L'avventura degli "Infernotti"
All'arrivo degli anni Ottanta il Jazz a Torino e in Piemonte aveva ormai un saldo diritto di cittadinanza. I contributi dei Comuni, della Provincia di Torino e della Regione Piemonte erano divenuti una sorta di diritto acquisito, non scritto ma sul quale i promotori sapevano di poter fare affidamento. Ivrea era ormai una certezza nel panorama jazzistico italiano, e sulle rive della Dora arrivavano i giornalisti delle maggiori testate. Nel '79 furono incuriositi, anche, dalla presenza di uno strano "Jazz and Rock Ensemble" nome, nelle intenzioni, allettante anche per i non intenditori, proposto addirittura dal Goethe Institut, "garantito" dai nomi insigni dei protagonisti, e che si rivelò invece una vera patacca.
Il Jazz, quello vero, continuava a diffondersi ed i concerti si accavallarono sino all'autunno e alla nuova edizione di
Piemonte Autunno Jazz, che debuttò a Cuneo con Freddie Hubbard. Anche in quella occasione il musicista si rivelò grande solista, nonostante il fatto che, nel non lungo tragitto fra l'aeroporto di Caselle e Torino, il trombettista di Indianapolis si fosse scolato a garganella la bottiglia di
Grand Marnier comprata al Duty Free, oltre a quattro lattine di birra che, una volta vuote, aveva lanciato direttamente dal finestrino dell'auto così rispondendo alle preoccupate raccomandazioni dell'autista: "Ma io guardo che non stia arrivando nessuno!" Per fortuna la bottiglia, ormai vuota, fu dimenticata nell'auto… La rassegna itinerante toccò anche Biella, Casale e Ivrea, con gruppi e solisti del calibro di Bill Evans.
La ripresa autunnale portò varie novità. Il Teatro Zenith, troppo periferico, fu sostituito con una sede prestigiosissima all'interno di Palazzo Carignano, uno spazioso locale adibito a teatrino e sito ben due piani sotto terra, in quelle antiche cantine che a Torino sono chiamate "infernotti" (per via della vicinanza con gli Inferi?), da cui il nome del locale stesso.
Al teatro degli Infernotti l'Arci Jazz e il Jazz Club Torino
si fusero, dando vita a quel Centro Jazz che è tuttora una delle più prestigiose organizzazioni italiane sia nel campo delle proposte concertistiche sia in quello della didattica.
Agli Infernotti si esibirono i più noti jazzmen europei e americani. Fra questi il celebre sassofonista Bob Wilber, che doveva arrivare in treno da Milano assieme alla moglie. Poiché non si sapeva se sarebbe sceso a Porta Susa o a Porta Nuova, due "attivisti" furono spediti alle due stazioni, muniti di foto di Bob che comunque sarebbe stato riconoscibilissimo per via delle custodie dei sassofoni che portava a tracolla. All'ora prevista, però, nessuno lo vide, con grande e comprensibile panico degli organizzatori. All'improvviso, Wilber comparve, tutto solo: la moglie, spiegò, era stata colpita da un malanno passeggero, e lui aveva dovuto organizzare il suo ritorno a casa, in Inghilterra, dove avrebbe ricevuto le cure necessarie.
Quando gli organizzatori si offrirono di rimandare il concerto, Wilber tagliò corto: "I'm a professional!", e chiese di vedere subito la sezione ritmica che da tutto il giorno lo aspettava per le prove. Al piano sedeva, un po' tremebondo,
Dick Mazzanti, che mostrò a Wilber l'elenco dei pezzi in repertorio: il sassofonista ne scelse una dozzina, e diede inizio a uno dei più entusiasmanti concerti vissuti agli Infernotti.
Di avventure come queste è costellata la storia del Jazz quando a organizzare non è una professionale, algida organizzazione, ma un gruppo di appassionati che mettono a disposizione tempo, lavoro (e denaro). Fu grazie a questi appassionati che si diede vita ai
Punti Verdi, inventati dall'Assessore alla Cultura Giorgio Balmas ben prima che a Roma lo facesse il suo collega
Nicolini. Ma si sa, sulla carta geografica jazzistica e culturale italiana al posto del Piemonte c'è scritto "Hic sunt leones", o anche "Terra incognita"… E lo stesso Balmas, studioso e cultore di musica classica, aveva inserito del jazz d'avanguardia anche nel programma di
Settembre Musica. Quanta strada da quando gli inservienti del Conservatorio guardavano inorriditi le mani del nero
Dollar Brand temendo che potessero rovinare o contaminare il prezioso Steinway grancoda!
Intanto, il Centro Jazz continuava a portare sul palco del suo teatrino artisti come Chet Baker e David Murray,
Abbey Lincoln e Max Roach, Mal Waldron e Archie Shepp, Elvin Jones e tanti altri.