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I modi della scala maggiore ed il loro sviluppo armonico
di Giovan Battista Salinetti

Il nostro primo approccio con l'armonia moderna è stato, consapevolmente o no, quello con la scala di Do maggiore, le famose note Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si. Questa scala prende il nome dalla tonica di riferimento, in questo caso il Do. Cosa significa questo?



Tutte le note della scala si riferiscono ad una tonica, cioè un "suono portante" attorno al quale gravitano tutti gli altri. Riassunto in maniera molto sintetica questo è il concetto che soggiace al nostro "sistema tonale". Si tratta di un modo di organizzare i suoni e di gestire secondo una logica le concatenazioni tra le note. Questo sistema, che in parte è basato su leggi matematiche (la serie armonica dei suoni) ed in parte su fattori culturali che si sono via via delineati con il tempo e che continueranno a variare. Ad esempio, nell'armonia classica del XVII secolo erano strettamente proibite le quinte e le ottave parallele, cioè il suonare in sequenza intervalli di quinta o ottava, mentre nell'armonia moderna del jazz questo divieto è quasi del tutto inesistente.

Questo è un esempio di come gli elementi estetici che influiscono sul modo di concepire le relazioni armoniche cambino nel tempo e nello spazio.

Dopo questa parentesi torniamo al concetto di scala e di tonica.

Una scala, per riassumere, è un serie di suoni, ovvero una serie di intervalli ben determinata. Si possono creare quindi numerose scale tante quante sono le possibili combinazioni di intervalli all'interno di un'ottava.

Tra queste prenderemo in esame la scala maggiore per trarre le nostre osservazioni.
Abbiamo quindi dato alla scala suddetta una tonica, il Do, con quale le altre note della scala avranno delle relazioni di consonanza e dissonanza.



Proviamo a suonare una base con un basso ostinato con la nota Do, e a suonare su e giù le note della scala su questo basso (che da qui in poi chiamereremo "pedale"). Ascoltiamo attentamente il suono di ogni nota in relazione al nostro pedale di Do. Ci accorgeremo ad esempio che alcune note suoneranno in maniera più "morbida" o per usare un termine che viene dall'armonia classica "consonante" e altre meno, saranno più dissonanti. Ad esempio una nota più consonante rispetto al Do sarà la quinta, il Sol, mentre la settima, il Si o la nona, il Re, saranno più dissonanti.

Proviamo ora a cambiare la nota del nostro pedale, e suoniamo un La al basso. Suoniamo sempre le stesse note della scala di Do su questo nuovo pedale.

Le note sono le stesse ma la loro sonorità è molto diversa. Hanno acquistato un diverso colore, per fare un paragone sinestetico.
Di fatto è cambiata la loro funzione armonica al variare del pedale da Do a La. Il Sol che avevamo suonato prima, ad esempio ora è meno consonante rispetto a prima. Diversi risultati si otterranno suonando su un pedale di Re o di Mi.

Questo ci fa capire come la tonica sia l'elemento che determina l'organizzazione dei suoni della scala. Il tutto deriva dalla nostra percezione degli armonici che scaturiscono dalla tonica. I primi armonici saranno le note più consonanti, mentre quelli più lontani corrisponderanno ai suoni dissonanti.

Se ora proviamo a prendere per tonica ciascuna delle sette note della scala di Do, ne scaturiranno sette scale con effetti completamente diversi l'uno dall'altro. Chiameremo queste sette scale MODIe daremo ad ognuno di questi un nome che deriva da quelli usati negli antichi modi plagali durante il medioevo, ripresi a loro volta dai modi greci.









Salta all'occhio che il modo ionico corrisponde alla scala maggiore sopra citata.

Abbiamo visto come i modi possono essere derivati partendo da gradi diversi della scala maggiore. Questo approccio, detto derivativo è quello più comune per avere una prima visione generale dei modi. Spesso però questo metodo genera confusione da parte di chi si avvicina per le prime volte all'approccio modale. Si fa spesso una certa approssimazione riducendo tutti i restanti modi alla scala da cui derivano senza tener conto di come cambino le relazioni armoniche interne.

Davanti ad una tipica progressione II-V-I del tipo:

Dm7 (D dorico) G7 (G misolidio) Cmaj7 (C ionico)

si potrebbe pensare che tutti e tre i modi relativi a questi accordi potrebbero essere sintetizzati nella scala di Do maggiore. In generale questo è vero, si tratta in fondo degli stessi suoni. Quello che cambia è però il modo in cui questi suoni entrano in relazione tra loro e soprattutto il modo in cui cambiano le loro tendenze risolutive.

Accanto a questo approccio di tipo derivativo (sette modi che vengono derivati da una sola scala), esiste un altro approccio più analitico e che per certi versi può condurre ad una maggiore consapevolezza dei modi.
Prendiamo nuovamente la scala maggiore di Do. Sappiamo che qualsiasi scala è formata da una sequenza di intervalli ben precisa. Conoscendo (analiticamente o auralmente) questa sequenza si può riprodurre la scala desiderata sul nostro strumento.

