Django, perché Django aveva un problema: utilizzava solo tre dita sulla tastiera, perciò gli ultimi due, il mignolo e l'anulare erano inutilizzabili, lui utilizzava pollice medio e l'indice, e l'anulare e il mignolo li utilizzava per fare i "barrè", perché praticamente le dita erano paralizzate, ha avuto un buco qui nel dorso della mano, un ferro è andato ad incidere il dorso e gli si è conficcato qui nella mano ed ha perso praticamente l'uso di due dita. Pensa che ha fatto un sforzo incredibile per rifarsi tutta la tecnica, quindi suonare alla Django è quasi impossibile, non ho mai incontrato un musicista, a parte gli zingari francesi che riescono un pochino ad imitarlo, ma è una pallida cosa in confronto. In Italia c'è stato uno, non dico che lo imitasse, però era riuscito quasi…si chiamava Luciano Zuccheri era un chitarrista degli anni '40, ha fatto un quintetto negli anni '40 in Italia, con tre chitarre, violino e contrabbasso, era formidabile, a parte che aveva dei violinisti eccezionali, perché da noi ci sono stati almeno quattro o cinque violinisti di grande livello. Lui era riuscito (Zuccheri) ad avvicinarsi allo stile di Django, infatti, adesso voglio pubblicare i dischi di questo Quintetto Ritmico di Milano. Tutti musicisti che sono un po' dimenticati: cerco di farli conoscere un po' nel mondo, sai questi musicisti erano solo conosciuti da persone che oramai però "sono partite", e quelli che ci sono oggi non li conoscono, allora bisogna farli conoscere. Pensa a quello che ha fatto la Francia per i propri jazzisti: hanno fatto un'operazione pazzesca per il jazz francese, hanno portato alle stelle musicisti di valore, Django, Stephane Grappelli (Paris, 26 gennaio1908 - 1 dicembre 1997), Alix Combelle (Paris, 15 giugno 1912 - Mantes, France, 27 febbraio 1978), ottimo solista di tenore. Secondo me non sono diversi da lui Cottiglieri, o Masciolini (1924 - 1998) anche Andrè Ekyan (Meudon, France, 24 Oct 1907 - near Alicante, Spain, 9 Aug 1972) non è diverso da Franco Mojoli, però questi musicisti italiani sono assolutamente dimenticati, sconosciuti al mondo. I francesi continuano a pubblicare i dischi dei loro musicisti, continuano a parlarne, perché? Perché la critica francese ha fatto un'operazione di grandissimo rigore, nel senso che ha grandemente aiutato questi musicisti e li ha valorizzati, forse anche un po' di più di quello che meritavano, però li ha valorizzati…
Che è successo in Italia? In Italia è successa una cosa stranissima: nel dopo guerra è venuta fuori la rivista
Musica Jazz con Arrigo Polillo, Giancarlo Testoni. Testoni è stato il primo direttore, era una persona molto intelligente e molto colta, ma il guaio è stato con Arrigo Polillo, perché hanno cominciato a dare grande spazio ai dilettanti, bruciando e minimizzando musicisti che avevano cominciato a suonare già negli anni '30, che nel '45, avevano 40 anni, non è che fossero dei "decrepiti", erano musicisti che sapevano suonare molto bene,.. Questi critici italiani hanno scritto tutto su dei dilettanti: facendo addirittura critiche meravigliose su dei personaggi che erano solo degli appassionati, facevano il farmacista, il veterinario, il medico etc., o non so gli studenti, poi scomparivano nel giro di un anno, questo a discapito di tutti gli altri. Allora questo ha causato un problema nel jazz italiano, cioè hanno distrutto i professionisti, i veri professionisti quelli che suonavano, e facevano la professione e che erano in grado di suonare, e bene, nell'orchestra della RAI o nei Night Club ma che erano anche degli eccellenti jazzisti. Sono stati degli ignoranti questi critici, e questa ignoranza li ha portati a dire delle cose sbagliate. Tutta la mia vita l'ho spesa cercando di recuperare la memoria di questi musicisti, attraverso questa collana dei dischi della Riviera, attraverso dei libri: verso la fine dell'anno (2001) uscirà l'ultima, la seconda e ultima edizione del mio "Jazz in Italia", che va dal 1900, cioè dagli inizi, fino agli anni '60, poi negli anni '60 comincia un'altra storia chiaramente…

