Ringrazio Jazzitalia per l'interesse dimostrato nei confronti di questo mio libro sulla storia e gli stili dell'improvvisazione pianistica.
Si tratta del secondo volume di un testo didattico commissionatomi nel 1995 dalla casa editrice
Le Parc. Poichè il testo risale a quasi dieci anni fa e tratta una materia (il jazz pianistico) che necessita praticamente di aggiornamenti in "tempo reale", ho ritenuto necessario aggiungere una breve premessa al testo che spieghi le motivazioni sottese al lavoro.
Inizio col dire che non si tratta di un libro "verità".
Non ho né la presunzione né i crediti per pretenderlo. Si tratta ovviamente di una interpretazione del fenomeno jazzistico mutuata da una lunga esperienza didattica e di studio che ancora oggi non ritengo conclusa (e credo non si concluderà mai). Ma si tratta anche di un materiale ampiamente testato con studenti e pianisti in un lavoro di "trincea" svolto in gran parte al CDpM ma anche nel corso di vari seminari, viaggi studio, confronti con colleghi musicisti (non solo pianisti) e giorni e giorni di studio, trascrizioni, approfondimenti.
Il testo esisteva già in versione domestica e proprio l'incoraggiamento di alcuni studiosi come
Mark Levine, Riccardo Scivales, Maurizio Franco, Enrico Intra,
Jaky Byard nei confronti delle mie dispense mi ha convinto successivamente a pubblicare il libro in versione ufficiale.
Il passaggio dagli appunti fotocopiati al libro mi ha obbligato a modificare alcune impostazioni di fondo.
Se il primo libro doveva infatti affrontare problemi tecnici pianistici (voicings,
scale, diteggiature, accompagnamento ecc.) il secondo doveva, proprio per richiesta dell'editore, avere un taglio più discorsivo e divulgativo senza rinunciare alla serietà dell'analisi.
Doveva, in altre parole, raccontare la storia del jazz pianistico in modo facilmente comprensibile proponendo alcuni esempi significativi e al tempo stesso eseguibili rapidamente con una competenza tecnica media.
Il tutto in 100 pagine!
Sebbene ciò sembri una follia ho accettato e così ecco qui il libro.
Ovviamente ho semplificato alcune parti (approfondite successivamente in altri saggi brevi) senza per questo banalizzare i temi.
Nel 1995 inoltre erano ancora poco noti, o meglio, non avevano ancora raggiunto la maturità e la fama numerosi pianisti che oggi vanno per la maggiore (Uri Caine, Brad Mehldau,
Fred Hersch, Stefano Bollani sono i primi che mi vengono in mente). La loro esclusione nella scelta degli esempi proposti è quindi da attribuire solo a motivi cronologici e non di scelta consapevole.
Un'ultima considerazione riguarda gli strumenti utilizzati per le trascrizioni. Ai tempi di redazione del libro non erano ancora così diffusi e sviluppati gli strumenti informatici che oggi consentono sia di scrivere la musica sia di analizzarla lentamente senza modificarne il pitch.
Allora ho "tirato giù" nota per nota tutti gli assoli bruciando il motore del mio registratore e impazzendo quando le frasi raggiungevano una velocità impossibile. E' stata una esperienza notevole che mi ha molto aiutato ad affinare l'orecchio e a capire dal "di dentro" una musica che, ancora oggi, suono e ascolto soprattutto col cuore.
Claudio Angeleri