Parma Jazz Frontiere 2012 Non tacciono i canti 1 - 16 dicembre / Casa della Musica, Teatro Due, Palazzo Sanvitale
di Nina Molica Franco
1 dicembre 2012 Sources Atlas Trio (Francia) Louis Sclavis - clarinetti
Benjamin Moussay - pianoforte, Fender rhodes, tastiere
Gilles Coronado - chitarra elettrica
Debutto all'insegna della Francia per la diciassettesima
edizione del ParmaJazz Frontiere festival. Protagonista della prima serata, alla
Casa della Musica, l'Atlas Trio, il nuovo progetto del clarinettista francese
Louis Sclavis che vede la partecipazione del creativo Gilles Coronado
alla chitarra, e del poliedrico Benjamin Moussay che, per l'occasione, si
è destreggiato tra pianoforte, tastiere e piano elettrico Fender Rhodes. I musicisti
hanno eseguito brani tratti da Sources: il lavoro discografico frutto di
questa inedita collaborazione tra gli artisti, edito da ECM Records. L'Atlas Trio
è stato accolto sul palco da applausi e un pubblico entusiasta, al quale Sclavis
e i suoi, hanno regalato momenti di esemplare jazz contemporaneo di matrice europea.
Brillanti i dialoghi nati dall'interazione tra la chitarra di Gilles Coronado e
il Fender Rhodes di Benjamin Moussay. Il tutto incorniciato dai virtuosismi di Sclavis
ai clarinetti, dai suoi fraseggi lunghi e articolati, dalle minime pause tra un
percorso idiomatico e l'altro. Le improvvisazioni hanno confermato il suo estro
e la sua abilità nel conciliare un modello di free jazz con i suoni classici della
musica contemporanea. Il risultato finale è stato un jazz molto creativo, in cui
la ricerca stilistica e sonora tipica di Sclavis trova dei validi interlocutori
in Benjamin Moussay e Gilles Coronado. I due riescono, inoltre, a porre un freno
all'irrompente personalità del clarinettista francese, dando vita ad una performance
dal carattere equilibrato, ma pur sempre originale. In particolare Moussay è riuscito,
alle volte, con il suo tocco al piano, a smorzare i toni più irruenti rendendo al
pubblico una dimensione più intimistica. Esemplare anche l'uso della chitarra di
Gilles Coronado, una chitarra dal suono semplice, pulito e poco artificioso. Insomma,
un debutto all'insegna della classicità, della tradizione, anche se la cifra stilistica
dominante dell'Atlas Trio può essere identificata nella volontà di sfruttare il
suono al fine di creare un'atmosfera emozionante.
2 dicembre 2012
Dentro l’orizzonte Mario Piacentini solo (Italia)
Mario Piacentini - pianoforte
I Want to Play What I Like to Hear Roberta Baldizzone Ensemble (Italia) Claudio Morenghi - sax soprano
Giuseppe Fierro - sax contralto
Gabriele Merli - sax contralto
Rudi Manzoli - sax tenore
Tomas Marvasi - clarinetto basso
Roberta Baldizzone - pianoforte
Andrea Grossi - contrabbasso, basso elettrico
Riccardo La Foresta - batteria
Come spesso accade al ParmaJazz Frontiere, la seconda serata di questa nuova edizione
del festival si è articolata in un doppio set di esibizioni. Il primo a salire sul
palco è stato Mario Piacentini, pianista molto noto in ambito jazz e non
solo. In lui si fondono più influenze e stili musicali che confluiscono in un'unica
esperienza, fatta di momenti intensi e toccanti per un'esibizione dal carattere
intimo e personale, che conduce verso qualcosa di trascendente. Ogni suo singolo
tocco al piano è sublime emozione che come per osmosi si propaga al pubblico. Accostamenti
di piano, forte, una musica ora lenta, ora fugace quella che esce fuori dalle corde
del gran coda di Piacentini. Il maestro ha presentato il suo progetto Dentro
l'orizzonte, cimentandosi in sue composizioni e, infine, ha regalato come bis
un'esecuzione di A house is not a home di Burt Bacharach. Il secondo set
è stato animato da un'inedita formazione, il Roberta Baldizzone Ensemble. Come il
nome stesso suggerisce l'Ensemble è figlio di Roberta Baldizzone, pianista uscita
dalla classe di jazz del Conservatorio "Arrigo Boito" di Parma. Ciò che lei ha proposto,
insieme ai suoi musicisti (anch'essi studenti del Conservatorio di Parma), è stata
una rivisitazione e una nuova lettura del mito di
Bill Evans.