GIANNI BASSO-OSCAR VALDAMBRINI SESTETTO
(Pescara Jazz Festival - 1972)
E' una vera e propria "All Stars" italiana avvalendosi, oltre che dei due leaders, della partecipazione di alcuni dei migliori musicisti italiani. Basso e Valdambrini costituiscono da quasi vent'anni il binomio più popolare e rispettato del jazz italiano, in cui rappresentano una specie di istituzione. Il complesso si dedica ad un genere di jazz molto avanzato, in linea con le attuali tendenze.

Gianni Basso,
sax
Oscar Valdambrini,
tromba
Franco D'Andrea,
piano
Dino Piana,
trombone
Giovanni Tommaso,
contrabbasso
Gegè Munari,
batteria

Per esempio ho letto anni fa su Musica Jazz delle cose terrificanti: ci meravigliamo molto di vedere due nostri musicisti come Valdambrini come Gianni Basso che suonano nelle orchestre accompagnare i balletti! Ma cosa potevano fare costoro? Dovevano pure portare dei soldi a casa! Non dimentichiamoci che questo era fondamentale, perché ad un certo punto, se Valdambrini e Gianni Basso poi riuscivano a fare il sestetto italiano, il quintetto Basso & Valdambrini, pur suonando le sambe nell'orchestra della RAI per accompagnare Raffaela Carrà o chiunque altro, ma tanto di cappello! Erano dei musicisti di grandissimo valore. Questa gente (i critici) non ha mai capito questo, perché, secondo me, erano dei provinciali, con una mentalità ristretta e questo è stato il dramma! Poi c'è stato un secondo dramma peggiore: è quello di aver voluto imitare, da parte di qualche dilettante, i musicisti d'avanguardia americani, di voler fare l'imitazione di musicisti come Ornette Coleman, Don Cherry, da parte di dilettanti imbroglioni...imbroglioni e dilettanti, perché non c'è peggio di un dilettante, il dilettante la parola stessa lo dice: il dilettante deve starsene a casa a suonare per diletto! Mio nonno suonava il flauto ed era un dilettante, faceva il direttore generale di banca, dicono che suonasse anche bene perché suonava in quartetto flauto, pianoforte, violino, violoncello, faceva delle trascrizioni, ma suonava la domenica a casa per gli amici, non si sarebbero mai sognati di andare a suonare nei teatri, capito, questa è la differenza! Io non me lo ricordo perché ero molto piccolo, mi diceva mio padre, mio padre era anche un pianista, diceva che suonavano bene, cioè suonavano con cognizione, però nessuno di loro si permetteva di mettere il naso fuori dalla porta con il flauto in bocca! Questo è il dramma, perché è stato molto facile imbrogliare. Io ho grande ammirazione per i professionisti, questi ragazzi che stiamo ascoltando sono professionisti, Pellini fa il musicista, Velotti fa il musicista, Supnick fa il musicista, sono professionisti, infatti suonano meglio di qualsiasi dilettante che c'è in giro!

Devo dire che si rimane senza parole ad ascoltare questa testimonianza soprattutto da uno come Mazzoletti che ha vissuto pienamente tutto il fenomeno jazzistico italiano. E' molto meritevole questo lavoro che sta svolgendo con la Riviera Jazz Records e con la prossima pubblicazione del libro, uniche documentazioni ufficiali che rimarranno, in qualche modo, a disposizione del prossimo. Già la prima edizione ha in qualche modo dato l'opportunità a tanti professionisti italiani di essere così riconosciuti per quel che avevano fatto.

