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Il Jazz a Torino
di Gian Carlo Roncaglia

L'autunno del 1978
Aneddoti (più o meno alcolici) di grandi nomi e nuovi talenti

Nell'autunno del 1978 Torino e il Piemonte non ebbero nulla da invidiare, in fatto di jazz, alle altre città e regioni che a questa musica dedicavano sistematicamente attenzione (e denaro, naturalmente) nella stagione estiva, con manifestazioni sostenute da Enti turistici e in vari casi anche dagli Assessorati alla Cultura.
 
Spiccò fra tutti il Jazz Club Torino, dietro le cui quinte torreggiava la figura di Sergio Ramella, sorriso mefistofelico e sempiterno toscano fra le labbra, che faceva da patron grazie soprattutto alle sue connessioni con le amministrazioni pubbliche, di cui condivideva gli orientamenti politici.

Il festival Autunno Jazz '78 fu un grosso, indiscusso successo per il Jazz Club, anche perché si svolse in un momento in cui, in Italia, per gli appassionati di questa musica non c'era proprio nulla. La rassegna si sviluppò tra Ivrea e Alessandria, Biella e Novara, senza ovviamente tralasciare Torino, ed ebbe protagonisti del calibro di Dexter Gordon e Kai Winding. Del primo i presenti ricordano che il sassofonista entrò sul palco annunciando la sua sigla, "Secret Love" (già cavallo di battaglia di Frank Sinatra e di Doris Day, che anzi con questa canzone vinse un Oscar per la sua interpretazione di Calamity Jane), ma che presentando il brano ondeggiava paurosamente sul bordo del palco, tanto da indurre i fotografi a mollare le fotocamere e tendere mani e braccia preparandosi all'apparentemente inevitabile caduta del sassofonista. La dose di whisky non era stata però tale da compromettere del tutto l'equilibrio di Dexter il quale, imboccato lo strumento, scrisse un'altra pagina indimenticabile della sua arte.

Nello stesso periodo, comunque, nacquero a Torino non pochi sodalizi jazzistici, dall'Arci Jazz alla Cooperativa Contromusica, collocata dall'onnipresente Ramella "chez AICS" (il contraltare di matrice socialista dell'Arci) coinvolgendo il rinato Jazz Club; la 011 Jazz Promotion, animata da un medico-batterista, poi sindacalista, consigliere comunale e agopunturista. Senza trascurare la già rammentata CMC, che aveva trovato dignitosa sede presso il Teatro Araldo della parrocchia di San Bernardino in Borgo San Paolo; il neonato Centralino Club di Via delle Rosine, sito in un delizioso teatrino del Settecento; o il Club Exiris, vicino al Valentino, che privilegiava le proposte delle giovani leve cittadine sempre più affollate di talenti, fra i quali non possiamo non ricordare almeno quelli ormai noti anche oltre frontiera: Alberto Ponissi, Furio Di Castri (all'epoca talmente noto da essere indicato solo come "Marco"), Luciano Bertolotti, Claudio Bonadé, Giulio Camarca, Paolo Dutto, Enrico Fazio, Tiziana Ghiglioni (la quale afferma, nelle sue note biografiche, di aver iniziato nel '79 con Giorgio Gaslini cancellando così le sue esperienze, precedenti di sei-sette anni, con l'orchestra del "patriarca" Renato Germonio), Claudio Lodati, Maurizio Mallen, Aldo Mella, Marco Parodi, Mario Petracca, Luca Rigazio.

Da non trascurare però la presenza di non poche figure storiche del jazz piemontese, dal trombonista Roberto Andreoli al percussionista Bruno Astesana, di casa alla Berkeley School di Boston; il chitarrista Giulio Camarca (che proprio alla Berkeley verrà invitato per tenere un seminario sullo strumento); il clarinettista Gigi Cavicchioli, il trombettista Pippo Colucci; il sassofonista vercellese Gianni Dosio creatore e da oltre trent'anni direttore della Vercelli Jazz Filarmonica, il pianista astigiano ma torinese a tutti gli effetti, Gianni Negro; il flautista Dino Pellissero, il pianista Aldo Rindone, il chitarrista Pino Russo, lo "storico" batterista Carlo Sola (in America allievo di Cozy Cole); e il più "storico" di tutti, il clarinettista Beppi Zancan, alfiere del jazz tradizionale come pochi in Europa.

Tutti personaggi ancora sulla scena, ai quali se ne sono via via uniti almeno altrettanti che si sono pienamente meritati i galloni confermandoli spesso al di là delle Alpi e anche dell'Oceano.
Basterebbe citare Flavio Boltro, già soprannominato "Dizzino" per la maestria dimostrata durante un memorabile Eurojazzfestival a Ivrea, con il grande Freddie Hubbard fra i protagonisti con la sua tromba. Freddie (come molti grandi) aveva accettato di suonare un set con Boltro, e gli aveva mostrato con nonchalance la mano che indicava quattro dita: era l'indicazione perentoria di suonare "quattro misure" a testa. Flavio ribatteva tranquillamente e con scioltezza alle quattro misure di Freddie, e al pubblico che assisteva al concerto dai schermi televisivi piazzati nell'atrio per far fronte alla grande affluenza venne proposto un giochino: indovinare, ovviamente senza guardare lo schermo, chi dei due stesse suonando in quel momento. Da non crederci: il più delle volte venivano scambiati.
Alla fine del concerto, Hubbard propose a Boltro di seguirlo in America, ma il giovane trombettista, sposo novello, voleva rimanere a Torino. Solo anni dopo se ne andò a Parigi. Ma anche questa è un'altra storia.

13. Tra avanguardia e New Orleans

15. Gli anni ottanta







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Data ultima modifica: 05/01/2008

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