I want to play what i like to hear sono le parole di Evans e il presupposto
dal quale parte la Baldizzone per condurre il suo studio, che l'ha portata
alla stesura di arrangiamenti raffinati. L'Ensemble è riuscito a creare l'atmosfera
tipica delle sonorità evansiane, anche se in una veste del tutto inedita, vista
la formazione. La Baldizzone al piano, ha schierato in campo sax soprano (Claudio
Morenghi), due sax contralto (Giuseppe Fierro e Gabriele Merli),
sax tenore (Rudi Manzoli), clarinetto basso (Tomas Marvasi), contrabbasso
e basso elettrico (Andrea Grossi) e batteria (Riccardo La Foresta).
Entrambi i set sono stati applauditi in maniera decisa. Fortemente apprezzata l'esibizione
in solo di Mario Piacentini e, allo stesso modo condivisa la performance del Roberta
Baldizzone Ensemble.
5 dicembre 2012 Vidya (Italia) Vincenzo Mingiardi - chitarra
Pampa Pavesi - tastiere
Ugo Maria Manfredi - basso
Oscar Abelli - batteria, percussioni
Dopo vent'anni di assenza dalle scene, eccezionalmente per il ParmaJazz Frontiere,
sul palco i Vidya, band culto degli anni Settanta. Frammenti della loro carriera
si sono materializzati in una gremita Sala Concerti della Casa della Musica, sottoforma
di suono, di musica, di vibrazioni. Un sound molto particolare quello dei Vidya,
creato dalla commistione di jazz, ritmi esotici e orientali, rock e perfino la psichedelica.
Considerare questo spettacolo come un concerto sarebbe assolutamente riduttivo,
poiché il pubblico si è trovato di fronte a quello che potrebbe essere considerato
un vero e proprio evento. Come un percorso rituale, i Vidya hanno marcato le tappe
musicali più significative della loro carriera, dai primi anni Settanta ad oggi,
anche se con quella piccola pausa ventennale che caratterizza la loro storia. E
quegli stessi anni li hanno fatti rivivere, con il suono graffiante della chitarra
di Vincenzo Mingiardi, la stessa chitarra che non ha smesso di ruggire fino
alla fine del concerto. E ancora Ugo Maria Manfredi al basso, con la sua
eleganza e precisione; l'eclettico Pampa Pavesi alle tastiere e all'organo,
e infine, ma non meno importante, Oscar Abelli con la sua instancabile energia.
I ritmi serrati, l'andamento metronomico, questo è il suo stile, ed è lui adesso
a dettare le regole del gioco con le sue bacchette, un tempo usate da Otello Gorreri,
amico scomparso che i Vidya hanno ricordato con molta commozione. A lui è stato
dedicato l'ultimo brano, Vidya per l'appunto, una musica emozionante, calda.
Un eccezionale ritorno questo, carico di emozione, di ricordi, di rock: i Vidya
di un tempo sono tornati, più carichi di prima. E il feeling tra i musicisti è quello
di quattro vecchi amici che si incontrano dopo molto tempo e riprendono esattamente
da dove avevano lasciato. Il rock e il jazz pulsano nelle loro vene, al punto che
è difficile comprendere dove finisce l'uno e inizia l'altro, ammesso che sia così.
Sarebbe più plausibile pensare che jazz e rock si fondono nei Vidya in un'amalgama
inedita.