«Sto facendo questo lavoro e devo dire che quando uscì il primo libro, che si chiama
Jazz in Italia: Dalle origini al dopoguerra (Laterza, Roma, 1983), ho ricevuto decine di lettere da parte dei professionisti: Nino Impallomeni, Cottiglieri, Ceragioli, Boneschi, delle lettere straordinarie che dicevano appunto questo: tu finalmente con questo libro hai dato dignità a noi musicisti, che per lo stesso fatto che suonavano tutta la vita nelle sale da ballo o qualcuno di loro anche musica classica perché erano in grado di suonare il classico e anche molto bene.. cioè ti ringraziamo per questo, ci hai ridato la dignità che abbiamo perso a causa di persone che non concepivano il fatto che noi potessimo suonare indifferentemente sia per mangiare e poi suonare ed essere in grado di fare anche dei dischi di jazz. Hanno fatto anche dei dischi di grande importanza, mentre invece questi critici non lo hanno mai capito, a parte alcuni di loro. Livio Cerri sicuramente l'ha capito, Roberto Nicolosi l'ha capito benissimo perché anche loro erano dei musicisti, il guaio è quando i critici vogliono scrivere di musica, vogliono essere dei critici e non sanno niente di musica, io non so leggere una partitura lo dichiaro non ho vergogna di dirlo, non mi sono mai permesso di fare il critico jazz, semmai faccio il ricercatore, lo storico, ma non faccio il critico.»

Carlo Pagnotta ha ricevuto il Dottorato in Musica Honoris Causa dalle mani di Larry Monroe, Direttore della Berklee School of Boston che è venuto a Perugia, insieme a Larry Berthune, preside dei corsi della stessa prestigiosa scuola, per prendere parte alla cerimonia che si è tenuta presso il comune della città umbra.
Il Consiglio di Amministrazione della Berklee non è certamente molto prodigo in fatto di lauree ad honorem e Pagnotta è il primo non americano a ricevere toga e cappello. A questo punto vorremmo raccontare una storia iniziata a Perugia nel
1952, quando Adriano Mazzoletti fondò insieme a Pagnotta ed altri amici, tra cui Sandro Poccioli, l'Hot Club. Vennero organizzati dei concerti (Armstrong, Chet Baker, Bill Coleman, Albert Nicholas e altri) e fu costituito un quartetto dell'Hot Club Perugia. Anni dopo, quando Mazzoletti lasciò Perugia per Roma, Pagnotta riuscì a varare la manifestazione che è diventata, insieme a qualche altra, la più importante del mondo: Umbria Jazz.
In occasione della consegna della laurea, così importante per lui, ma anche per il jazz, Pagnotta ha voluto che insieme agli altri, fosse presente quel suo lontano amico perchè, sono sue parole pronunciate nel corso della cerimonia "è con Adriano che abbiamo iniziato il jazz a Perugia".

Nella foto, da sinistra a destra:

Larry Monroe
, Larry Bethune, Giovanni Tommaso (dir. UJ Clinics), Adriano Mazzoletti e Carlo Pagnotta.

Poi il discorso prosegue su Umberto Cesàri, grandissimo pianista che decise spesso di contornarsi di dilettanti per non frenquentare il mondo cosiddetto "ufficiale". Si potrebbe pensare ad un dilettante di lusso ma in realtà in questo caso si è dinanzi a qualcosa di veramente geniale.

