Il Jazz a Torino
di Gian Carlo Roncaglia
Tra
avanguardia e New Orleans
La seconda metà degli anni Settanta e i "Punti Verdi"
Né mancavano, anche a Torino, le iniziative del poliedrico Sergio Ramella
e della sua Cooperativa Contromusica, così che l'8 maggio fu addirittura bloccato il traffico in Via Roma per consentire la sfilata della
Eagle Band, arrivata apposta da New Orleans con in testa il pianista Alton Purnell
con il tradizionale ombrellone variopinto, così consueto nelle Marchin' Bands
della Crescent City alla foce del Mississippi.
La sera, in un Teatro Nuovo "pieno da scoppiare", come scrisse Polillo, il concertone cui parteciparono molti personaggi del jazz quali
Barney Bigard, ellingtoniano, e Benny Carter (il signore del sassofono che prima dell'esibizione, con olimpica calma, girò al contrario tutte le telecamere, messe lì apposta per lui ma non pattuite in precedenza), che proposero un grande jazz che per il vero con New Orleans aveva poco da spartire.
Alla fine ricomparve la band del pomeriggio che sfilando fra il pubblico suonò l'immancabile "When the Saints Go Marchin' In" nel tripudio degli innamorati del jazz d'antan.
Nettissimo il contrasto con la rassegna organizzata al Teatro Araldo (una sorta di depéndence della parrocchia di San Bernardino in Borgo San Paolo) a cura della CMC. Che oltre a mettere sul palco i musicisti della cooperativa propose anche personaggi come
Steve Lacy o Steve Potts, Tristan Honsinger e altri della stessa caratura senza che la stampa cittadina desse alcuna notizia dell'iniziativa col risultato di ottenere, da parte degli organizzatori sanguinose proteste che avevano come bersaglio il "batterista-giornalista
(non nominato, ma si trattava chiaramente di Franco Mondini) che a sua ventura e disgrazia di tutti si è arrogato il diritto di ricoprire la carica di ‘esperto di jazz…"
Erano però in gestazione i famosi "Punti Verdi" estivi, che l'Assessore alla Cultura del Comune,
Balmas, aveva ridistribuito fra i Parchi Sempione, Tesoriera e Rignon. Un budget ridotto all'osso, tanto da provocare più che giustificate critiche indirizzate in special modo "…al Sindaco della città
Diego Novelli, vecchio e sincero appassionato di jazz".
Come a Pescara l'anno precedente, i "contestatori" fecero la loro rumorosa comparsa occupando il palco del Rignon e –come si scrisse all'epoca- "minacciando la fine di tutti i Punti Verdi a cominciare da quello che avevano "occupato" se nono fosse stato subito liberato un loro compagno arrestato nel pomeriggio". Solo le decise reazioni del pubblico riuscirono a emarginare i ragazzotti autori della bravata, consentendo a Shelly Manne e al suo quintetto di far godere della loro musica. Nel parco che prende il nome dalla villa La Tesoriera, già rifugio discreto degli amori extraconiugali di Vittorio Emanuele II, e che non è più alla periferia di Torino sulla Strada di Francia, ma è ormai quasi nel centro della città, si sono susseguiti musicisti e gruppi congegnati dalla CMC, dal duo
Gunther Hampel–Jeanne Lee a variegate combinazioni che vedevano addirittura Furio Di Castri esibirsi al sax soprano.
Il pubblico, fatto in gran parte di anziani spettatori venuti al parco a cercare un po' di frescura, dimostrò chiaramente di non gradire quanto gli veniva somministrato (il termine è appropriato), così che dopo il duo
Gunther-Jeanne ("compreso il figlioletto caracollante sul palco a fare i suoi estemporanei numerini", venne poi scritto), i gruppi successivi furono costretti a esibirsi quando una larga fetta del già non numeroso pubblico se n'era andata. Troppa creatività aveva fatto le sue vittime, e un'anziana signora che aveva stoicamente resistito fino alla fine si lamentò col giornalista che aveva seduto a fianco: "...sì, sì, sono stati bravi, ma la loro musica per me è incomprensibile. Ecco, almeno ‘Valencia' me la potevano fare!" e se ne andò scuotendo mestamente la testa canuta e dotata di regolamentare cappellino, ché le signore senza cappello, soprattutto a uno spettacolo serale, non sono mica per bene… Era alle porte l'esodo estivo verso mari e monti di una città che ancora non conosceva i problemi della cassa integrazione, dei prepensionamenti, degli "esuberi", e in cui l'impiego appariva sicuro sia a Mammafiat, che sfornava auto come fossero cioccolatini, sia nelle aziende direttamente dipendenti da tale "mamma". Stavano avvicinandosi i giorni nei quali l'unico argomento di conversazione sarebbe stato dove l'interlocutore sarebbe andato "a passare le ferie".
E anche il jazz, per un paio di mesi, se ne andò in vacanza.
12/12/2018 | Addio a Carlo Loffredo, tra i padri del Jazz in Italia: "Ho suonato con Louis Armstrong, Dizzy Gillespie, Django Reinhardt, Stephan Grappelli, Teddy Wilson, Oscar Peterson, Bobby Hachett, Jack Teagarden, Earl "father" Hines, Albert Nicholas, Chet Baker, i Four Fresmen, i Mills Brother, e basta qui." |
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Data ultima modifica: 05/01/2008
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