All'interno di scenari musicali in costante evoluzione è ormai scomparsa 
la conflittualità tra "generi": pressoché tutti possono convivere grazie ai nuovi 
impulsi creativi provenienti da un mondo sempre più vasto. Non a caso la figura 
dell'artista "ambivalente" non è più una rarità: molto è cambiato nell'approccio 
strumentale e vocale ma soprattutto nella mentalità dei musicisti stessi. 
Il sound proposto mantiene inalterata la sua purezza e le timbriche insite 
in pentagrammi apparentemente distanti per stile e cultura di provenienza ma che 
offrono, in realtà, interessanti impulsi a nuove percezioni.  
 
  L'intuizione della sintassi jazzistica, la vitalità 
emozionale, la sensibilità interpretativa, sembrano essere gli elementi essenziali 
del percorso di ricerca interiore e di comunicazione dell'io profondo, con discrezione 
sottesi all'ideazione dell'album. 
Rotondità delle forme, cura della descrittività, istanti evocativi, vengono 
sottolineati dalla brillante vocalità di Virginia Viola e dagli arrangiamenti 
di Quique Sinesi, di Simone Zardini e di Stefano Caniato: prendono 
corpo in forma di espressioni che fondono e compenetrano repertori diversi senza 
contraddizioni; nel farlo, il gruppo sembra ben intendere dove finisca l'uno e dove 
inizi l'altro, riflettendo la cultura del nostro tempo nel costante progresso artistico 
e tecnico legato a brani quali "You Don't Know What Love 
Is", indimenticata ballad di Don Raye e Gene De Paul, 
"Up jumped Spring" di Freddie Hubbard, 
così come nel tradizionale cubano "Duerme negrito" 
o nell'intensa e luminosa "Alfonsina y el mar", 
dove Zardini amalgama nell'arrangiare la tradizione colta ad affascinanti 
armonie della Latinoamerica. 
E a chiudere i profumi delle terre attraversate da "First Throw", 
una rilettura di "My Foolish Heart" aperta ad 
un linguaggio innovativo ma discreto nell'àmbito di un jazz intimo interpretato 
con entusiasmo, passione e finezza, valorizzato dalle risorse improvvisative dei 
solisti, idealmente dedicato ad ognuno che ami vivere nel mondo col proprio destino, 
nella convinzione di proseguire qualcosa che è iniziato da molto tempo e che nel 
tempo vuol perdersi.  
 
Ne parliamo con Virginia Viola e Simone Zardini.  
 
Come nasce "Rayuela"? 
 
Rayuela è nato nel 2005 da un'idea mia e del 
mio compagno Simone Zardini. In quel momento spesso cantavo a casa alcuni 
brani di folklore che ricordavo a memoria e, condividendoli con Simone, mi sono 
accorta che avevo bisogno di affrontare la musica delle mie origini (era arrivato 
il momento) però sempre con un'approccio jazzistico; cosa che comunque hanno fatto 
e stanno facendo molti musicisti in Argentina e anche qui in Europa. Con Rayuela 
noi vogliamo proporre una rilettura del repertorio argentino (folklorisco e tanghistico) 
e non solo, anche latinoamericano.  
Questo perché l'Argentina (come tutti i paesi latinoamericani) è strettamente collegata 
a tutta la Latinoamerica dal punto di vista culturale e linguistico, ed è collegata 
anche all'Europa per il fenomeno della colonizzazione e dell'immigrazione. L'obiettivo 
è far rivivere i sapori di questa musica basati sulla ricerca di belle melodie e 
dai ritmi caratteristici trovando delle sonorità originali per dar vita a qualcosa 
di nuovo. Il nostro repertorio è composto da 16 brani circa presi dalla tradizione 
argentina e sudamericana arricchito poi dall'inserimento di alcuni brani classici 
del jazz per evidenziare maggiormente il legame e le sonorità che caratterizzano 
il gruppo.  
 
Perché il nome "Rayuela"? 
 
Rayuela è il nome di un gioco, che in Italia si chiama "Gioco del mondo", ma è anche 
il capolavoro dello scrittore argentino Julio Cortàzar, e che omaggiamo in qualche 
modo. Lui era un amante del jazz e ha dedicato diversi racconti e saggi a questa 
musica. Questo è stato il nostro primo lancio, come indica il nome stesso del disco, 
il tentativo di avvicinare le musiche che abitano dentro di noi. 
 
Una visione musicale, in effetti, a 360 gradi: una proposta 
di visione "totalizzante"? Conosce confini il "sentire" artistico? 
 