«Tuo padre (Cesàri) non era un dilettante, perché tuo padre era un professionista che però non ha mai fatto il professionista, cioè il professionista lo ha fatto molto poco, perché lui si era chiuso in se stesso, e secondo me, tuo padre è un caso molto particolare, tuo padre è stato un genio, però, un genio che non si è voluto esprimere di fronte al pubblico. Raramente ha suonato al top delle sue possibilità in pubblico, lo faceva a casa. Io credo che tuo papà…aveva evidentemente dei complessi, aveva dei problemi di carattere…traumi legati probabilmente alla guerra..ma era un grande, aveva un enorme fantasia…Guarda, io ho conosciuto bene Umberto (Cesari), e l'ho anche frequentato: era un musicista che frequentavo facilmente…ero molto amico anche di Valdambrini, Trovajoli, Sergio Conti, Piero Piccioni, Enrico Rava, e tantissimi altri, però con Umberto c'era una situazione diversa, perché Umberto stava a casa, tu lo trovavi sempre a casa, allora per me era più facile perché andavo lì, lo trovavo, si parlava etc., etc., poi sono stato uno, forse l'unico, negli ultimi anni della sua vita a farlo uscire con la scusa che c'era Stephane Grappelli per un concerto, poi Grappelli non venne, il concerto l'ha fatto lo stesso, Cesari l'ho conosciuto nel
'52, lo feci venire a Perugia a fare il primo concerto, il primo concerto di jazz che ho organizzato nel '52, avevo 16 anni, a Perugia al centro Universitario Musicale. Di fronte ad una sala di cinquecento persone c'erano: Umberto Cesari  che aveva 32 anni, era nato nel 1920 a Chieti, Pepito Pignatelli alla batteria, Riccardo Laudenzi detto Bicicio al contrabbasso, Alfio Galigani al clarinetto che era un musicista di Perugia, e Lilian Terry al suo primo concerto, alla sua prima apparizione in pubblico. Ho la registrazione di questo concerto, che però, purtroppo, è su "filo" e non ho la possibilità di sentirla, perché non ho un registratore a "filo".
Eccolo qua, questo è il primo concerto che ho organizzato in vita mia, e guarda caso con Umberto Cesari. Non so cosa ci sia qui dentro, perché non l'ho più sentito e non ho il registratore, è un filo di metallo, magari si sarà smagnetizzato, non lo so, però se io riuscissi a trovare,.. facciamo un annuncio su Internet, chiediamo se c'è un lettore a filo per sentire questo concerto, riversarlo su un disco e magari pubblicarlo, perché, credo, che qui Umberto suoni benissimo, da quello che mi ricordo, a parte la ritmica, Pepito non suonava un granché bene, Riccardo nemmeno lui era alla sua altezza, però, non erano musicisti da buttare via, mi piacerebbe risentirlo perché sono passati 52 anni.
Filo per registrazioni magnetiche Ergon licenza Castelli, Geloso, forse era un Geloso il registratore, mi fu prestato da qualcuno. Dicevo, l'ho conosciuto (Cesari) nel '52, mi è sembrata una persona assolutamente normalissima, arrivò lì con una bellissima ragazza che si chiamava Gaia Germani, in realtà Giovanna Giardina, e devo dire che era molto carina. Poi ho frequentato molto (Cesari) quando lavorava con la Roman New Orleans Jazz Band. Quello che mi ha sempre meravigliato in Cesari, che era un musicista di grandissimo e altissimo livello, persona estremamente gentile, cordiale, è che voleva suonare sempre con musicisti nettamente inferiori a lui. L'unica volta che credo abbia suonato con musicisti del suo livello, sono state due: una volta in Sicilia con Stephane Grappelli, però anche lì a parte lui e Grappelli il resto non è che facesse scintille, c'era Brando Trequattrini alla batteria, ora Brando era un bravo batterista ma non era eccezionale, poi c'era Toni Albamonte al trombone che era un trombonista siciliano, ma anche lui non è che fosse…, professionisti però, sia Brando che Albamonte, però non erano del livello di Stepfane Grappelli e Cesari. Grappelli aveva una stima enorme per Umberto, enorme, considerava