Stefano Benini
"Il Flauto Jazz"
La Storia, i Protagonisti, il Repertorio,
il Metodo
Prefazione di Sam Most
245 Pagine, Ed. Curci Jazz
A diciotto anni di distanza da "Il Flauto e il Jazz",
Stefano Benini pubblica per la Curci Jazz questo nuovo lavoro, "Il Flauto
Jazz", un'opera di straordinaria ricchezza che per qualità e contenuti è destinata
a diventare il punto di riferimento per tutto ciò che riguarda il flauto e la musica
improvvisata.
Nelle 245 pagine che compongono il libro, Stefano Benini
mette a disposizione del lettore il suo incredibile lavoro di ricerca che egli ha
condotto con entusiasmo documentandosi e viaggiando in tutto il mondo per incontrare
di persona i principali protagonisti della storia del flauto jazz.
Il risultato di tale profonda ricerca si traduce in un'opera
che affronta l'argomento a tutto tondo, dove nulla è tralasciato e tutto è curato
nei minimi dettagli. Il racconto della storia e dell'evoluzione del flauto jazz
parte dai primi del Novecento per arrivare ai giorni nostri; e Benini è in grado
di parlare di tutti i flautisti che hanno contribuito all'affermazione del flauto
nella musica improvvisata. I grandi protagonisti del flauto jazz (Herbie Mann,
Sam Most, Eric Dolphy solo per citarne alcuni) ci vengono inoltre
raccontati attraverso accurate biografie che, spesso, l'autore ha ricostruito direttamente
con i personaggi in questione, immagini fotografiche e frammenti di assoli.
L'analisi dell'attuale panorama del flauto jazz è quanto
mai esauriente, e comprende capitoli dedicati all'utilizzo del flauto in contesti
etno jazz, latin e rock, e al flauto in Brasile. Menzione speciale meritano il sorprendente
capitolo dedicato alle figure femminili e quello dedicato ai flautisti attivi in
Europa: l'autore suddivide questi ultimi analizzando una per una le principali nazioni
europee, portando alla luce il lavoro di flautisti finora poco conosciuti.
Di ottimo fattura storiografica anche il capitolo dedicato
al fauto jazz in Italia: oltre a ricostruire il percorso che ha portato all'affermarsi
del flauto jazz nel nostro paese, Benini inserisce le biografie complete e le fotografie
dei flautisti italiani attivi ai giorni nostri, tracciando così il quadro completo
della situazione italiana.
Fondamentale, inoltre, la presenza a fine libro di una
sterminata discografia che comprende tutti i dischi realizzati dai flautisti italiani
e stranieri, nonché una lista di testi e materiale didattico per lo studio del flauto
jazz. E proprio a proposito di didattica, merita un plauso la vasta parte del libro
dedicata appunto alla didattica. Capitoli che comprendono un'introduzione al metodo
con esercizi riguardanti fraseggio, staccato e legato, accenti e uso della voce
(humming); una ampia sezione dedicata ad assoli trascritti, di grande importanza
didattica e storica, che a partire da "Shootin' the Pistol" registrato nel 1927
da Alberto Socarras arrivano fino alla Bourée di Ian Anderson, pietra miliare del
flauto rock.
Infine, ad impreziosire il tutto, troviamo un chiaro ed
efficace capitolo dedicato ad appunti di armonia jazzistica, fondamentale per chi
si avvicina al mondo dell'improvvisazione, in cui Benini sorprende per la chiarezza
con cui riesce a spiegare accordi e relative scale.
E' un'opera di grande valore storico, realizzata e curata
in maniera impeccabile. Un libro indispensabile per gli amanti del flauto, per i
cultori del jazz e per gli addetti ai lavori, ma che non mancherà di appassionare
anche il lettore più comune.
Michele Gori
per JazzItalia
In
occasione dell'uscita del suo nuovo libro "Il Flauto Jazz" (Curci Jazz), incontriamo
Stefano Benini, da anni riconosciuto come uno dei principali flautisti jazz
in ambito italiano ed europeo.
Come e perché è nata l'idea di realizzare questo nuovo
lavoro?
Per anni dopo il primo libro ho continuato a raccogliere materiale e a scrivere
di flauto jazz e credo che i tempi fossero maturi per un nuovo lavoro.