La scala di Do maggiore è composta dai seguenti intervalli rispetto alla tonica:

Tonica,
II maggiore (1 tono),
III maggiore (2 toni),
IV giusta (2 toni e 1/2),
V giusta (3 toni e 1/2),
VI maggiore (4 toni e 1/2),
VII maggiore (5 toni e 1/2)

Da un punto di vista intervallare, viene invece costruita così:
T - T - st - T - T - T - st.

Quindi, pur non conoscendo i nomi delle note che compongono una qualsivoglia scala maggiore, seguendo il primo o il secondo schema possiamo costruirla in maniera estemporanea. Lo stesso accade per tutti gli altri modi nel momento in cui iniziamo a prendere in considerazione le serie di intervalli che li costituiscono.
Vediamo nel dettaglio gli intervalli degli altri modi escludendo il primo modo, lo ionico, che corrisponde alla scala maggiore:

Dorico:
T, II M, III m (1 tono e 1/2), IV G, V G, VI M, VII m (5 toni)
(T - st - T - T - T - st - T)

Frigio:
T, II m (1 semitono), III m, IV G, V G, VI m (4 toni), VII m
(st - T - T - T - st - T - T)

Lidio:
T, II M, III M, IV aug (3 toni), V G, VI M, VII M
(T - T - T - st - T - T - st)

Misolidio:
T, II M, III M, IV G, IV G, VI M, VII m
(T - T - st - T - T - st - T)

Aeolio:
T, II M, III m, IV G, IV G, VI m, VII m
(T - st - T - T - st - T - T)

Locrio:
T, II m, III m, IV G, V dim, VI m, VII m
(st - T - T - st - T - T - T)

Partendo dalla stessa tonica, modificando gli intervalli che compongono i vari gradi, si possono ottenere sette modi diversi. Gli esempi seguenti sono fatti partendo dalla tonica di Do, e sono il chiaro esempio di come si sviluppi il secondo approccio, detto parallelo.

Ionico


Dorico


Frigio


Lidio


Misolidio


Aeolio


Locrio


Se ad esempio leggiamo su una partitura una sigla come questa:

Fmaj7#11 (1 - 3 - 5 - 7 - 11#)


Capiremo subito di trovarci davanti ad un modo lidio, sia per improvvisare che per armonizzare durante l'accompagnamento.

Altra utile osservazione: i sette modi possono essere ordinati in baso ad un grado di "brillantezza" che va dal lidio al locrio.

Lidio - Ionico - Misolidio - Dorico - Aeolio - Frigio - Locrio.

Ascoltando nella suddetta sequenza questi modi suonati su uno stesso pedale si può notare come il lidio sia il più aperto e brillante e come si vada man mano verso una sonorità più cupa fino ad arrivare al locrio.

Questo tipo di approccio è forse più complesso in un primo stadio ma successivamente ci permetterà di avere una visione molto più ampia e articolata del materiale che useremo durante l'improvvisazione.

Sull'ottimo libro di Mick Goodrick, "The Advancing Guitarist", viene posta spesso in evidenza la differenza tra questi due metodi, mostrando come l'approccio parallelo, sebbene sia più difficile da assimilare per chi si avvicina da poco allo studio del sistema modale, permetta di avere a lungo termine una visione più completa dei sistemi armonici che si suonano.

Il primo esercizio per suonare i modi secondo l'approccio parallelo è quello di registrarsi in casa sette basi armoniche con una chitarra o un piano suonando l'accompagnamento per ognuno dei sette modi, sempre sullo stesso pedale. Fate delle basi di circa dieci minuti ciascuna e suonate poi in sequenza su tutte queste basi.

E' importante evitare in questa fase di far semplicemente riferimento alla scala maggiore relativa quando si passa da un modo ad un altro.
Visualizzate invece come cambiano gli intervalli in ciascun modo rispetto al vostro pedale di riferimento. Spendete un po' di tempo sulla stessa posizione variando le diteggiature per ogni modo. Prendetevi il vostro tempo per esplorare tutte le aree della tastiera, eventualmente improvvisando anche su gruppi ristretti di otto, sei o quattro note. Lavorare sui box è importante ma lo è altrettanto saper suonare su piccoli gruppi di note di un'ottava o meno in qualsiasi posizione.
Improvvisate i vari modi su una sola corda per volta. Questo ad esempio vi darà una visione più orizzontale di come sviluppare delle linee lungo la tastiera. Fate questo su gruppi di due, poi tre, quattro corde.

Potete applicare i vostri pattern preferiti su queste posizioni. L'esempio seguente si muove su un pattern di ottavi su un C misolidio:


Provate inoltre con triadi e arpeggi di settima. Questo esempio mostra un'applicazione delle triadi in posizione fondamentale su C dorico:


Le triadi in particolare sono un ottimo materiale per l'improvvisazione e padroneggiarle su tutti i modi significa avere un grosso bagaglio di spunti melodici da cui attingere.