Umberto il miglior pianista con il quale avesse mai suonato. Aveva suonato anche con Oscar Peterson, però diceva che la sensibilità di Cesari era superiore a tutti. Questo mi diceva Stephane…! A parte questo fatto, a parte Stephane e a parte il famoso concerto che gli feci fare alla RAI assieme a Daniel Humair e Giovanni Tommaso, lui ha sempre suonato con musicisti…di livello inferiore…., non ho mai capito, forse non aveva… non lo so, non so come mai lui si "contornava" di musicisti così inferiori…, ci sono dei musicisti che amano "contornarsi" con altri minori a loro per emergere, però non era il caso di Umberto, perché lui non doveva apparire di fronte a nessuno non aveva questo problema, credo che, probabilmente, lui… non lo so, ci ho pensato moltissimo, ma non ne ho mai capito la ragione. Anche questo nastro: è un nastro che è stato fatto ufficialmente a casa sua, perché non ha chiamato un vero batterista e un vero contrabbassista, non so la ragione! O era molto chiuso, allora si "contornava" solo di persone che sentiva "molto amiche", con le quali si trovava bene umanamente al di là della musica, probabilmente è questa la ragione. Lui si trovava con questi. Magari si trovava molto meno con qualche altro musicista professionista, non lo so…forse si può anche dire un'altra cosa: Umberto era un professionista, ma poi era il re di coloro che avevano abbandonato il professionismo per suonare solo per se stessi e per diletto, non in senso dispregiativo, ma in senso straordinariamente alto, cioè la musica come diletto, allora lui, probabilmente, aveva nei confronti di colui che lo faceva per mestiere quasi un senso di rigetto. Mi ricordo che quando lo chiamai a fare quella trasmissione, lui non si occupò minimamente del compenso che dovevano dargli! Adesso, non so quanto ebbe, mi pare un milione, era il '68 un milione era abbastanza, però lui non mi chiese nulla! L'unico problema che aveva, prima di tutto non voleva venire, ho dovuto faticare un mese, poi sono riuscito a convincerlo perché, ed ero in buona fede, gli ho detto che ci doveva essere Stephane, poi all'ultimo momento due o tre giorni prima Stephane ha dato forfait, ha avuto un altro impegno, però io non l'ho detto a Umberto, perché ero sicuro che se lo avessi avvertito lui non sarebbe venuto, così è venuto lo stesso, non so, mi avrà odiato in quel momento, però il concerto l'ha fatto. Allora, voglio dire, Umberto è stato un grande, uno dei grandissimi, e se riusciamo a fare un disco che possa rendergli giustizia, cosa un po' difficile, perché ci vuole ben altro per rendere giustizia a Umberto Cesari, pensa, che ho avuto il coraggio anch'io di suonare con lui, pensa un po' che coraggio, ho anche una fotografia che ci immortala, ti parlo del 1959/60, ero un ragazzino.
Comunque, Cesari è un'altra cosa, Cesari ha una grande qualità: è un musicista di jazz, nel senso più assoluto, peccato non abbia avuto questa capacità di imporsi al livello mondiale. Poi aveva dei problemi diceva delle cose che non stavano né in cielo né in terra. Ma come se le inventava queste cose? Perché ad un certo punto mi dicevo, ma è possibile che Umberto non capisca l'enormità di quello che sta dicendo? Mi sta prendendo per il culo, me lo sono chiesto molte volte, ma forse mi sta prendendo per il culo, mi sta prendendo in giro…una volta mi disse: "sai stanotte mi sono venuti a prendere mi hanno portato con l' aereo in Birmania, mi hanno paracadutato poi  sono venuti a riprendermi… mi hanno trovato mezz' ora fa!". Ma lo diceva serio!! :-) Cazzo, non sapevo cosa dire! Ma è possibile?! Dicevo, Umberto, ma che cazzo dici? Poi ho visto che era talmente convinto, aveva pure ragione, allora dicevo, raccontami, raccontami era divertente! :-)
Voglio fare un bel capitolo su Umberto sul mio libro, voglio dedicargli proprio un bel capitolo.
»

