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Luca Aquino & Jordanian National Orchestra
Petra
Talal Abu - Ghazaleh International Records (2016)
1. Dead Sea Moon
2. Smile
3. Aquistico
4. Petra
5. Wadi Rum
6. Baciu
7. Bedouin Blues 3.0
8. Ninna nanna x PG
9. Amman
Luca Aquino - tromba, flicorno, fischietto Laurentiu Baciu - oboe Brad Broomfield - percussioni Sergio Casale - flauto Carmine Ioanna - fisarmonica Bassem Al Jaber - contrabbasso Anna Maria Matuszscak - violino Vardan Petroysan - viola
Roccia. E' la traduzione della denominazione del sito archeologico
in Giordania dove Luca Aquino ha inteso registrare il suo composito lavoro. Composito,
ma altrettanto lineare, limpido e scorrevole, ardimentoso e ricco di flussi classici
ben congegnati per mano degli strumenti utilizzati: non v'è batteria, qui avrebbe
avuto un impatto emotivo straniante, mentre fanno bella mostra le percussioni carezzevoli
e decise di Broomfield che ben si amalgamano con l'ingegnosa fisarmonica di Carmine
Ioanna. Il millenario parco ha regalato ad Aquino e compagni uno spiccato lirismo,
che si traduce in un'esecuzione magistrale e in nove brani di particolare pregio
artistico: otto siglati dal trombettista campano e l'altro, che ben s'incastona
nell'economia del progetto, uscito dal sacco di Charlie Chaplin: l'immarcescibile
"Smile", che trova un nuovo universo volteggiando in un universo contemporaneo.
Il soffiato, il vibrato di Aquino – oramai riconoscibile di getto – è il marchio
forte del disco; così come le composizioni: "Aquistico" è tanto elaborata
quanto gradevole nel suo moto ondulatorio tra intervalli arditi e senso di folklore
indigeno. Il brano eponimo giganteggia per dolcezza e per un crescendo sonoro ben
delineato nelle trame tessute da Ioanna e nell'incisivo periodare del leader, che
si muove tra arabe soluzioni, fiocchi di musica classica, profondo senso orchestrale
e moderata improvvisazione. Una menzione a parte merita l'architettura di " Bedouin
Blues 3.0": con il ritmo tenuto a galla da Ioanna, volteggiare di voci strumentali
e il "parlato" di Aquino che declina il blues a mo' di cornetta. "Amman",
con il soffiato di Aquino che sembra alzare una nube di sabbia del deserto chiude
un bel lavoro che fa della ricerca il suo punto d'orgoglio: e in questi tempi di
vacche magre, già da solo varrebbe premi e riconoscimenti.
Alceste Ayroldi per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 26/04/2017
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