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M.E.F. (Manzi, Esperti, Faraci)
Verosimilmente
1. Orsi a colazione 5.02
2. Attimi 7.55
3. Prototipo UNO 4.58
4. Luna di febbraio 3.06
5. Microbo P 3.12
6. Il sonno del titano 3.35
7. Spazi 5.17
8. La zingarata 6.23
9. Verosimilmente 7.15
Massimo
Manzi - Batteria e Percussioni
Andrea Esperti - Trombone e conchiglie
Niccolò Faraci
- Contrabbasso e Fender Rhodes
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(Tutte le composizioni sono di M.E.F.)
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Il M.E.F. Trio nasce dopo un'estemporanea esibizione "free" ad una mostra
dedicata ai quadri di Mattia Moreni, artista piemontese trasgressivo e provocatorio
che verso la fine degli anni ‘40 si avvicina al post-cubismo, per poi passare nell'informale,
da cui deriverà successivamente una figurazione espressionista. I colori accesi
delle opere di Moreni, il suo stile ironico, beffardo, talora violento, sono stati
elementi di forte ispirazione per i tre musicisti nella creazione di questi brani.
La collaborazione di
Massimo
Manzi con il trombonista Andrea Esperti e con il contrabbassista
Niccolò Faraci
è una delle più recenti, ma ha subito dato buoni frutti. Nella realizzazione di
questo album il trio ha mantenuto un approccio free con un minimo di canovaccio
compositivo.
I brani hanno "colori" molto diversi. Se "Orsi a Colazione" appare
martellante ed un po' ossessivo, "Attimi" invece si apre in modo molto sospeso
e dilatato, punteggiato qua e là dalle mille sfumature timbriche che le percussioni
sanno dare, innescando però progressivamente un dialogo che si fa sempre più serrato
fra i tre strumenti, sorretto nella seconda parte del brano da una ritmica decisa
che, raggiunto l'apice della tensione, si arresta di colpo, lasciando nuovamente
spazio alle note ampie e sospese del finale.
Il terzo brano, "Prototipo UNO", si apre con il trombone che crea
sonorità inaspettate su una traccia ritmica ben definita dalla batteria e dal Fender
Rhodes, distorto quanto basta, suonato dapprima con intento ritmico/armonico e successivamente
melodico, ma destrutturato e tagliente, su cui si innesta l'improvvisazione del
trombone, sostenuta ora da una ritmica netta ma sempre spezzata e nervosa. "Luna
di febbraio" è una dialogo serrato a due voci fra contrabbasso e trombone.
Massimo
Manzi si rifà nel quinto brano, "Microbo P", partendo immediatamente
con un ritmo molto deciso che, se non fosse per la modernità del pezzo, appare quasi
come uno "swing". Vi sono al suo interno dei momenti di walking serratissimo ed
il brano mantiene la propria grinta ed un gran tiro dall'inizio alla fine. "Il
sonno del titano" è molto free ed al suo interno si sviluppano sonorità tutte
molto gravi ed oscure, prodotte dai glissati o dalle corde pizzicate del contrabbasso,
sulle quali spiccano i timbri più chiari delle percussioni.
Ancora più imprevedibile ed indefinibile è "Spazi" che inizia in modo
molto libero su un pedale eseguito dal contrabbasso con l'arco. Ma dopo pochi minuti,
al di sotto dell'improvvisazione di sapore decisamente free, si innesta una ritmica
energica e scandita, tendente al rock, che poi si frantuma nuovamente in un'improvvisazione
collettiva che cambia ripetutamente colori e sfumature.
Anche l'ottavo brano, "La Zingarata", si apre all'insegna del free,
per poi inquadrarsi nella sua parte centrale, lì dove emerge un ritmo intenso. Ma
anche questa parentesi cede presto il campo all'improvvisazione del contrabbasso,
in un nuovo bel dialogo con la batteria. Conclude il trombone, minimale, eseguendo
pochissime note finali.
L'album si chiude con il brano che gli dà il titolo, "Verosimilmente".
L'influenza delle immagini e soprattutto del "colore" è davvero tangibile,
in questo disco. E' davvero musica che si vede.
Una curiosità: l'idea grafica dell'auto vintage a molla che figura sulla
copertina dell'album è di
Massimo
Manzi.
Rossella Del Grande per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 07/12/2009
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