Assolutamente no, non ci sono confini. Ci piacciono dei brani di tantissimi stili 
e generi...Bisogna però che ci sia un collegamento e una coerenza all'interno di 
un album, e anche dal vivo in un concerto. Comunque questi brani li abbiamo scelti 
fondamentalmente perché ci piacciono tanto...ed è questa la cosa più importante...uno 
deve suonare o cantare i brani che ama e che fanno venire i brividi ogni volta. 
Quando bisogna scegliere dei brani per un disco è difficile perché ci sarebbe una 
lista infinita...allora quelli che scartiamo, li mettiamo nel cassetto per la prossima 
volta (nel frattempo però la lista cresce!). Nell'album vengono esplorati stili 
diversi, piuttosto distanti fra loro: indirettamente hai già risposto… 
 
Vogliamo precisare, nello specifico, quanto l'approccio 
vocale ed il gioco delle costruzioni armoniche tipicamente jazzistiche possano rivestire 
il ruolo di una chiave di lettura di buona parte della vostra proposta? 
 
Sicuramente nell'interpretazione dei brani che appartengono a generi come il bolero, 
il folklore argentino e il tango, la nostra rilettura parte fondamentalmente da 
jazz. Nel caso del bolero è più facile perché è strutturalmente più vicino a uno 
standard. Il caso del tango e del folklore è diverso (e questi generi mi appartengono 
di più): la struttura è quella della canzone e quindi la sfida è più interessante, 
i ritmi e le armonie del jazz e della musica argentina si fondono creando un mix 
molto ricco di sfumature e di emozione. Come cantante posso dire che sono una cantante 
jazz, ma anche una cantante di folklore e tango "fortemente contaminata dal jazz". 
Infatti non canterò mai il folklore né il tango in modo tradizionale non perché 
non riesco, più che altro perché non mi riconosco, perché l'approccio jazzistico 
fa parte della mia personalità. Ho cominciato ad amare il jazz da quando avevo 12 
anni. Il folklore e il tango sono sempre stati presenti nella mia vita inconsapevolmente. 
Questo è il risultato... 
 
Perché "First throw"? 
 
Questo è stato il nostro "primo lancio" (del sassolino...in questo gioco del mondo). 
E' andata bene, ma bisogna rilanciare ogni volta...vedremo... 
 
Da un punto di vista strettamente vocale a quale artista 
ti senti più vicina? 
 
Sinceramente non saprei...nel senso che non posso dire di assomigliare a qualcuno...e 
non vorrei neanche, penso che ognuno di noi cerca di trovare la propria "vera voce", 
e penso di averla trovata nel corso di questi anni. Sicuramente ascoltare altri 
cantanti che ammiri modifica il tuo modo di cantare, prendi spunto da loro. In passato 
ho ascoltato molte voci femminili come Ella Fitzgerald, Sarah Vaughan,
Diana Krall, 
Jane Monheit, Claudia Acuna (ecco forse mi sento vicina 
a lei per il suo tipo di voce e perché cantiamo nella stessa lingua). Ascolto da 
sempre Sting che è per me punto di riferimento (anche se lui non è un cantante 
jazz), considerandolo anche un "modello di artista completo". E' un paio d'anni 
che sono affascinata dalle voci maschili. Ascolto tantissimo
Mark Murphy,
George Benson,
Kurt Elling...ma 
anche tanti cantanti sudamericani come
Caetano 
Veloso, Djavan, Pedro Aznar...e grazie a Internet (per 
spazi come myspace) ho l'opportunità di ascoltare e conoscere delle voci nuove di 
tanti cantanti bravissimi.. Tutto ciò ha influito e influisce nel mio modo di cantare. 
 
Virginia, qual è la tua opinione sulla situazione musicale 
contemporanea? 
 
Per quanto riguarda il jazz e le sue contaminazioni penso che sia un momento molto 
interessante, pieno di progetti originali. Per quanto riguarda invece la musica 
più commerciale (o comunque quella che "vende" e che arriva alla maggior parte della 
gente), salvo poche eccezioni, penso che sia un momento molto carente di progetti 
di qualità...C'è poco sostegno per i progetti non strettamente commerciali e per 
gli artisti emergenti e le nuove proposte. I progetti sono tantissimi e molto interessanti, 
e gli spazi sono pochi per chi cerca di emergere. Capisco comunque che è un periodo 
di crisi e chi sostiene e investe nella musica di qualità (sia l'amministrazione 
comunale, il jazz club, ecc) ha paura di perdere e quindi si va sempre sul sicuro 
e si propongono i grandi "nomi". In questo modo resta poco spazio per chi ha un 
progetto validissimo ma non è ancora conosciuto. Poi penso che occorre essere più 
solidali tra noi musicisti e darci un mano invece di essere sempre in competizione.
 
