Addio, Gian
Carlo
di
Lucilla Cremoni e
Michelangelo Carta
Gian Carlo Roncaglia
1928-2004
Gian Carlo Roncaglia non c'è più.
La memoria storica del jazz in Piemonte, l'autore di articoli, saggi, libri e recensioni, ci ha lasciati.
Leggere e ascoltare Roncaglia voleva dire leggere e ascoltare uno studioso e giornalista che non era chiuso nella torre d'avorio dell'accademia o nella frenesia arrogante di certe redazioni. I suoi scritti riflettevano la passione di un uomo ben radicato nella realtà, in un lavoro che nulla aveva a che fare con la musica (era stato anche uno dei fondatori della Confesercenti torinese, in cui per molti anni ebbe un incarico direttivo), in una militanza, partigiana prima e comunista poi, che lui viveva come differenza "tra chi si accontenta di lasciare le cose come stanno e chi le vuole cambiare".
E proprio il suo vivere nel mondo reale, il suo coinvolgimento, hanno generato la base metodologica (genericamente definita "marxista", ma in realtà molto più articolata) del suo libro più famoso,
Il Jazz e il suo mondo, pubblicato da Einaudi e diventato un testo fondamentale.
L'idea, apparentemente semplice ma mai esplorata in precedenza, è che non si può e non si deve separare la musica dalle origini e dalle esperienze - il mondo, appunto - di chi la fa, nello specifico i problemi e i valori dei neri americani.
Autodidatta perfetto, Roncaglia aveva la competenza dello studioso sfrondata però di ogni prosopopea autoreferenziale e nutrita da una passione divorante, la stessa che lo ha fatto diventare anche uno dei più prolifici fotografi di jazz (ben trentaseimila le fotografie che aveva donato al Centro "Arrigo Polillo" di Siena); la stessa che gli fece lasciare in anticipo l'ultimo concerto visto assieme perché il Grande Sassofonista star dello spettacolo si stava dimostrando tanto arrogante quanto sfiatato.
Dire tutto questo era doveroso, per dare una pallida idea di cosa ha significato Roncaglia per la conoscenza e la diffusione del jazz. Ma per noi Gian Carlo era soprattutto un grandissimo amico, quello con cui si mangia, si chiacchiera, ci si trova, ci si dà una mano, insomma, si fanno le cose che fanno gli amici.
Si era divertito a ricordare per noi gli aneddoti e le storie del jazz torinese, ma non si rileggeva sul portale perché lui di computer non voleva sentir parlare, a costo di girare in lungo e in largo per trovare un pezzo di ricambio per la macchina da scrivere.
Da buon modenese (per parte di madre) era curioso, diretto, sanguigno, mal sopportava i benpensanti e i poco pensanti.
Sarà dura senza di lui.
12/12/2018 | Addio a Carlo Loffredo, tra i padri del Jazz in Italia: "Ho suonato con Louis Armstrong, Dizzy Gillespie, Django Reinhardt, Stephan Grappelli, Teddy Wilson, Oscar Peterson, Bobby Hachett, Jack Teagarden, Earl "father" Hines, Albert Nicholas, Chet Baker, i Four Fresmen, i Mills Brother, e basta qui." |
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Data ultima modifica: 05/01/2008
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