Nel 1990, alla presentazione del 1° Concorso Europeo per giovani talenti del Jazz. Da sinistra: Nunzio Rotondo, Piero Piccioni, Adriano Mazzoletti, Carlo Loffredo
Mazzoletti è stato anche presidente dell'UER (Unione Europea di Radiodiffusione) attraverso cui ha promosso molti musicisti italiani in contesti internazionali.

«Oggi dopo quaranta, cinquant'anni, grazie alla bontà di molti musicisti, e grazie agli sforzi fatti anche da me che molti musicisti sono riconosciuti anche all'estero. Io mi sono molto battuto nell'UER, cioè l'Unione Europea di Radiodiffusione, di cui sono stato presidente per più di vent'anni, forse venticinque. Si facevano due o tre concerti all'anno e io mandavo sempre musicisti italiani, e proprio Trovesi, e lo dice lui stesso, deve tutto a un paio di cose che gli ho fatto fare io, per quanto riguarda la sua carriera all'estero, una a Saint Gerold in Austria dove ebbe un successo spaventoso, e uno a Parigi dove ha suonato in trio con Paolo Damiani e Gianni Cazzola. Sbaragliò tutti, era un doppio concerto, prima di lui c'era Anthony Braxton che aveva fatto venire le "palle" lunghe a tutti i francesi, arrivò Trovesi e fu un successo spaventoso. E devo dire che la bontà di questi musicisti, prima Pierannunzi, Rava, Fresu, Trovesi, Gaslini, poi oggi i giovani: Boltro, Di Battista, Giuliani, Bollani  è molto riconoscuita, hanno preso molto piede all'estero, e se lo meritano. Sono musicisti straordinari, senza togliere nulla a questi "vecchi ragazzi" Trovesi, Rava, Fresu etc., devo dire che oggi c'è un grande interesse per i ragazzi giovani, per Di Battista, per Rosario Giuliani, Bollani, insomma, c'è, lo sento, lo vedo quando giro, viaggio, parlando con dei colleghi delle varie radio europee, c'è un grandissimo interesse. Se la meritano finalmente, la rivincita. Pensa a Kramer, adesso per fare un nome, che è stato il più grande fisarmonicista jazz del mondo, comunque se non il più grande del mondo, sicuramente il primo, non era nemmeno citato da nessuna parte. Ci vuole una grande fatica, perché prima di tutto, non dimentichiamoci che in Italia la discografia di questa gente è proprio miserrima, era un periodo dove non incidevano i dischi, le case discografiche italiane erano soprattutto delle multinazionali, Columbia, Voce Del Padrone, etc., avevano già un loro catalogo di jazz, americano o europeo, quindi dicevano: noi il jazz l'abbiamo, perché dobbiamo far incidere Mojoli? Chi se ne frega! Anche nel dopo guerra, non è che le cose siano state molto migliori, dal '45 al '49, '50, '52, '53 sì...però oramai il jazz degli anni venti era perduto.»

A questo punto richiamiamo la jam session realizzata da Aldo Masciolini, Sergio Battistelli, Miro Graziani, Riccardo Laudenzi, ed Ermanno Angeli al rientro da Roma proprio da una incisione organizzata da Adriano Mazzoletti.

«Mi ricordo che volevo che venisse anche Riccardo Laudenzi, ma non venne a fare l'incisione, non so per quale ragione ma non venne. Ricordo che chiesi a Sandro Poccioli, che era un mio grande amico di Perugia, lui suonava la batteria, di far venire Masciolini, lui, Miro Graziani, Laudenzi e Battistelli ovviamente. Feci venire Masciolini da Padova, Miro (Graziani), Sandro (Poccioli), Sergio (Battistelli) era già a Roma e questo bassista da Perugia che si chiamava Ermanno Angeli. Erano tutti quanti un po' strani. Registrammo "I cried for you" in un pomeriggio. Ecco un'altra cosa che non ho capito perché tuo padre quel giorno a Roma non è venuto col tenore. Perché, ti dico sinceramente, lo preferisco al tenore che al clarinetto, al clarinetto è un po' anonimo, al tenore, invece, aveva una personalità.»