Il secondo esercizio, in cui si inizia a fare un un'applicazione più musicale, è quello di iniziare ad improvvisare partendo da piccole cellule ritmico-melodiche prestabilite. Si può iniziare da cellule di due note (ripetendo quindi un determinato intervallo diatonicamente) per poi arrivare a creare frasi più lunghe.
Non è necessario cercare subito la complessità ed il virtuosismo. Fate attenzione a come i grandi musicisti costruiscono le proprie improvvisazioni sulla variazione di cellule melodiche a volte anche molto semplici: Miles Davis in questo era un grande maestro. Esercitatarsi con questo spirito significa lavorare attivamente allo sviluppo, oltre che di una tecnica armonico-strumentale, di un proprio linguaggio.

Infine provate ad aggiungere dei cromatismi all'interno delle vostre linee, magari iniziando con delle semplici appoggiature come nell'esempio seguente suonato in C lidio fino ad arrivare a linee cromatiche più complesse.




Per rendere le cose più interessanti si può provare, in un secondo momento, a registrare una base mescolando insieme i vari modi per 16 o 8 battute ciascuno. Potete farne una che abbia i sette modi sullo stesso pedale oppure una che abbia lo stesso modo suonato in tutte le 12 tonalità. Infine potete registrare su più pedali e utilizzando tutti i modi combinando il tutto insieme.
Quest'ultimo esercizio è anche un ottimo ear training, oltre ad essere anche una buona occasione per studiare dei nuovi voicings adatti a enfatizzare la sonorità del modo.

Spendiamo qualche parola sulla realizzazione delle nostre basi modali.
Da un punto di vista armonico un buon punto di partenza per creare le vostre basi è usare le triadi diatoniche. Sono sufficienti due triadi per ogni modo per sottolinearne i suoni fondamentali.

Facciamo alcuni esempi utilizzando solamente le triadi maggiori per armonizzare.

Su C lidio, modo il cui suono caratteristico è l'undicesima aumentata potremo suonare le triadi maggiori di C e D, costruite rispettivamente sul primo e secondo grado del modo. La triade di D maggiore conterrà la nostra undicesima aumentata.

Su C ionico i suoni caratteristici sono la terza e la settima maggiore. Qui potremo suonare le triadi maggiori di C e G, oppure C, F, G se volessimo stabilirne la cadenza tonale.

Su C misolidio i suoni caratteristici sono la terza maggiore e la settima minore. Suoneremo le triadi maggiori di F e G. Dalla triade maggiore di F avremo la settima minore più le tensioni nona e undicesima.

Su C dorico, che ha come suoni caratteristici la sesta maggiore e la terza minore, potremo suonare le triadi maggiori di F e G. Dalla triade di F avremo la terza e la settima minore mentre da quella di G avremo la sesta maggiore oltre all'undicesima e alla nona maggiore.

Su C aeolio abbiamo sesta minore e terza minore come suoni caratteristici. Useremo le triadi maggiori di Ab e Bb. Da Ab avremo terza e sesta minore mentre da Bb settima minore, nona e undicesima.

Su C frigio il suono caratteristico è la seconda minore, oltre alla sesta e terza minore. Suoneremo le triadi maggiori di Db e Eb. La triade di Db ci fornirà seconda e sesta minore mentre quella di Eb terza e settima minore.

Su C locrio, modo il cui suono caratteristico è la quinta diminuita, suoneremo Gb e Ab. Dalla triade di Gb avremo quinta diminuita, settima minore e seconda minore. Da quella di Ab sesta minore e terza minore.

Un semplice esempio armonico su C lidio:

Come già detto il tutto acquista la sonorità lidia se suonato su un pedale costante di C.

Gli esempi riportati vogliono essere solo uno spunto di riflessione: prendete voi l'iniziativa e provate ad armonizzare ogni modo utilizzando altri tipi di voicing. Oltre alle altre triadipotete provare ad utilizzare accordi a quattro voci come le settime oppure, cosa ancor più interessante, accordi per quarte o accordi con strutture di intervalli composite. Gli accordi per quarte in particolare possono conferire al nostro comping una maggiore freschezza ed una sonorità più moderna. Interessanti sono anche gli accordi per seconde e quarte e quelli per seconde e terze.
Provate voi stessi ad armonizzare ogni modo seguendo un pattern di intervalli prestabilito. Troverete sicuramente molte soluzioni armoniche avvincenti!

Le possibilità di esplorazione sono veramente molte e questo in prima istanza può generare anche un po' di sconforto e confusione. Ma dobbiamo ricordarci che abbiamo davanti un lavoro lungo ma molto remunerativo in termini di musicalità e consapevolezza del nostro strumento. Occorre affrontare con grossa pazienza e dedizione questo tipo di studio prima di iniziare a vedere dei risultati veramente buoni.
Come al solito l'unico vero nostro alleato in grado di guidarci, se ben allenato, e di mostrarci subito ciò che con le parole e gli schemi è molto più complesso da spiegare è il nostro orecchio.
Lo scopo finale è quello di interiorizzare la sonorità di ogni modo per potervi poi improvvisare e comporre le nostre idee, liberando il nostro stile.

Ricordiamoci che lo studio della musica, anche in queste sue fasi più meccaniche, è un'esplorazione del sé: una scoperta lenta ma avvincente del proprio mondo interiore.






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Data pubblicazione: 10/02/2008

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