 
La vostra lettura di "My Foolish Heart" rivela, a mio parere, 
un certo eclettismo nell'arrangiare ed una particolare predisposizione di Virginia 
nell'affrontare la linea melodica in modo molto pulito, prediligendo, fra l'altro, 
un fraseggio "essenziale", seguendo le coloriture naturali della tua voce. Qual 
è la tua opinione in merito? 
Simone Zardini: Per quanto riguarda l'arrangiamento abbiamo voluto creare 
delle sonorità originali pensando a come volevamo che i brani suonassero, quindi 
ci sono delle cose che sono state scritte, come per esempio alcune introduzioni 
e alcune parti dove ci sono degli obbligati, suonati all'unisono, per dare più forza 
in alcuni punti e anche per mantenere una certa coerenza. Gli arrangiamenti sono 
stati frutto della ricerca che abbiamo fatto prima di incidere il disco. Per due 
anni abbiamo raccolto e ascoltato molto materiale del folklore argentino; sopratutto 
io, visto che non provengo da quella terra, mi sono voluto immergere in questa musica 
che ho amato da subito. Abbiamo anche conosciuto tante persone e musicisti con i 
quali ci siamo scambiati idee e condiviso serate suonando intorno ad un tavolo dopo 
cena. Durante queste chiacchierate un nostro amico ci ha fatto sentire un disco 
di Quique Sinesi ed è stata una folgorazione, ho cominciato ad ascoltare 
altri suoi dischi, ora introvabili. Un bel giorno, tornati in Italia, veniamo a 
sapere di un suo concerto proprio a Verona con il trio di
Pablo Ziegler 
e così dopo aver ascoltato il concerto siamo andati a salutarlo. Qualche mese dopo 
ci siamo rivisti ed è nata subito amicizia. Così abbiamo la fortuna di avere nel 
nostro disco tre arrangiamenti scritti da lui.  
Virginia Viola: Riguardo al mio modo di affrontare la linea melodica, 
si è vero, mi piace l'interpretazione molto pulita e il fraseggio è tutto per me! 
E' il modo in cui "pronunci" quello che stai dicendo, il modo in cui "racconti". 
Sto molto attenta a modificare le melodie quando già sono sofisticate e particolari. 
Se si modifica qualcosa dal punto di vista melodico bisogna che questa apporti e 
non tolga, cioè, che ne valga la pena. Questo l'ha detto
Sheila Jordan 
a una masterclass a cui ho partecipato e sono assolutamente d'accordo. Il mio modo 
di personalizzare le mie interpretazioni è creare il mio fraseggio e fare delle 
modifiche cercando sempre più di una possibilità (altrimenti mi annoio io per prima), 
ma sempre rispettando molto ciò che il compositore ha scritto.  
 
Le improvvisazioni sono frutto di accordi fra musicisti? 
 
Simone Zardini: Se per quanto riguarda gli arrangiamenti abbiamo voluto scrivere 
diverse parti obbligate, per quanto riguarda l'improvvisazione ogni volta è diverso, 
non ci mettiamo mai d'accordo, sicuramente c'è da dire che Virginia ci lascia molto 
spazio, infatti nello stesso brano molto spesso più di uno strumento fa l'assolo 
e questo è bello perché così ci divertiamo di più ed è fonte di ispirazione e di 
intercambio tra di noi. 
 
Come trovare il cd? 
 
Il disco è uscito nel 2006, è stato autoprodotto 
e al momento si può solo trovare ai nostri concerti e sui nostri siti. E' stato 
presentato i diversi club e rassegne, sempre accolto con molto entusiasmo. I brani 
che compongono il disco sono stati riarrangiati da Quique Sinesi ("Zamba 
de Usted"," Alice in Wonderland"," Canciòn paranaense"), il nostro pianista Stefano 
Caniato, e anche da me e Simone ("Alfonsina y el Mar"," Duerme negrito").
 
 
Quali progetti per il futuro? 
 
Cercheremo di essere brevi..(che difficile!). I progetti sono tanti. Il discorso 
è riuscire a realizzarli. Intanto stiamo lavorando al prossimo disco, che registreremo 
un po' in Argentina e un po' in Italia. Sempre una proposta a 360 gradi, ma questa 
volta vogliamo coinvolgere anche altri artisti argentini residenti in Argentina, 
ma anche residenti in Europa...Una specie di meeting...C'è una priorità per noi 
in questo momento, ed è condividere la musica con chi vuole emozionare ed emozionarsi. 
Ci teniamo molto al fatto che le persone che condividono il progetto con noi siano 
molto impegnate dal punto di vista dell'emozione con ciò che si sta suonando in 
quel momento... Registreremo anche un disco in duo, io e Simone, solo chitarra e 
voce, con alcuni musicisti invitati. 
Ci sono anche in progetto altri spettacoli che coinvolgano altre arti, ma questi 
porteranno via un po' più di tempo. Nel frattempo continuiamo la nostra ricerca 
per quanto riguarda la musica argentina, sperimentando sia con i ritmi, gli strumenti 
(Simone sta suonando il charango) e i suoni. 
 
Fabrizio Ciccarelli per Jazzitalia 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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			Data pubblicazione: 15/03/2009
	  
 
 
 
	
  
	
		
		
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