Il Jazz a Torino
di Gian Carlo Roncaglia
I primi anni cinquanta, "Jazz at the Kansas City"
Negli anni Cinquanta, mentre nel resto d'Italia jazz è ancora sinonimo di New Orleans, Torino è la prima ad accogliere gli stimoli di una nuova concezione di jazz, quella di Count Basie e di Miles Davis.
Fred (non più "Nando") Buscaglione aveva ormai imboccato i dorati sentieri del successo e le sue canzoni-storie, scritte dall'amico
Leo Chiosso e da lui musicate via via spopolavano sempre più nelle Hit Parade della musica leggera, ponendosi però in una dimensione diversa da quella delle barche che tornavano sole o delle mamme che piangevano e lo stesso, anni dopo, avrebbero fatto le creazioni di
Domenico Modugno. Per Buscaglione, però, i legami con il jazz non erano svaniti nelle nebbie del tempo. Nel "dancing" (il luogo dove si ballava, allora la discoteca apparteneva a un futuro assai lontano) che si chiamava
Faro Danze, in Via Po a due passi da Piazza Vittorio, Fred con la sua orchestra teneva banco e il suo "Whisky facile" veniva eseguito tenendo in mano un bicchierone di tè, perché lui soffriva di disturbi gastrici e non poteva certo imitare il protagonista della canzone. Il bello però veniva dopo la mezzanotte, quando la band si ritirava e riappariva con divise da pompiere aggredendo il pubblico rimasto con puro Dixieland, proprio come stavano facendo i californiani
Firehouse Five Plus Two (i "Cinque pompieri più due") del trombonista
Ward Kimball, i quali si presentavano sul palco addirittura su un'autopompa Lafarge del 1914 restaurata dal leader del complesso e che utilizzavano anche negli spostamenti verso i luoghi ove erano stati ingaggiati per le loro sortite spettacolar-musicali.
Ma le faccende del jazz, quello verace, come andavano verso la metà del secolo?
Massimo Mila, per il rinato "Jazz" dell'Hot Club tornato ad essere attivissimo, come si vedrà, scrisse parole inequivocabili su questa musica così controversa: "… il jazz è tuttora una manifestazione genuina del nostro tempo: senza aver spento l'originario impulso popolare mette in mostra affinamento ed evoluzione stilistica in accordo con il volgere dei tempi. E basta questo per fare del jazz un capitolo insostituibile della musica moderna".
Pudicamente, su "Jazz" si riportava, come sede dell'Hot Club nonché della direzione del periodico, l'indirizzo "Parco Michelotti – Palazzina APM". Il fatto si è che l'anonima APM altro non era che l'Associazione Provinciale Macellai, che aveva fatto costruire, nello storico Parco Michelotti sulle rive del Po, il proprio Circolo Sociale. Forse ai promotori dell'epoca pareva non sufficientemente consona la coabitazione né, d'altronde, era molto pubblicizzata l'ospitalità offerta dalla Camera del Lavoro (quella "storica", di Corso Galileo Ferraris) per le prove serali dei complessi facenti capo al Club…
Ben otto, comunque, erano quei complessi, che spaziavano dal jazz d'antan del trio di
Bepi Zancan e della Augusta Jazz Band allo swing degli Honner's Swingers
del Gruppo Swing di Torino e, soprattutto, del quintetto dell'Hot Club con
Dick Mazzanti ed Emilio Siccardi. Per arrivare ai complessi à la page
come il Trio Moderno Strumentale (di origini astigiane, occorre rilevarlo), e il
Modern Jazz Ensemble capeggiato dal giovanissimo Enrico Rava, da poco "fulminato" dall'ascolto di Miles Davis e dall'Hard Torino Boppers.
Erano oltretutto maturi i tempi per la nascita del complesso che più di ogni altro avrebbe detto come, mentre nel resto d'Italia dominavano i complessi amatoriali che parlavano il linguaggio della tradizione neworleanista del jazz (dalla primigenia
Roman New Orleans Jazz Band alla milanese Milan College Jazz Society
e così via raccontando), sulle rive del Po era il linguaggio swing alla Count Basie che dettava legge. "Jazz at the Kansas City" fu il nome del complesso che ottenne, in ogni parte d'Italia e persino in trasmissioni radiofoniche, clamorosi successi:
Sergio Farinelli alla tromba con Renato Germonio, Dick Mazzanti
al trombone, Emilio Siccardi al sax tenore la front line, con Piero Fasano
al pianoforte, Piero Brovarone – il notissimo titolare del negozio di dischi in Via XX Settembre, 70 – al contrabbasso e il poi famosissimo
"Carlìn" Sola alla batteria. Fu il vero inizio, per Torino.
12/12/2018 | Addio a Carlo Loffredo, tra i padri del Jazz in Italia: "Ho suonato con Louis Armstrong, Dizzy Gillespie, Django Reinhardt, Stephan Grappelli, Teddy Wilson, Oscar Peterson, Bobby Hachett, Jack Teagarden, Earl "father" Hines, Albert Nicholas, Chet Baker, i Four Fresmen, i Mills Brother, e basta qui." |
|
Invia un commento
©
2000 - 2004 Jazzitalia.net - Gian Carlo Roncaglia - Piemonte Magazine - Tutti i diritti riservati
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
Questa pagina è stata visitata 4.486 volte
Data ultima modifica: 05/01/2008
|
|