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Capitolo 6: Gli anni cinquanta
di Claudio Angeleri
info@cdpm.it

Gli anni cinquanta rappresentano un periodo di grandi cambiamenti sotto il profilo sociale, artistico e politico da cui il jazz viene investito in pieno creando i presupposti della rivoluzione free del decennio successivo.
Gli americani vivono in Corea la scottante esperienza di un'altra guerra fuori dai confini mentre in patria respirano aria di repressione (è il periodo della famosa "caccia alle streghe").
I movimenti culturali e di pensiero non rimangono comunque inattivi. AI contrario interpretano il malumore diffuso esprimendo lo attraverso forme assolutamente non convenzionali: la pittura gestuale di Pollock, le vite spericolate di James Dean e Marlon Brando, la poesia e la narrativa "contro" di Kerouac, Ginsberg, Ferlinghetti.
È del 1955 la protesta di Rosa Parks: una tranquilla donna di colore che aveva commesso il "grave errore" di sedersi nella zona di un autobus riservata ai bianchi.
Da quell'episodio apparentemente marginale scaturisce un colossale boicottaggio dei neri, capeggiati da Martin Luther King, nei confronti della compagnia di autobus che arriva sull'orlo del fallimento.
Nel sud i bianchi reagiscono violentemente con spedizioni punitive del Ku Klux Klan, spesso supportate dalla polizia e dalle istituzioni locali.
Il presidente Eisenhower manda persino le truppe federali a Little Rock ove era stato vietato l'ingresso ai bambini neri nelle scuole. In tutta risposta il governatore Faubus, irritato dall'ingerenza federale, decide di chiudere durante l'anno scolastico 1958/1959 tutte le scuole regalando così ai bianchi una lunga vacanza ma negando di fatto ai neri uno dei più elementari diritti.

L'ondata di proteste è immediata e durissima nonostante l'esempio pacifista di Luther King. In ogni settore si levano echi di dissenso che coinvolgono anche la musica. Charles Mingus  (Nogales, AZ 22 apr 1922 - Cuernavaca, Mexico 5 gen 1979) dedica provocatoriamente una suite ai fattacci di Little Rock, la famosa
Fables of Faubus.

Gli anni cinquanta sono anche gli anni della beat generation e del rock and roll nato dall'esperienza del rhythm & blues ma ispirato anche dal country (hillybilly) bianco. Il massimo esponente dal r'n'r' è Elvis Presley a cui si affiancano, sul versante nero, Little Richard, Chuck Berry, Fats Domino e Ray Charles. Il look anticonformista e trasgressivo della nuova musica è in grado di coinvolgere anche le fasce sociali moderate che pur vivono il clima di malessere generale non condividendo i comportamenti estremisti dei beatniks. Elvis Presley è la figura di riferimento più importante per tutte le generazioni grazie alla sua capacità di essere trasgressivo ed incarnare al tempo stesso l'immagine dominante del "self made man" americano.

Il jazz, dopo la breve ma pur significativa parentesi cool, vive uno dei periodi più fecondi della sua storia. In particolare il pianoforte, nell'arco di circa dieci anni, vede nascere e affermarsi un consistente numero di musicisti importanti per lo sviluppo moderno dello strumento.

Il punto di partenza è il bebop, rivisto e corretto in chiave molto dura e aggressiva, in linea con il clima di quegli anni, in cui si riconosce sempre la matrice fondamentale del blues pur in chiave più ritmica e marcata: funky appunto. Sono gli anni del cosiddetto hard bop che vedono l'affermazione dei gruppi del trombettista Clifford Brown
(Wilmington, DE 30 ott 1930 - Pennsylvania, 26 giu 1956), del batterista Art Blakey (Abdullah Ibn Buhaina: Pittsburgh, 11 ott 1919 - New York, 16 ott 1990) con i suoi Jazz Messengers e del pianista Horace Silver (Horace Ward Martin Tavares Silver:  Norwalk, CT, 2 set 1928). Anche Miles Davis si appropria della nuova estetica dando vita ad alcune tra le formazioni più straordinarie della sua carriera.

