Torino Jazz Festival Ottava Edizione 21-30 agosto 2020 (concerti del 24, 25 e 26) di Aldo Gianolio foto
Orgnanizzazione
Festival
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L'ottava edizione del Torino Jazz Festival (TJF) prevista nei mesi di aprile
e maggio, causa emergenza epidemiologica Covid-19 è stata posticipata con due programmazioni,
una estiva in agosto e una autunnale in ottobre. Di quella estiva, svoltasi dal
21 al 30 agosto con dieci concerti serali presso il cortile "a cielo aperto" del
Combo, in Corso Regina Margherita 128 (gli ultimi due dirottati per cause di cattivo
tempo al Teatro Eliseo), abbiamo seguito le performance di Souad Asla (24),
del trio di Antonio
Faraò(25) e del sestetto di Cafiso/Cigalini/Davis (26).
Già da questi nomi si deduce come i direttori artistici Giorgio Li Calzi
e Diego Borotti abbiamo costruito un cartellone indirizzato principalmente
al jazz mainstream con qualche puntata borderline verso musiche "altre", o comunque
fortemente ibridate.
Souad Asla è vocalist algerina che interpreta, modernizzandoli, i canti tipici
della regione sahariana frutto della mescolanza delle culture beduina, berbera e
gnawa.
Accompagnata da Thierry Fournel alla chitarra elettrica, Billal Chenni
al basso elettrico, Merwane Slimani alla batteria e Mohamed
Menni alle percussioni (bongo e derbouka), ha reso moderno l'assunto folkloristico
tramite le sonorità degli strumenti elettrici e i tempi rock che hanno sostenuto
la sua voce perfettamente intonata e suadente nelle inflessioni. Le melodie ripetitive
che possono diventare ipnotiche e i ritmi fortemente danzanti che lei stessa ha
definito vicini alle forme e allo spirito della taranta hanno composto un set di
grande forza comunicava, seppur solo lontanamente imparentato col jazz, che rientra
nel "recupero del desiderio dell'altrove" prefissato dalla direzione artistica secondo
le parole usate da Borotti nella presentazione.
Entriamo nel pieno dell'essenza e dell'estetica del jazz
con il trio del pianista
Antonio Faraò,
accompagnato dal puntuale, preciso e rigoroso contrabbassista Ameen Saleem
e dal sempre attento e costruttivo batterista Bruce Ditmas, a volte debordante
ma in funzione propulsiva e di completamento pienamente riuscita.
Faraò,
che rispetto alla sua ormai lunga carriera non ha registrato molti dischi a suo
nome, ha di nuovo dimostrato "live" le sue eccelse qualità interpretative, mediando
McCoy Tyner,
Oscar Peterson e
Herbie
Hancock (che è, fra l'altro, un suo estimatore) con veemente forza espressiva,
tecnica a tratti sbalorditiva e fervida fantasia, quando la tecnica non è discapito
della fantasia, la fantasia non dell'espressività e l'espressività non della tecnica,
confermandosi fra i massimi improvvisatori sulla scena (e anche sapiente e immaginoso
compositore).
Con "Parker 100", il TJF ha reso omaggio a Charlie Parker per il centennale dalla
nascita, con una produzione originale che ha unito a una classica e tipica sezione
ritmica (piano, contrabbasso e batteria) una front-line di tre alto sassofonisti
(come lo era Parker).
Per la messa a punto del loro eloquio,
Francesco
Cafiso, Mattia Cigalini e Jesse Davis a Parker si rifanno
direttamente, riprendendone gli stilemi in maniera quasi completamente pedissequa,
ognuno distinguendosi per le proprie personali interpretazioni. Il più "fedele alla
linea" è Jesse Davis, anche capogruppo avendo firmato gli arrangiamenti di
alcuni dei più celebri brani di Parker e di conseguenza del bop: la sua fedeltà
al modello riguarda non solo l'articolazione del fraseggio, ma anche la sonorità,
la fluidità, il virtuosismo, il modo di intendere lo swing. Dal modello, Cafiso
cerca di distaccarsi aggrovigliando il linguaggio con intervalli più ampi (alla
Dolphy) e cercando soluzioni a sorpresa fuori schema con sussulti grevi e spiazzanti
che riportano agli honkers (Illinois Jacquett) e al primo
Sonny Rollins.
Cigalini, dal canto suo, recupera alcune inflessioni (e flessioni) dai sassofonisti
che hanno preceduto Parker, come Benny Carter e Willie Smith, dando un tocco d'antan
di una certa sofisticatezza. Da sottolineare la bravura dei componenti la sezione
ritmica (Andrea
Pozza al piano, Aldo Zunino al contrabbasso e Mario
Gonzi alla batteria) e l'efficacia degli arrangiamenti di Davis giocati sulle
armonizzazioni a tre voci dei temi, che hanno ricordato il modo di procedere del
gruppo Supersax.