Come sei riuscito ad affrontare da solo un argomento così
vasto e ancora poco esplorato?
Non mi sono posto il problema di come affrontarlo perché la mia curiosità era
tale che mi ha fatto da motore di ricerca e quindi mi sono rimboccato le maniche.
Quando è cominciato il tuo interesse per il flauto jazz?
L'interesse per il flauto jazz è iniziato subito dopo il diploma al conservatorio
e quasi in contemporanea mi è nata la voglia di conoscere l'evoluzione dello strumento.
Hai incontrato tutti i più grandi protagonisti del flauto
jazz. Qual è stato l'incontro più emozionante o significativo?
Ognuno di loro ha una personalità forte e ha saputo coinvolgermi con il racconto
della sua vita musicale.
Quali sono stati i flautisti che maggiormente ti hanno
ispirato?
Sicuramente Herbie Mann, Sam Most e Bobby Jaspar.
Al di fuori dei flautisti, quali sono i jazzisti che hai
maggiormente ascoltato e che ascolti tutt'ora?
Io amo musicalmente
Bill Evans
e Dexter Gordon, colleziono tutte le loro registrazioni.
Come valuti la situazione attuale del flauto jazz in Italia?
La situazione è in netto miglioramento, per anni in Italia eravamo veramente
in pochi a suonare il flauto jazz, ora siamo sempre in pochi ma in aumento. Ho dedicato
un capitolo del nuovo libro ai flautisti italiani. Mi piacerebbe che anche le riviste
specializzate nel jazz dessero il dovuto rilievo al fenomeno, perché credo che l'attuale
panorama flautistico italiano abbia in alcuni giovani come te per esempio o Stefano
Leonardi, Carlo Nicita, Elvio Ghigliordini, solo per fare alcuni
nomi, dei validi esponenti.
Che consigli daresti ad un giovane flautista desideroso
di avvicinarsi alla musica improvvisata?
Quando ho iniziato io a suonare il flauto jazz non c' era niente, né metodi né
trascrizioni, ed era difficile trovare dischi. Ora per fortuna si trova di tutto.
Io penso che le cose essenziali per avvicinarsi alla musica improvvisata sia di
ascoltarla per capire quello che si cerca. Credo che oggi esistano dei validi percorsi
per avvicinarsi all'improvvisazione,che non necessariamente deve essere in stile
jazz, ma i nel senso più globale del termine.
Perchè spesso i flautisti classici "sconsigliano" agli
allievi di studiare jazz? E' vero che per suonare jazz col flauto bisogna avere
un "brutto suono"?
Il perché francamente non lo so, credo che sia un fattore di non cultura. L'improvvisazione
è una delle cose che manca nell'insegnamento della musica classica. Che il flauto
jazz sia abbinato al suono brutto è un luogo comune, basti pensare a Hubert Laws,
anche se personalmente, per una questione di sound, preferisco il suono"sporco".
L'insegnamento della musica jazz è ormai approdato nei
conservatori, che cosa ne pensi? Credi che in futuro anche il flauto jazz avrà un
suo insegnamento specifico in ambito accademico?
Io credo che sia una cosa molto bella e positiva anche se sono convinto, e lo
so con certezza perché conosco molti ragazzi che hanno frequentato quei corsi, che
non si impari a suonare il jazz. Sono altre le componenti che ti fanno "imparare",
se così si può dire, il jazz. Comunque la strada è quella giusta e spero che si
arriverà con gli anni a smussare gli angoli e a far diventare i corsi jazz del Conservatorio
una cosa importante e indispensabile ad ogni musicista.
Quali sono i tuoi attuali progetti musicali?
Attualmente lavoro con il pianista Andrea Tarozzi ed ho anche un trio
dove suono il didjeridoo,uno strumento che da tempo abbino alle sonorità del flauto.
Prossimamente mi piacerebbe fare un omaggio a Thomas Chapin, una delle figure
di spicco dell'avanguardia Newyorkese prematuramente scomparso. Poi ho sempre il
sogno nel cassetto di fare un progetto con tre, quattro flauti più la ritmica… chissà.
E i tuoi progetti per il futuro?
Altri progetti riguardano la didattica, mi piace molto tenere Master sul
flauto jazz, e spero di poter incrementare questa passione.
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Data pubblicazione: 13/05/2010
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