18 dicembre 1993
Presentazione del libro "
La città del jazz" di Nando Giardina.
Da sinistra: Romano Prodi, Nando Giardina, Adriano Mazzoletti e l'Assessore alla Cultura di Bologna.

Anche mio padre aveva le sue convinzioni tanto che ricordo nel '58, rifiutò un cospicuo e importante ingaggio nell'orchestra della RAI, ma non ricordo chi lo chiamò.

«Era nel '58, con Trovajoli! Sicuramente, con Trovajoli, perché, ti spiego: Trovajoli nel '58 fece l'orchestra alla RAI: voleva Masciolini, perché Armando lo conosceva già da Assisi. Armando frequentava moltissimo Assisi, lui voleva Masciolini! Fu costretto a prendere Cianfanelli, perché Masciolini non venne, sono sicurissimo! Se era nel '58 allora è sicuro, era Trovajoli che lo voleva, e lui ha rinunciato, così fu costretto a prendere Cianfanelli che era un tenore "vecchio stile", non era un tenore…peccato, perché avrebbe avuto tutta un'altra vita. Tutti quelli che hanno suonato con Trovajoli si sono piazzati…alla grande, hanno fatto dei miliardi, lo sai anche tu, perché calcola che loro lavoravano quattro ore al giorno alla Rai, dopo le quattro ore scattavano le seconde e terze prestazioni. Sergio Conti, il batterista, mi ha fatto vedere la sua busta paga nel
1975 otto milioni al mese! I contratti degli orchestrali erano quattro ore, e poi scattava la terza prestazione, e sai cosa facevano…perché le ore passavano...Si giocava :-), "e sto pezzo tocca rifarlo non è venuto bene", la seconda, poi terza…
Mah, chiederò ad Armando, ma sicuramente è così, perché questo Cianfanelli nell'orchestra d'Armando non mi ha mai convinto, era un buon tenore ma negli anni '30, suonava con Barzizza


E
così continuiamo a trascorrere questa bella giornata in compagnia di Adriano Mazzoletti e rimaniamo fino a tarda notte ad ascoltare musica, a parlare, a ricordare. E così si parla di quella volta che "stipati" in una 500, nel '55, Mazzoletti, Miro Graziani e Sandro Poccioli andarono da Roma a Perugia per ascoltare Gerry Mulligan, rientrando alle sei di mattina esausti ma appagati. O di quando Miro (Graziani) per l'emozione prima di un concerto invece di mettere lo zucchero nel the di Adriano lo mise nel suo whisky, incazzandosi, ricordiamo anche altri personaggi come Piero Angela e Piero Piccioni ecc...
I
nfine, a notte inoltrata, ci salutiamo contenti di essere stati assieme e consapevoli che bisognerebbe sempre andare avanti, che non si può vivere nel passato, ma non bisogna dimenticarlo o, peggio, ignorarlo.
 






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inserito il 30/05/2010  da MAVICH81 - visualizzazioni: 5280


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COMMENTI
Inserito il 13/6/2008 alle 19.15.37 da "bruone"
Commento:
Buonasera Signor Mazzoletti se vuole riversare i brani musicali registrati su filo,io posseggo un registratore a filo della webster chicago,naturalmente gratis.
 
Inserito il 16/9/2008 alle 15.46.12 da "micmac"
Commento:
Ho la necessità di recuperare una vecchia registrazione sonora (sperando
non si sia smagnetizzata nel frattempo) incisa su una bobina a filo
con un apparecchio Webster.
Come posso fare? Mi trovo a Bologna.
Grazie.
mm
 

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Data pubblicazione: 10/11/2001

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