7 dicembre 2012 Baboon Moon Nils Petter Molvaer (Norvegia) Nils Petter Molvaer
- tromba
Stian Westerhus - chitarra
Erland Dahlen - batteria
Il secondo weekend della diciassettesima edizione del ParmaJazz Frontiere festival
si apre sotto il segno della Norvegia. Sul palco il trombettista
Nils Petter Molvaer
con il chitarrista Stian Westerhus e il batterista Erland Dahlen,
per un concerto dal sound pieno e ricco di suggestioni. I tre artisti hanno suonato,
senza soluzione di continuità, brani tratti da Baboon Moon il progetto discografico
che li ha visti uniti per la prima volta. Un concerto in cui più anime si fondono
insieme, quella assolutamente rock di Westerhus e di Dahlen e quella più classica
di Molvaer, che in linea con la tradizione del jazz nordico riesce a dare alla sua
tromba un suono molto particolare, con un che di rarefatto, anche se molto intenso.
Suoni prolungati che puntano alla creazione di emozioni, di suggestioni, di una
visione intimistica del jazz, ben distante dal rock che si dipana dalla chitarra
di Westerhus e dalle bacchette di Dahlen. Il chitarrista è un volto già noto per
il pubblico del ParmaJazz Frontiere, grazie ad un particolarissimo concerto che
due anni fa ha realizzato con Vincenzo Mingiardi: un concerto costruito come dialogo
tra due chitarre. In Baboon Moon Westerhus non si esibisce in particolari
virtuosismi, ma mantiene un suono che si costituisce come filo rosso tra il giovane
Dahlen preso dal rock e Molvaer con il suo jazz. Usa l'arco per suonare la sua chitarra
e improvvisamente, chiudendo gli occhi si percepisce il suono di un violoncello
dal sapore quasi barocco. La stessa viene trasformata poi in una chitarra ruggente
impegnata in suoni acutissimi e in loop grunge. E Dahlen, impegnato in una ritmica
molto particolare, con cambiamenti di tempo repentini e controtempi che dialogavano,
in disaccordo, con la chitarra di Westerhus. Particolare anche il canto di Dahlen,
un canto che di jazz ha ben poco, ma confina piuttosto con il folk. Il tutto viene
sublimato dal suono della tromba, un suono a tratti romantico, molto nordico, ma
allo stesso tempo caldo, potenziato dall'uso dell'elettronica che gli conferiva
intensità emozionale. Il pubblico non si è risparmiato in applausi per un trio,
questo di Molvaer, che ha emozionato e cha ha portato in campo la sapienza di tre
grandi talenti del jazz europeo, attraverso un connubio inedito tra un'anima rock,
a tratti aggressiva, e un sound classico, emozionante.
8 dicembre 2012 Roses and Blue Arghawan Roberto Bonati Ensemble (Italia) Riccardo Luppi - sax soprano, flauto
Simone Mauri - clarinetti
Alberto Tacchini - pianoforte
Roberto Bonati - contrabbasso
Roberto Dani - batteria, percussioni
Protagonista della quinta serata del ParmaJazz Frontiere festival 2012 il Roberto
Bonati Ensemble: nuova formazione che, come il nome suggerisce, è stata creata
da Roberto Bonati, direttore artistico del festival. Ad accompagnarlo sul palco
della Sala Concerti della Casa della Musica, tre grandi amici di sempre, con i quali
più volte si è esibito, Alberto Tacchini al pianoforte, Riccardo Luppi
ai sassofoni e al flauto; e Roberto Dani alle percussioni. Ma anche Simone
Mauri ai clarinetti. Il concerto è stato il frutto del nuovo progetto musicale
di Roberto Bonati, dal titolo significativo di Roses and Blue Arghawan,
citazione letteraria che deriva da Coleman Barks. E le citazioni e il tratto colto
sono le caratteristiche principali delle musiche che Bonati ha composto per l'occasione
e che i musicisti che lo hanno accompagnato sul palco hanno eseguito magistralmente.
