Nei primi anni del novecento, fino circa all'inizio del primo conflitto mondiale, la musica più popolare e diffusa nelle grandi città rimane il
ragtime pianistico.
Nel sud, e più precisamente a New Orleans, il ragtime si fonde con le marce europee ed il blues nero, dando vita al primo jazz.
L'improvvisazione è ancora circoscritta a poche battute e la conduzione è naturalmente in mano al bandleader, ma all'interno dell'esecuzione è previsto sempre un piccolo spazio per le variazioni collettive. Solitamente sono brevi breaks ritmo-melodici, con la funzione di collegamento tra le varie sezioni del brano, ma sono sufficienti per mettere in mostra le grandi qualità solistiche dei primi jazzmen come:
King Oliver, Kid Ory, Sidney Bechet, Baby Doods,
Louis Armstrong...
Jelly Roll Morton è da considerare il primo grande pianista di jazz. La sua musica deriva ancora dal ragtime, arrangiato per gli strumenti a fiato, con l'aggiunta di alcune brevi improvvisazioni.
Nel
1914
incomincia il grande esodo dei neri verso le città industriali del nord (Chicago, New
York, Detroit). Anche i jazzisti si spostano in città portando con loro la musica di New Orleans e soprattutto il blues. La musica che si suona infatti in quegli anni a Chicago e New
York è ancora ragtime senza alcun accenno blues. Le condizioni dei neri nelle città del nord non sono però pari alle aspettative. Si costruiscono i primi grandi ghetti di Chicago e di New York (Harlem) dove la popolazione americana di colore, appena uscita dall'incubo della schiavitù, deve fare i conti con il nuovo razzismo bianco. Nonostante le grandi concentrazioni di neri e di musicisti jazz, il primo disco ufficiale è di un gruppo bianco, la
Original
Dixieland Jazz Band, che viene registrato nel
1917
a New York. Al di là delle valutazioni estetiche, bisogna comunque dire che l'effetto causato dalla ODJB sul
mondo musicale americano è enorme ed apre indirettamente la strada anche ai jazzisti neri. Successivamente infatti fanno i loro passaggi a New York
Louis Armstrong nel
1922, Fletcher
Henderson nel
1924
e tutti gli altri grandi jazzmen di quel periodo, cogliendo grandi successi. Morton
ha occasione di essere a New York già nel
1911, a Los Angeles nel
1917
(dove sta per cinque anni) trasferendosi nel
1923
a Chicago.
Nel fermento di quegli anni non mancano neppure gli equivoci artistici
come le ibridazioni di Paul Whiteman e George Gershwin, entrambi bianchi, che cercano di rendere il jazz più classico e levigato, con sonorità pulite e controllate. In altre parole fanno l'opposto di King
Oliver, di Armstrong e di altri che si esprimono con un linguaggio "dirty" e sanguigno, inadatto all'austerità delle sale da concerto.
La sera del 24 febbraio
1924
Whiteman ottiene comunque un successo clamoroso sebbene con un programma
molto confuso che prevede la
Rapsodia in Blue
di Gershwin, brani di Nick La Rocca,
dello stesso Whiteman e i canti dei battellieri del Volga. Da quel
momento il termine jazz, seppure in modo distorto, entra a far parte del lessico dei ceti medi americani. La musica di
Fletcher Henderson e degli altri "veri" jazzisti neri è infatti ancora
pressoché sconosciuta al grande pubblico e gli stessi musicisti di colore suoneranno più tardi le canzoni di Gershwin per ottenere maggiori ingaggi.
Subito dopo, il jazz "hot" vive un periodo di fulgore fino al
1929
(prima della grande crisi) e Armstrong,
Beiderbecke, Henderson ed Ellington hanno occasione di esibirsi in moltissimi teatri.
Sotto il profilo strettamente pianistico, se ad Harlem dopo il
1920
si impone lo stride piano di James P.
Johnson e con Armstrong si mette in mostra un altro grande pianista (Earl
Hines), a Chicago incomincia a ottenere successo il boogie-woogie di Meade
Lux Lewis
(Meade Anderson Lewis: Chicago, 4 set 1905 - Minneapolis, 7 giu 1964).