Sebbene vicini al lessico improvvisativo hard bop, per la presenza di alcuni importanti solisti del momento, si affermano negli anni cinquanta anche i gruppi di due compositori chiave del jazz: il pianista Thelonious Monk e il contrabbassista (ma anche notevole pianista) Charles Mingus.
La loro musica, come già detto in precedenza, è difficile da assegnare a questo o quello stile. Si tratta di due esperienze completamente autonome e diverse che hanno lasciato un segno indelebile nella storia della musica contemporanea costituendo nel contempo una scuola musicale di altissimo livello per i musicisti degli anni cinquanta e sessanta.
La profondità armonica di Monk, ad esempio, influenza non poco i tenoristi del suo quartetto che, proprio dopo l'esperienza con il pianista, mettono le ali di una fulgida carriera. Si tratta di John Coltrane, Sonny Rollins e Johnny Griffin
(John Arnold Griffin III: Chicago, IL, Apr 24 apr 1928) senza dimenticare Charlie Rouse che rimane praticamente sempre nella sfera monkiana anche dopo la morte del pianista.

Charles Mingus
vive l'esperienza bebop a fianco di Parker, Powell e Gillespie ma un po' in ritardo (
1951) per mietere i successi della critica. Ciò nonostante è proprio per merito di Mingus che nel 1953 a Toronto si riesce a costituire un formidabile quintetto composto da Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Bud Powell, Max Roach e Charlie Mingus.
Il concerto viene considerato il canto del cigno del bebop, infatti da lì a poco morirà Charlie Parker (1955) dopo un tremendo periodo di continue crisi e ricoveri ospedalieri.

Mingus è molto attivo anche sul versante discografico (è del
1952 la costituzione con Max Roach della etichetta autogestita Debut) e della ricerca compositiva.

Nel
1953 dà vita ad una serie di concerti/laboratorio denominati JAZZ WORKSHOPS, e più avanti JAZZ COMPOSERS WORKSHOPS, in cui incomincia a sperimentare le forme aperte ed organici anomali (ad esempio quattro tromboni). È comunque nel 1956, con la pubblicazione dell'album Pithecanthropus Erectus, che viene realizzata la prima grande opera del periodo maturo di Mingus. Il brano che dà il nome al disco è una suite in quattro movimenti in cui vengono messe in luce le qualità dei suoi solisti, secondo una filosofia che lo accompagnerà sempre nella sua ricca produzione.
Al sax alto c'è l'originalissimo Jackie McLean
(John Lenwood McLean, Jr: New York, 17 mag 1932), mentre al pianoforte siede il pianista nero Mal Waldron che si era già fatto le ossa come raffinato accompagnatore della cantante Billie Holiday.
Il batterista Dannie Richmond
(Charles D. Richmond: New York, 15 dic 1935) inizia in quegli anni una lunghissima collaborazione con Mingus (gli sarà a fianco fino alla sua morte avvenuta nel 1979) caratterizzata da un interessante ed originale approccio ritmico (cambi di tempo, esecuzioni in rallentando o accelerando). Alla fine degli anni cinquanta Mingus registra alcuni album di grande valore come Tijuana Mood, Blues and Roots, Mingus Ah Um, anche se il grande successo giunge solo nel 1964 durante una leggendaria tourneè in Europa. Nel suo gruppo ora ci sono i sassofonisti Eric Dolphy e Clifford Jordan, il trombettista Johnny Coles, Dannie Richmond, ma soprattutto il pianista nero Jaky Byard (John A. Byard, Jr.: Worcester, MA, 15 giu 1922 - Queens, NY, 11 feb 1999).
Byard infatti è il pianista che meglio di altri si adatta alla sintesi mingusiana. Ottimo esecutore stride (di cui sfrutta la tecnica a decime con l'aggiunta della settima di Tatum), Byard fonde in uno stile originale il fraseggio serrato del bebop, la tecnica delle scale modali e i clusters della musica contemporanea e del free jazz. Byard è inoltre un ottimo compositore ed arrangiatore le cui qualità possono essere pienamente apprezzate nella sua big band e nel gruppo Experience insieme al multisassofonista Roland Kirk
(Ronald T. Kirk: Columbus, OH, 7 ago 1936 - Bloomington, IN, 5 dic 1977).

