Durante la "swing era" i problemi razziali rimangono momentaneamente in sordina e bianchi e neri intravedono una possibile soluzione di convivenza. Lo swing, suonato prevalentemente da bianchi ma anche da neri, fa da colonna sonora a questa momentanea tregua.
Gli Stati Uniti, del resto, stanno combattendo una guerra, seppure a migliaia di chilometri di distanza, e quindi non si possono occupare dei problemi interni tra cui, in primis, quello razziale. Inoltre le truppe statunitensi sono in Europa anche per dare una lezione di civiltà nei confronti del razzismo nazista, quindi devono dare un buon esempio di pacifica convivenza multietnica. Nonostante ciò le discriminazioni razziali sono sempre latenti sia tra i militari in guerra che in patria e sfociano spesso in tumulti e scontri sanguinosi nei ghetti delle città del nord e del sud. I più violenti avvengono nel
1943
a Detroit ove si era verificata in quegli anni una consistente concentrazione di operai neri. AI termine degli scontri si contano 34 morti di cui 25 neri.
Sul fronte musicale c'è da segnalare la massiccia diffusione dello swing attraverso la radio ed i "V disc" cioè i dischi prodotti in America per la quinta armata in Europa. A causa di un lunghissimo sciopero del sindacato americano dei musicisti, che rivendicava un migliore trattamento economico dei "turnisti" e dei compositori di studio, i "V disc" rimangono praticamente l'unico esempio su disco del miglior jazz degli ultimi anni di guerra.
L'Europa, che aveva avuto modo di conoscere appena la musica d'oltreoceano nel corso delle tournée dei primi anni trenta dei grandi jazzisti come
Ellington e Armstrong, ora può immergersi completamente nella musica americana, scoprendo soprattutto il jazz edulcorato di
Glenn Miller ma anche, sebbene in misura minore, le esperienze delle orchestre e dei solisti neri (Coleman
Hawkins, Fatz Waller, Art Tatum, Lester Young, Count Basie, Duke).
Proprio con la morte di Glenn Miller nel
1944, anno dello sbarco in Normandia, si fa coincidere anche la fine dello swing e l'inizio del nuovo corso musicale rivoluzionario: il bebop.
Già da qualche mese infatti suonavano stabilmente nei locali della 52a strada di New York alcuni musicisti neri come il trombettista
Dizzy Gillespie e il bassista Oscar Pettiford, il pianista Thelonious Monk, il batterista Kenny Clarke e lo straordinario sassofonista Charlie Parker.
A dir la verità parecchi di loro si esibivano già dal
1940, anno di riapertura del mitico
MINTON'S (jazz club della 118a strada ovest di New York), nel corso di interminabili jam a notte tarda, quando i musicisti erano ormai in libera uscita dai "gigs" commerciali.
Molti di loro provenivano dalla big band di Earl Hines come Gillespie,
Benny Harris, Benny Green e Charlie Parker (che suonava originariamente il sax tenore). L'orchestra di Hines di quegli anni eseguiva già alcune composizioni bebop come
Salt Peanuts, ma purtroppo non ci ha lasciato documentazioni discografiche.
L'effetto causato sul mondo musicale è straordinario anche se, inizialmente, il pubblico è formato soprattutto da colleghi musicisti vogliosi di capire i meccanismi di quella musica indiavolata.
I brani privilegiano dei tempi fast a velocità di metronomo inconcepibili fino a qualche anno prima; i temi, quasi sempre songs in 32 misure o blues ampiamente rivisitati, sono eseguiti all'unisono da tromba e sax all'inizio e alla fine del brano, mentre durante l'esecuzione si alternano gli assoli dei vari solisti sulla forma ciclica della canzone (AABA oppure ABAC)
Di seguito si riassume brevemente lo schema "standard" di un brano di 32 misure di forma canzone AABA secondo l'esecuzione bop.
- Esposizione del tema all'unisono (32 misure AABA)
- Assolo di sax alto (open su AABA)
- Assolo di tromba (open su AABA)
- Assolo di pianoforte (open su AABA)
- Assolo di contrabbasso (open su AABA)
- Scambi dei solisti con la batteria
- Esposizione del tema finale
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Naturalmente lo schema può essere modificato introducendo breaks, assoli di batteria sul chorus o liberi, parti soliste, introduzioni e code.
Per quanto riguarda gli scambi con la batteria essi possono avvenire in vari modi. A questo proposito occorre tener presente alcune indicazioni generali:
- lo scambio è una sorta di dialogo, solitamente di 4 o 8 misure, tra i solisti e la batteria (bisogna quindi rispettare la successione degli accordi). Gli interventi della batteria sono intesi come improvvisazioni melodiche su progressioni armoniche (si ascoltino a tal proposito gli scambi suonati da
Kenny Clarke o Max Roach).
- lo scambio viene solitamente lanciato da uno strumento a fiato. Vale a dire che le prime 4 o 8 misure dello scambio sono suonate dal sax o dalla tromba. In questo modo le ultime misure di scambio sono automaticamente suonate dalla batteria che lancia così a sua volta
l'esposizione dell'ultimo tema (Es. 20).