Honky Tonk Train Blues
(Mead Lux Lewis)
Il boogie, che verrà ripreso qualche decennio più tardi, gettando le basi al
rock & roll e al rock successivo, fonde il pianismo ritmico e percussivo del ragtime con il sapore e la struttura del blues. A differenza del ragtime, che è in tempo binario, il boogie si sviluppa in 12/8 con un incessante movimento della mano sinistra mentre la destra ripete dei semplici riff di poche misure abbelliti da trilli, tremoli ed altri artifizi di grande effetto.
Esempio 9 -
Ascolta MIDI
Earl
"Fatha" Hines
(Earl Kenneth Hines: Dusquesne, PA, 28 dic 1903 - Oakland, CA, 22 apr 1983)
è un capostipite del pianismo moderno. Impara subito a suonare a ottave parallele per ottenere maggiore sonorità ma, a differenza di altri pianisti, mette in luce un tocco raffinato e cristallino che gli deriva da studi classici. Fin dall'inizio ascolta molto i pianisti più all'avanguardia come
James P. Johnson, preferendoli a Jelly Roll Morton per il vigore delle sue frasi e il profondo senso del blues.
Nel
1924
si trasferisce a Chicago dove ha modo di mettersi in mostra e di conoscere, nel
1926,
Louis Armstrong con cui stringe uno dei sodalizi più creativi e longevi della storia del jazz. Sebbene Hines e
Armstrong abbiano avuto lunghi periodi di separazione, nei loro concerti mettono in luce una perfetta intesa stilistica. Il pianismo di Hines viene persino denominato "trumpet style" per sottolineare la simbiosi con Satchmo.
Lo stile di Hines è in realtà molto articolato: la sinistra esegue ottave e decime secondo lo stilema post-stride, mentre la destra suona frasi molto cantabili e liriche in cui si intravede
il vigore ed il tocco delicato del concertista. Talvolta Hines abbandona l'incedere a quarti della sinistra per partecipare alla conclusione delle frasi che passano armonicamente da una mano all'altra.
Hines dà vita a molte orchestre tra cui quella del
1943
con alcuni dei nuovi innovatori della rivoluzione bebop (Charlie Parker,
Dizzy Gillespie, Benny Green) e la grandissima cantante Sarah
Vaughan. Dopo un periodo di offuscamento negli anni cinquanta, risorge nei primi anni sessanta con una serie di concerti in trio con cui suona persino in
Russia.
Earl Hines Orchestra
sull'estrema sinistra Dizzy Gillespie e all'estrema destra Charlie Parker
La crisi del
1929 convince molti jazzisti ad abbandonare gli Usa a favore dell'Europa.
Armstrong lascia il continente americano nel
1932, Ellington nel
1933, Hawkins nel
1934. Se però
Chicago chiude i battenti al jazz, New York offre alcune opportunità, come
all'orchestra di Cab Calloway che sostituisce con successo Ellington al
Cotton Club.
I locali di Harlem continuano a lavorare ma con minore intensità di prima. Alcuni jazzisti cambiano persino mestiere; altri, invece, cercano spazio nelle incisioni commerciali che privilegiano però essenzialmente i bianchi:
Tommy e Jimmy Dorsey, Benny Goodman, Glenn Miller.
Nel sud, a Kansas City, la situazione è totalmente diversa e anche il jazz vive un periodo di un certo benessere. Lo stile di Kansas City è meno raffinato di quello del nord, ma le orchestre, a cominciare da quella di
Bennie Moten
(Benjamin Moten: Kansas City, 13 nov 1894 - 2 apr 1935)
e successivamente del pianista Count Basie e di Andy Kirk
(Andrew Dewey Kirk: Newport, KY, 28 mag 1898 - New York, 11 dic 1992), propongono una musica travolgente, ricca di riffs.
A Kansas City sono attivi molti jazz clubs in cui si tengono interminabili jam sessions con i migliori strumentisti del momento:
Lester Young, Ben Webster, la pianista e cantante Mary Lou
Williams
(Scruggs, Mary Elfrieda: Atlanta, 8 mag 1910 - Durham, NC, 28 mag 1981)
e il giovanissimo Charlie Parker.
Esempio 10 -
Ascolta MIDI
Inserisci un commento
©
2003 Jazzitalia.net - Claudio Angeleri - Tutti i diritti riservati
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
Questa pagina è stata visitata 24.155 volte
Data pubblicazione: 26/10/2003
|
|