S
ulla linea di Byard si colloca molto più recentemente negli anni settanta il pianista Don Pullen
(Don Gabriel Pullen: Roanoke, VA, 25 dic 1941 - East Orange, NJ, 22 apr 1995). Anche lui nell'improvvisazione sintetizza bop e free, conferendo molta energia alle interpretazioni. Pullen, a differenza di Byard, non utilizza lo stride piano ma suona, in altri contesti e con grande maestria, l'organo Hammond. Pullen sfrutta la pedaliera dei bassi doppiandoli all'unisono con la mano sinistra. Tale tecnica, proprio per le grosse difficoltà tecniche, è utilizzata da pochissimi specialisti.

Downbeat archivePer quanto riguarda l'hard bop il pianista che più di altri rappresenta l'estetica degli anni cinquanta è Horace Silver. La sua figura è associata solitamente a quella del batterista Art Blakey con cui, a partire dal
1952, ha dato vita alla celebre formazione dei Jazz Messengers. Silver riveste un ruolo determinante nel gruppo: è direttore musicale oltre che autore di gran parte del repertorio, quindi dipende da lui l'indirizzo stilistico dei Messengers.
A differenza del bebop, considerato di difficile comprensione, la musica di Silver assume caratteri più immediati sia sotto il profilo ritmico che armonico, con un riferimento costante alla musica gospel e blues.
Proprio per questa immediatezza e per la sonorità scura del sax tenore, che si impone proprio negli anni dell'hard bop, la musica viene denominata funky.
Inizialmente il termine è inteso dai bianchi in senso dispregiativo. Nello slang newyorkese infatti viene usato per denominare qualcosa di maleodorante in riferimento alla comunità nera dei sobborghi e dei ghetti. Naturalmente i musicisti, in virtù del clima repressivo degli anni cinquanta, non si fanno scappare l'occasione per utilizzare il termine in senso provocatorio e così la musica funky si diffonde a macchia d'olio.

Sotto il profilo armonico, sebbene Silver sia un profondo conoscitore dell'armonia boppistica, che arricchisce ulteriormente con l'uso di none, undicesime e tredicesime, preferisce progressioni semplici: solitamente fondamentali, sottodominanti e dominanti. Anche il riferimento al blues vìene personalizzato, infatti Silver è solito suonare degli intervalli minori invece di aggirare la melodia con le blue notes.

Questa consuetudine oltre a dare vita a vere e proprie composizioni in tonalità minore consente una rapida diffusione dello schema del blues minore che avrà un ruolo particolare nel jazz modale di Coltrane. Vediamo la struttura.

I brani di Silver, come già detto, adottano spesso progressioni semplici, talvolta si tratta di triadi e accordi di settima, derivate dai gospels.


Oppure, come in
Senor Blues, introduce il tempo latino in 6/8 in cui la mano sinistra del piano si incastra con gli accordi della destra e lo sviluppo tematico.

Anche la struttura armonica del brano (in minore) anticipa di qualche anno le procedure modali di Davis (So What). Infatti gli accordi vengono mantenuti per un numero ripetuto di battute consentendo perciò all'improvvisatore di muoversi con maggiore libertà sulle scale. Senor blues è del 1956.

Silver collabora in quegli anni anche con Davis in alcuni takes per l'etichetta Prestige.



Doxy: File Audio (MP3 271KB)
Tratto da Bag's Groove (Pres. LP7109)
NYC, 24 dic 1954

Altri pianisti, influenzati dalla tradizione swing ed, in parte, dal bebop trovano proprio negli anni cinquanta la definitiva affermazione. Oltre al già citato Oscar Peterson, unico grande erede della tradizione di Tatum, ha un grande successo il pianista e cantante Nat King Cole, l'eclettico Ray Bryant (Raphael Bryant: Philadelphia, PA, 24 dic 1931) (è molto interessante e complesso il suo uso della mano sinistra) e Phineas Newborn (Whiteville, TN, 14 dic 1931 - Memphis, TN, 26 mag 1989), che, tra gli altri, collabora anche con Mingus.

Particolarmente significativa ed innovativa è la figura di Ahmad Jamal (il cui vero nome è Fritz Jones). In primo luogo introduce un uso "ritmico", più che armonico, della mano sinistra mentre la mano destra privilegia spesso il registro alto della tastiera. Inoltre rivoluziona il concetto di trio nero alla Powell dando maggiore libertà alla sezione ritmica. In altre parole in lui sono presenti tutti quegli elementi che verranno poi sviluppati da Bill Evans e Herbie Hancock.






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Data pubblicazione: 03/09/2004

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