- nel caso si utilizzi una struttura blues di 12 misure bisogna tener presente che lo scambio di quattro misure porta ad avere la batteria come ultimo strumento solista solo su di un numero pari di chorus (2 - 4 - 6 - 8 ecc.).
Gli scambi sul blues possono anche essere di 12 misure oppure di 4 + 8.
In questo modo la batteria è sempre l'ultimo strumento solista anche su un un numero dispari di giri.
Sul versante strettamente pianistico il primo musicista
che si presenta sul palcoscenico del MINTON'S nel
1941
è Thelonious Monk. Nato nel
1917
nella Carolina del Nord, si trasferisce a New York ancora bambino imparando a suonare nei
rent parties di Harlem e nelle chiese insieme alla madre.
Sebbene Monk sia considerato uno tra i boppers della prima ora, in realtà ha seguito fin dagli inizi una strada personale ed autonoma che non ha praticamente mai modificato sotto il profilo stilistico nel corso del tempo. Analizzando attentamente il suo solismo in un contesto di gruppo possiamo notare che è molto differente dagli stilemi boppistici di
Powell, Gillespie e Parker. Quando invece suona da solo spesso si affida allo stride alla
James P. Johnson che modifica e arricchisce con accordi dissonanti.
La nota etichetta discografica "Blue Note" s'interessa a Monk solo nel
1947
proponendogli un contratto discografico per alcune incisioni in sestetto e in trio. La sua musica non incontra però molti estimatori e così le sue apparizioni in pubblico diventano meno frequenti.
Tra il
1951
e il 1957 Monk smette addirittura di suonare a New York perché sprovvisto del permesso di polizia (cabaret card). Il lungo esilio forzato è interrotto nel
1954 da un apprezzatissimo concerto a Parigi al
Salon du jazz seguito da incisioni per l'etichetta Swing (riedite dalla Vogue). Nel
1955 passa alla nuova etichetta indipendente "Riverside" gestita da due tra i più importanti produttori discografici del jazz (Bill Grauer
e Orrin Keepnews). Monk si cimenta con il repertorio ellingtoniano a fianco del batterista
Art Blakey (con cui suonerà successivamente nei Jazz Messengers) ottenendo però degli esiti inferiori al suo grande talento. Solo dall'anno successivo Monk può finalmente proporre la sua musica e riavere il permesso per suonare nei clubs.
Si giunge così al periodo caldo e concitato dell'hard bop dove Monk ha modo di mettere in mostra quattro tenoristi di altissimo livello e cioè:
John Coltrane, Sonny Rollins, Johnny Griffin e Charlie
Rouse (che diventerà poi il miglior interprete dell'estetica monkiana per molti anni). Anche nel periodo hard, Monk mantiene una posizione anomala, assolutamente priva dei cliché in voga al momento, ma perfettamente in linea con la lucida e originale cifra espressiva già delineata fin dagli inizi.
Monk ha inoltre rivoluzionato il repertorio jazzistico regalando. alla storia del jazz delle composizioni di rara bellezza. Ricordiamo, tra le sue composizioni più famose:
Round About Midnight, scritta a soli 18 anni,
Well you needn't,
Ruby my dear,
Ask me now,
Crepuscule with Nellie,
Pannonica
e i blues Straight no
chaser
e Blue Monk.
Pianisticamente parlando, Monk è sicuramente innovativo sotto il profilo ritmico per l'arditezza delle soluzioni e il senso dello spazio nobilitato da un sapiente uso del silenzio. Anche l'approccio tecnico a dita piatte, che gli ha causato non poche critiche, in realtà è voluto per ottenere una sonorità particolare quasi scampanante che si fonde perfettamente con gli effetti dissonanti degli accordi. Monk è stato inoltre criticato per le soluzioni armoniche che si diceva derivassero da "errori esecutivi". Oggi, purtroppo molti anni dopo la sua scomparsa (Monk è morto nel
1982 dopo quasi dieci anni di assenza dal palcoscenico), si può valutare pienamente la ricchezza armonica del pianista, la novità delle progressioni adottate, la perfezione ritmica delle scomposizioni oltre al lirismo delle melodie considerate tra le più belle in assoluto.
Come per altri grandi come Ellington, Mingus, Parker, Coltrane, anche in Monk si assiste ad una completa fusione delle componenti armoniche, compositive, melodiche e strumentali. Anche la tecnica pianistica, tanto denigrata, risulta perciò perfettamente funzionale al progetto musicale complessivo.
Nell'esempio che segue possiamo notare alcune caratteristiche del pianismo di Monk come l'uso delle dissonanze degli accordi di dominante con la quinta diminuita (batt. 2, 6, 13); le scale a toni interi (batt. 6, 7, 8, 9); le seste parallele (batt. 3); l'utilizzo di posizioni "scarne" della mano sinistra spesso a sole due note (arricchite dai toni ornamentali della melodia); lo "zoppicare" ritmico della melodia (batt. 6, 7).