Musiche inedite, molto emozionanti e suggestive, che richiamano immagini dalla realtà,
come Aquiloni nel cielo di Beslan, composizione nata da una riflessione sulla
tragedia che nel 2004 ha colpito l'Ossezia. La particolarità di Bonati è proprio
questa: partire da un'immagine e trasformarla in suono, anzi in danza. Proprio il
ritmo della danza caratterizza spesso le sue musiche, una danza che è quasi un rito,
che ci trasporta nell'antico mondo medievale, al tempo dei trovatori. In tutto questo
turbinio di ricerche stilistiche, letterarie, sonore Roberto Bonati ha avuto la
fortuna di essere assecondato dalla bravura dei suoi musicisti, che costituiscono
il valore aggiunto alle già stupende musiche che egli ha composto. Alberto Tacchini
al piano con il suo tocco leggero e raffinato, capace di trasmettere malinconia
e all'opposto anche tanta energia. Roberto Dani che in realtà accarezza la sua batteria,
ricercando costantemente un suono nuovo, attraverso le sue bacchette, o lo sfregare
delle spatole e perfino con l'archetto. Simone Mauri, che si è destreggiato ai clarinetti
quasi come un incantatore di serpenti. E infine Riccardo Luppi capace, con i suoi
sassofoni e il flauto, di dare un suono ora leggero e raffinato, ora energico e
deciso. Questo è Roses and Blue Arghawan, nuovo lavoro di composizione che
conferma la linea stilistica raffinata di Roberto Bonati.
Ospite della diciassettesima edizione del ParmaJazz Frontiere, già noto
amico di questo festival, il clarinettista bergamasco
Gianluigi
Trovesi. Sul palco della Sala Concerti della Casa della Musica Trovesi
si è esibito con il suo recente progetto musicale – concepito con l'aiuto di
Umberto Petrin al piano e Fulvio Maras alle percussione e agli electronics
– dal suggestivo titolo di Vaghissimo Ritratto. Il nome potrebbe non suggerire
nulla ad un pubblico di profani, ma l'evidente richiamo a Giovanni Pierluigi da
Palestrina, offre già un'idea dello spettacolo a cui ha assistito il pubblico. Un
viaggio attraverso la musica, dal Rinascimento fino ad arrivare alla musica contemporanea,
del novecento. Un percorso di canzoni, anzi di canzonette, come Trovesi stesso le
ha definite. Omaggi a importanti compositori che hanno fatto la storia della nostra
cultura musicale, da Monteverdi a Desprez, fino a cantautori italiani come Luigi
Tenco, con una rivisitazione particolare della sua Angela. L'idea del vago,
anzi del vaghissimo, emerge in tutti i brani eseguiti dal trio, poiché resta la
melodia originaria degli antichi compositori, ma come base per le sperimentazioni
e le improvvisazioni. Trovesi riesce a catturare le frasi principali di queste musiche
e ad immergerle in un fluido cameristico, ben lontano dalle antiche tradizioni,
cui esse appartengono. Al clarinetto e al pianoforte, per ovvi motivi, è affidata
la presentazione del tema musicale, sul quale poi si andranno ad innestare le loro
improvvisazioni, e la ritmica e l'elettronica di Fulvio Maras. Questi costituisce
forse il valore aggiunto di questa allegra compagnia riuscendo, infatti, a creare
delle particolari atmosfere, e un tappeto ritmico che permette ai suoi due compagni
di sviluppare i loro discorsi. Eccezionale la performance di Petrin al pianoforte,
sulla cui tastiera le dita dell'artista sembravano scivolare, quasi senza neanche
sfiorare i tasti. E Trovesi, come sempre, ha mostrato con l'eleganza e l'ironia
che lo contraddistinguono, la stoffa del grande maestro.
15 dicembre 2012 Voci dalla collina. Progetto Spoon River Ruvido Insieme (Italia)
Com'è ormai consuetudine per il ParmaJazz Frontiere, anche quest'anno sul palco
della Sala concerti della Casa della Musica, il Ruvido Insieme, l'orchestra formata
da studenti ed ex studenti del Conservatorio "Arrigo Boito" di Parma, diretta da
Roberto Bonati. Ogni anno il Ruvido Insieme propone dei progetti originali,
frutto del lavoro di studio e di composizione dei musicisti stessi. Al ParmaJazz
Frontiere 2011 riuscirono ad emozionare il pubblico
con un suggestivo omaggio a Graham Collier; quest'anno invece hanno fatto
i conti con la poesia di Edgar Lee Masters e la sua Antologia di Spoon River.
