Jazz&Wine of Peace Festival 2012
XV Edizione
26 ottobre 2012
di Giovanni Greto
Gradisca d'Isonzo, Enoteca regionale "La Serenissima"
Ray Anderson-Marty Ehrlich Quartet
Ray Anderson - trombone
Marty Ehrlich - alto e soprano sax, clarinetto
Brad Jones - contrabbasso
Matt Wilson - batteria
Cormòns, teatro Comunale
Manu Katche'
Manu Katchè
- batteria
Luca Aquino - tromba
Peter Wettre - sax tenore e soprano
Michael Gorman - organo hammond B3
Il primo concerto, pomeridiano, in
un salone dell'enoteca la Serenissima totalmente occupato, ha scatenato l'entusiasmo
dei presenti, alcuni dei quali, purtroppo, costretti a rimanere in piedi, tuttavia
vicinissimi a percepire anche il minimo respiro dei musicisti. E' subito balzata
all'occhio ed arrivata agli orecchi la voglia di suonare, lasciando spazio ad una
creatività senza limiti temporali – in ottanta minuti sette brani - ad una verve,
ad una grinta, ad un groove, come ben poche volte capita di assistere. La scaletta
prevedeva per la maggior parte composizioni di Ehrlich, a partire dall'iniziale
"As Yet", affrontata al contralto e infarcita di citazioni, da Thelonious
Monk, a "St.Thomas" di
Sonny Rollins
a "Salt Peanuts". Elegiaca, "Portrait of Leroy Jenkins" trova uno
sviluppo solenne che si conclude con una lunga appendice latina, i quarti scanditi
dal campanaccio della batteria. Eccellente, Matt Wilson passa dal 4/4 veloce
al funky di "Hear you say", per il quale uno dei due piatti sospesi viene
stoppato con una tela. Esegue un lungo assolo introduttivo in "Hot crab cut"
nel quale si apprezza l'accordatura impeccabile, un canto melodico, dei tamburi,
dalle pelli molto tirate, il calore e la qualità di due vecchi piatti Zildjian,
uno dei quali chiodato. La sua ipnotica, ora lenta, ora veloce percussione crea
una tensione positiva che fa scattare una lunga improvvisazione del contralto. Si
scopre così quanto sia più libero e creativo un quartetto senza pianoforte. Il contrabbassista
è costretto ad un lavoro, forse più faticoso, ma riesce a dar corpo ad assolo in
cui le corde vengono quasi strappate dallo strumento. I quattro si caricano tra
loro prima di ogni brano, con risate ed ironia e dopo una mistica "Prayer",
si arriva ad una scatenata rumba conclusiva, "The Alligator Rhumba", totalmente
trascinante, cui il pubblico tributa calorosissimi applausi intercalati da grida
utili a spezzare la tensione. C'è tempo per un bis, un blues che ci riporta a sonorità
mingusiane, nel quale Anderson utilizza la sordina, creando atmosfere ferocemente
jungle. Gli appassionati si scambiano occhiate e commenti, felici di un concerto,
come se ne vedono pochi, e si spostano in un altro salone, dov'è stato allestito
un piccolo rinfresco a base di vini di ottima qualità.
Ci si sposta nella vicina Cormòns, curiosi di ascoltare
Manu Katchè,
session man richiesto nelle situazioni più disparate, alla testa di un quartetto
a suo nome. Riuscirà a creare una musica coinvolgente, ma soprattutto, di spessore?
Purtroppo la risposta non è stata positiva. In novanta minuti, Katchè ha presentato
un repertorio non vario, brano dopo brano, senza picchi. Un funky piuttosto "easy
listening" che non prende, non si fa spazio nell'animo. Peccato, perché il musicista
è carismatico. Il combo non prevede il basso il cui ruolo è ricoperto dall'organista
Michael Gorman, un nome annunciato solo due giorni prima, unitamente a quello
del sassofonista Peter Wettre, a sostituire il bravo Tore Brunborg, apprezzato
quest'estate con il pianista Tord Gustavsen. Anche Wettre, forse proprio perchè
inserito in extremis, non offre particolari spunti di interesse né al soprano, né
al tenore. Vorremmo ascoltare la tromba di Aquino in altri contesti, magari
più originali, dato che le qualità senza dubbio ci sono. La platea, comunque, tributa
educati applausi dopo ogni brano, ma è un concerto privo di grinta e tensione, che
si conclude con il bis previsto in scaletta, "Snaps hot", cui non seguono
richieste ulteriori.
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Data pubblicazione: 30/12/2012
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