Facciamo ora un passo indietro e torniamo agli albori del bebop ed a suoi protagonisti.
Nei primi anni quaranta si presenta al Minton's un pianista diciassettenne amico di Monk:
Bud Powell.
Il suo stile è ancora in via di definizione e così nessuno bada più di tanto a quel ragazzo che, tra l'altro, si comporta in modo ombroso e schivo. Dopo qualche anno trascorso con
Cootie Williams, Powell ricompare a New York nel
1946
e questa volta si fa apprezzare da tutti i santoni del bebop e soprattutto dal musicista di punta del momento:
Dizzy Gillespie.
Fino al
1953
Powell suona in modo fantastico sebbene le esibizioni talvolta debbano essere interrotte dai suoi problemi psichici che lo obbligano a lunghe degenze ospedaliere.
Sono di quegli anni le famose sedute in trio per la Blue Note (The Amazing Bud Powell) in cui Powell mette in mostra il nuovo stile bebop del pianoforte.
A differenza di Monk, che cura l'aspetto verticale della musica anche nello sviluppo melodico, Powell suddivide abbastanza nettamente il ruolo delle due mani.
In altre parole nel lavoro della destra si nota il senso orizzontale (cioè melodico) dell'improvvisazione quasi sempre a single notes, nella sinistra quello armonico.
Per questo motivo lo stile di Powell è stato associato a quello sassofonistico di Parker, così come si parlò in passato di
trumpet style per Hines. Nonostante le similitudini e le reciproche influenze derivate da lunghe collaborazioni con il celebre sassofonista, Powell introduce nelle improvvisazioni alcuni elementi tipicamente pianistici come la rapidità di certi passaggi difficilmente eseguibili con il sax o il fraseggio derivato da posizioni caratteristiche del piano. Powell, inoltre, ha un senso della costruzione della frase molto personale e nuovo. Il periodo infatti si sviluppa spesso a cavallo di più battute spostando in questo modo il senso metrico. Si ascolti a questo proposito il seguente solo di Bud Powell tratto dal brano
Parisian Thoroughfare.
File Audio - Paris
Thoroughfare (MP3 259KB)
La mano sinistra usa posizioni scarne, spesso di due sole note (shell), che intercala ritmicamente con strappi ed accenti molto incisivi che si collocano spesso nei "respiri della frase".
Powell inaugura inoltre la strada "nera" del trio pianistico moderno a
cui si contrapporrà più tardi quella "bianca" di Bill Evans.
Nel trio di Powell il pianoforte fa la parte del leone e viene accompagnato dal contrabbasso e dalla batteria che assicurano continuità ritmica con un solido
walking bass, nel trio bianco, come vedremo più avanti, i tre strumenti hanno ruoli paritari nell'economia complessiva del gruppo.
Anche il concetto di interplay, cioè di dialogo tra musicisti è perciò differente: nel trio nero gli spazi e le componenti di dialogo sono più ristrette e nascoste e perciò i musicisti della ritmica possono giocare sulle dinamiche e sull'incastro ritmico che diventa quasi simbiotico. Il pianoforte resta comunque lo strumento leader che determina i vari tipi di situazioni che si vengono a creare.
Nel trio alla Evans i contributi musicali sono di tutti e tre gli strumenti, con affioramenti ora del basso, ora del piano o della batteria. Spesso i musicisti improvvisano in contemporanea lasciando il metro ritmico nell'aria. In altre situazioni i tre strumenti suonano per contrasti. Ad esempio: mentre il pianoforte swinga in quattro sul tempo, il basso e/o la batteria spezzano la continuità del beat per poi riallacciarsi al walking solo per poche battute ecc.
Quando Powell suona da solo vengono maggiormente alla luce le sue influenze come il preludiare alla Tatum, l'incedere stride alla P. Johnoson o ancora, l'uso di dissonanze e scale, in stile tipicamente monkiano.
Powell è stato inoltre influenzato da Hines e da un altro pianista, meno noto, ma ugualmente importante che militava nel sestetto di
John Kirby, Billy Kyle. Powell sostituì Kyle nel
1946
cercando inizialmente anche di imitarlo per potersi inserire meglio nel gruppo.
Tra gli altri pianisti importanti del bebop bisogna ricordare Tadd
Dameron che contribuì non poco alla riscrittura di nuovi motivi sulle progressioni armoniche di noti songs (Hot House
è una ristrutturazione di What is this thing called love di Cole Porter) oltre alla composizione di brani originali come
Ladybird.
Dodo Marmarosa appartiene ad una lunga schiera di pianisti italo-americani in mostra nel periodo bebop,
Al Haig ha suonato spesso con Parker e Gillespie, così come Barry Harris e
John Lewis che, insieme ad un altro bopper della prima ora, Milt
Jackson, formerà più tardi il Modern jazz Quartet.
Ritchie Powell, fratello di Bud, morì giovane mentre riscuoteva un meritato successo con il gruppo di
Max Roach e lo straordinario trombettista Clifford Brown.
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Data pubblicazione: 14/03/2004
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