I musicisti sono stati protagonisti della serata in una doppia veste, quella di
compositori dei brani e quella di esecutori, dando voce ad alcuni degli abitanti
di Spoon River. In particolare, abbiamo udito la voce di Lydia Humphrey grazie
alle partiture di Fulvia Gasparini; George Gray di Marika Pontegavelli;
Richard Bone, a cui Michele Bonifati ha dato vita con le sue note; Columbus
Cheney di Andrea Pellegrino. E ancora due composizioni della già nota Roberta
Baldizzone, la quale ha reso giustizia alla Signora Williams e ai fallimenti
di "Indignazione" Jones. Infine, anche Roberto Bonati, direttore artistico
del festival e anche del Ruvido Insieme, ha voluto offrire le sue note per i versi
di Jennie M'Grew. Un programma ricco e suggestivo, che mette insieme composizioni
che hanno uno stile e una maturità molto diversa. Il tutto ha avuto, comunque, una
sua organicità, ed è stato dato spazio ai giovani musicisti che, sulla scia del
maestro, hanno mostrato di essere sulla via giusta per diventare degli artisti.
Marika Pontegavelli alla voce, Inesa Baltatescu al violino, Cinzia Zucchi al flauto,
Fabio Frambati alla tromba, Claudio Morenghi al sax soprano, Roberto Vignoli
e Giovanni Palandri al sax contralto, Gabriele Fava al sax tenore, Luisa Rosso al
clarinetto basso. E ancora, Domenico Mirra e Andrea Pellegrino al pianoforte, Michele
Bonifati e Vincenzo Moramarco alle chitarre, Andrea Grossi al contrabbasso
e Riccardo La Foresta alla batteria. Questo è il Ruvido Insieme e, ancora
una volta, si è mostrato all'altezza della situazione emozionando il pubblico.
16 dicembre 2012 “Una Stanza per Caterina” Impressions intimes. Anja Lechner, François Couturier (Germania, Francia) Anja Lechner - violoncello François Couturier - pianoforte
Titoli di coda per la diciassettesima edizione del ParmaJazz Frontiere festival
che arriva alla meta con il consueto appuntamento con "Una Stanza per Caterina",
la serata in memoria di Caterina Dallara. Per questo evento di particolare rilevanza
per il festival, due ospiti molto importanti si sono esibiti nella suggestiva Sala
delle Feste di Palazzo Sanvitale: la violoncellista tedesca Anja Lechner
e il pianista francese François Couturier. I due artisti hanno consolidato la loro
unione musicale durante la collaborazione nel Tarkovsky Quartet, dopo la quale hanno
compreso che formare il duo avrebbe permesso ad entrambi di esplorare nuove frontiere
musicali. È così quindi che Anja Lechner e François Couturier hanno deliziato
il pubblico con brani di G.I. Gurdjieff, Frederic Mompou, Anouar Brahem,
e dello stesso Couturier. Musiche di repertorio che vengono esplorate, studiate,
arrangiate e interpretate dai due artisti in modo libero, con un uso frequente di
improvvisazioni. Musiche che appartengono a mondi, stili completamente differenti,
apparentemente molto distanti tra loro, ma unite dalla ricerca che su di esse è
stata condotta dai due musicisti. Finezza, eleganza, ritmo, talento: questo è quello
che trapelava da ogni singola nota emessa dal violoncello e dal pianoforte. Le dita
di Couturier sembravano appena sfiorare i tasti del gran coda che si stagliava di
fronte a lui. E come non ammirare l'eleganza e il movimento disinvolto delle mani
di Anja Lechner, il suo modo di dare alla musica dei respiri ora corti ora
lunghi che si sincronizzavano con quello del pubblico in sala. Era come se un alone
magico avvolgesse la Sala delle Feste e tutti i presenti seguissero la musica e
respirassero in funzione di essa. Anja Lechner e François Couturier hanno
dato note, melodia, talento, anima e passione ieri sul palco per un pubblico a dir
poco incantato che non si è affatto risparmiato in applausi e apprezzamenti nei
confronti dei due artisti. Insomma, ancora una volta il ParmaJazz Frontiere festival
non delude e con Anja Lechner e François Couturier chiude in bellezza un
percorso musicale denso di artisti e di talenti.