La forza di "Mari Pintau" (Mare Dipinto) sta proprio nella capacità del chitarrista Bebo Ferra di trasmettere colori, melodia, poesia, trasparenze del mare. Forza evocativa che percorre tutta la formazione, musicisti scelti con maestria, artisti che garantiscono alto livello esecutivo come piena immersione nell'idea che sta alla base del progetto del musicista sardo. Le chitarre di Bebo Ferra quasi mai gridano o alzano i toni, usano un linguaggio descrittivo, accordi corposi che dipingono con tratti color pastello, ora trasparenti ora più spessi, paesaggi emotivi lontani da tentazioni folcloristiche. In questo percorso il chitarrista mette in gioco buona capacità compositiva ma soprattutto abilità nel gestire gli equilibri dei diversi toni espressi dalla formazione. In realtà nella formazione convivono personalità forti ma anche lontane nei presupposti.
I sassofoni e i flauti dell'argentino Javier Girotto, ormai uno dei musicisti più attivi e richiesti del panorama nazionale, espongono uno straripante amore per melodia e liricità, elementi comunque sempre culturalmente legati al folclore popolare e ai valori sociali della terra di origine. Paolino Dalla Porta è un jazzista. Uno dei contrabbassisti italiani più eleganti e solidi, dal sound caldo e corposo, capace di sostenere complesse architetture ritmiche come di garantire un personalissimo contributo solistico.
Roberto Dani è l'antitesi del batterista tradizionale. Usa un set base arricchito di oggetti vari come valore aggiunto rumoristico- ritmico, traccia un percorso parallelo e funzionale a ciò che accade intorno a lui e ne rappresenta contemporaneamente sostegno ritmico e sorprendente spazio sonoro. Con questa scelta stilisticamente anti-etnica Dani mantiene lontani, come gli altri, i rischi di cadute di stile in scontate riproposizioni folclorico-popolari.
"Mari Pintau" funziona bene, e i quattro sul palco del Pinocchio lo hanno dimostrato ancor meglio del cd (Egea-2003), proprio perché tutte queste forti personalità si mettono a servizio dell'idea di Ferra, formano un mix creativo all'interno di un progetto che gioca tra realtà e sogno, che ci parla del profumo, dei colori di una terra lontana ma anche tremendamente vicina se chiudiamo gli occhi.
Progettualmente lontani da Mari Pintau i Megatones di Maurizio Giammarco, presentano al Pinocchio il loro "Punkromatic" (Brave Art – 2004 /Recensito su Jazzit n. 26). Meno trasparenze, musica concreta, urbana, a volte astratta ma comunque caratterizzata da un forte legame con la melodia. Legame che è insito nel fraseggio di Giammarco che soprattutto al tenore non tradisce come referente Coleman Hawkins, come il lirismo di Sonny Rollins. Un percorso artistico quello del sassofonista romano (d'adozione) che prende le mosse proprio nella capitale, nei primi anni settanta, con le esperienze free di Mario Schiano, Bruno Tonmmaso, Giancarlo Schiaffini. Pur con queste premesse legate alla ricerca più radicale Giammarco è sempre riuscito a salvaguardare nella sua lunga carriera musicale un personale concezione del jazz, una classicità di linguaggio che probabilmente le giovanili frequentazioni degli ambienti di ricerca gli hanno permesso di mantenere aperto al nuovo, mai scolastica ripetizione del già sentito. Proprio nei Megatones il sassofonista mette in gioco questa ricca esperienza. Le coordinate della formazione sono molteplici (blues, espressionismo mingusiano, minimalismo, funky, serialismo, loops, elettronica, ampi spazi liberi) ma tutte vanno a formare un disegno stilistico unico, progetto solido, frutto di un profondo lavoro d'insieme e di scrittura. Un formazione con ottime personalità.
A partire dalle ance e i flauti di Dario Cecchini che gioca una specie di ruolo di controcanto delle esposizioni del leader, per poi lanciarsi in grintose e corrosive improvvisazioni dove soprattutto al baritono si dimostra una delle voci più interessanti degli ultimi anni. Il giovane Gianluca Renzi non è certo una scoperta, già da anni si è imposto come uno dei contrabbassisti più talentuosi del panorama nazionale. Nelle diverse trame stilistiche della formazione, da quella più jazzistiche a quelle più aperte, mette in mostra ricco sostegno ritmico e notevoli capacità solistiche. Pino Iodice tra pianoforte, tastiere e computer, costruisce atmosfere ora rarefatte, ora dal sound duro e urbano, avvolgenti suoni che mantengono tensione creativa lungo il tragitto collettivo della musica.
John Arnold è il batterista giusto per i Megatones. Con una tecnica molto personalizzata, soprattutto sui piatti, arricchita da un uso creativo dell'elettronica, espone un drumming frizzante e tagliente che fissa nel cuore ritmico della formazione un contributo percussivo ricco di invenzioni e colori.