Il Jazz a Torino
di Gian Carlo Roncaglia
Troppo pochi
denari...
Nella seconda metà degli anni Settanta, a fronte di un crescente interesse da parte del pubblico, non manca la creatività, ma scarseggiano i fondi e talvolta i Festival si devono accontentare di essere rassegne...
Alla vigilia del 1978 le proposte jazzistiche all'ombra della Mole dimostrarono un'intatta, vivacissima presenza che la
Seconda Rassegna Internazionale del Jazz apertasi al Teatro Pellico in Via delle Rosine e proseguita fra il 9 e il 10 novembre all'Auditorium della Rai dimostrò essere una realtà indiscutibile per la gioia degli appassionati pedemontani. Certo, come scrisse allora
Arrigo Polillo presente alle tre serate e appassionato, come sempre, delle buone cose, "c'erano troppo pochi denari per consentire di presentare un festival jazzistico delle dimensioni di quello dell'anno scorso …" cosicché più che di un festival si poté parlare di "rassegna", anche se si iniziò con la sortita del
Ragtime Ensemble
di Torino, col quale il clarinettista Gigi Cavicchioli ripropose i motivi del Ragtime orchestrale con rigore filologico, seguito le sere successive dal pianista
Randy Weston, dall'inossidabile Gianni Basso e dall'esibizione di Art Farmer. Il meglio – scrisse ancora Polillo - venne nella terza serata con il quintetto del batterista Elvin Jones con il sassofonista
Pat La Barbera (il quale continuò a rimbeccare chi si ostinava a pronunciare il suo cognome all'americana, Labàrbira, sottolineando che lo si doveva chiamare "La Barbèra", essendo i suoi genitori di origine piemontese), e con il quartetto di
Roswell Rudd con Enrico Rava, che durante la sua permanenza a New York (dove dovette vivere dei proventi del lavoro di baby sitter della moglie) era diventato amico del trombonista. L'auspicio del recensore, in quella occasione, fu "… che gli enti locali possano allargare i cordoni della borsa affinché la manifestazione sia tale per davvero, com'è stato confermato da un pubblico che ha garantito il tutto esaurito in tutte le tre sere".
Torino, d'altronde, mostrava che l'interesse per il jazz non era una faccenda marginale, se il "Pentagramma Jazz –The Specialist Jazz Shop" di Via Monte di Pietà pubblicizzava su
Musica Jazz (allora l'unico periodico italiano ad occuparsi di musica afroamericana) il suo assortimento di spartiti jazzistici e di trascrizioni di assoli dei grandi di questa musica, come John Coltrane e Ornette Coleman, e di libri sul tema, come il leggendario
Bird: The Legend of Charlie Parker di Reisner o l'altrettanto famoso
From Satchmo to Miles di Leonard Feather. Non era più necessario, insomma, andare a Milano per trovare ciò che si cercava: bastava recarsi nel negozio all'angolo con Via San Francesco d'Assisi.
Ci si mise persino il Goethe Institut a portare a Torino un musicista dell'avanguardia tedesca, il trombonista
Albert Mangelsdorff. Il concerto ebbe luogo al Conservatorio Giuseppe Verdi, mentre la già rammentata C.M.C. (Cooperativa per la diffusone della Musica Creativa) esplodeva con le sue proposte frutto della presenza, nel sodalizio, di una trentina di musicisti fra i quali figuravano personaggi destinati a grande notorietà, come il contrabbassista Furio Di Castri, il solista di sax
Alfreso Ponissi, oltre agli attivissimi Actis Dato, Lodati,
Fazio e Sordini, e molti altri, che portarono, tutti, il nuovo "verbo" musicale anche nei quartieri più periferici della città.
Non solo. A Ivrea, città dalla quale per molti anni partirono pullman organizzati da
Adriano Olivetti per portare i dipendenti a Torino a vedere l'opera, nacque quell'EuroJazzFestival
che al Teatro Giacosa trovò ospitalità e calorosissimo pubblico proponendo solisti e complessi dalla Polonia, dalla Germania, dalla Jugoslavia e da altre lande per una tre giorni in cui anche il jazz italiano seppe fare egregiamente la sua figura. "Arrivederci al prossimo anno", venne scritto come commento finale dal recensore che, memore dell'accoglienza riservata ai tanti appassionati giunti anche dalle province vicine, chiudeva con un "Grazie, ospitalissima Ivrea!" che ci stava proprio a fagiolo.
12/12/2018 | Addio a Carlo Loffredo, tra i padri del Jazz in Italia: "Ho suonato con Louis Armstrong, Dizzy Gillespie, Django Reinhardt, Stephan Grappelli, Teddy Wilson, Oscar Peterson, Bobby Hachett, Jack Teagarden, Earl "father" Hines, Albert Nicholas, Chet Baker, i Four Fresmen, i Mills Brother, e basta qui." |
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Data ultima modifica: 05/01/2008
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