Jazzitalia - Lusi / Masciari Quartet: Gotha 17
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Splasc(h) Records 2008
Lusi / Masciari Quartet
Gotha 17


1.Symposium (L. Masciari)
2.Giangi`s Swing (G.Lusi)
3.Intro (L. Masciari)
4.Teneramente (G.Lusi)
5.Ramla Bay (L. Masciari)
6.Intro (P. Iodice)
7.Siamo Spiacenti (L. Masciari)
8.Loving The Blues (G.Lusi)
9.Interruzioni Telefoniche (L. Mascari)

Gianluca Lusi - alto and soprano saxes
Luigi Masciari - guitar
Luca Pirozzi - double bass
Pietro Iodice - drums
special guests:

Pino Iodice - piano
Aldo Bassi - trumpet, flugelhorn



Se la ricerca di nuovi spazi sonori e di melodizzazioni originali hanno reso impervia la strada delle blue notes nell'ultimo trentennio, se le antologie musicali degli ultimi quaranta anni includono sempre – tra i brani più significativi – pentagrammi di Coltrane, Mingus, Monk, Hancock, Evans, forse il motivo andrebbe ricercato in una latente sterilità della produzione jazzistica strettamente intesa, nella fragilità di un movimento – quello hard bop – nelle cui atmosfere possenti e policrome probabilmente alcuni artisti si sono un po' smarriti, nel tentativo di pseudosperimentazioni pirotecniche, contaminazioni con folk, street music, smooth, hip hop e quantaltro.



L
e note dei maggiori esponenti del bop non hanno certamente lasciato indifferenti Gianluca Lusi e Luigi Masciari, veri jazz-addicted e veri appassionati di sicuri punti di riferimento per cui suonare e ascoltare, nel desiderio di recuperare il senso di un discorso che tante volte ci è parso interrotto.

"Gotha 17" può essere accolto come intelligente rivisitazione di quel jazz, ispirato ad una dinamicità, ad un'assoluta vitalità creativa distinta da un modus originale quanto sintatticamente ricco e gradevole, eclettico nell'esplorazione delle armonie, levigate in maniera sensibile e tecnicamente elegante. Peraltro, il contributo offerto dalla ritmica di Luca Pirozzi e Pietro Iodice, dal pianismo elegante di Pino Iodice e dal buon gusto del trombettista Aldo Bassi appare di sicuro degno di attenzione, intenso e necessario per la realizzazione di un progetto di tale intenzione stilistica.

L'ampia spazialità della loro ricerca conferma e amplifica la disarmante nitidezza di un album davvero attento, "ben suonato", talora rabbioso, veemente, comunque sempre cromaticamente ben delineato nell'intensità espressiva nei passaggi più intimi.

Tanto indurrebbe – a parere di chi scrive – a considerare la prova come una delle più riuscite nel panorama jazzistico italiano del 2008.

In un periodo in cui il jazz sembra aver preso strade d'incontro con altri generi musicali (rock elettrico, punk, new age, funky, tango, elettronica, pop, sottogeneri caraibici, e via dicendo) proponete la rilettura d'un linguaggio che, a mio avviso, è uno dei più definiti e "viscerali", l'hard bop. Prosecuzione d'uno stile nella convinzione che questo ancora possa dare molto?

Effettivamente l'hard bop costituisce il filo conduttore del nostro primo lavoro. Credo che il confronto con la tradizione sia un passaggio quasi inevitabile per approcciare in maniera personale e consapevole linguaggi diversi e contaminati. Non è un caso che all'inizio del nostro percorso abbiamo deciso di trasfondere in un lavoro discografico la consapevolezza musicale che abbiamo finora maturato. Si tratta di un punto di partenza, dell'inizio di un viaggio di ricerca ed esplorazione, che necessariamente parte dalla rielaborazione e dalla personale rilettura del linguaggio della tradizione. Se e quali siano le potenzialità ancora inespresse dell'hard bop non sta a noi dirlo: finché ci saranno musicisti che troveranno interessante e stimolante relazionarsi a questo linguaggio e persone capaci di emozionarsi all'ascolto, l'hard bop avrà ancora qualcosa da dare.

Quali musicisti considerate punti di riferimento del vostro sound?

Anche se ascoltiamo veramente di tutto, dalla classica al rock, il modello di riferimento più immediato per questo lavoro-anche se certamente inarrivabile- è stato il jazz anni ‘60- dalle atmosfere raffinate di Shorter a quelle più "brucianti" del quintetto di Cannonball Adderley, senza mai dimenticare gli insegnamenti di Parker e dei boppers; più in generale si può dire che il nostro sound nasce dall'incontro delle diverse esperienze musicali di ognuno dei musicisti che ha collaborato con la propria creatività a questo progetto.

Com'è nato il vostro progetto?

(Risponde Gianluca Lusi) Per caso. Ho conosciuto Luigi Masciari frequentando il laboratorio d'improvvisazione diretto da Maurizio Giammarco; nonostante il suo carattere un po' "introverso" l'intesa è stata immediata......Anni dopo decidemmo che era ora di mettere nero su bianco il percorso fatto fino ad allora realizzando per l'appunto "Gotha 17".

Perché "Gotha 17"?

(Risponde Luigi Masciari) Spesso dietro titoli che incuriosiscono perché di non immediata comprensione, non si nasconde nulla di particolarmente significativo: si tratta di idee venute fuori per scherzo o per caso. Così è stato non solo per il titolo del CD, ma anche per alcuni titoli dei brani che lo compongono. Spesso- e così è stato anche per "Gotha 17"- più che dal significato sono attratto dal suono delle parole che si combinano. 17 poi è il mio(nostro) numero fortunato.

Le improvvisazioni sono frutto di estri estemporanei o sono state concordate?

Tutto il disco è stato realizzato in poche ore di concordato: c'è stato ben poco, perchè secondo noi l'improvvisazione è una componente fondamentale del processo creativo nel jazz e dunque la creatività deve essere lasciata libera di fluire nell'ambito delle strutture. Naturalmente ciò è possibile quando si ha alle spalle una sezione ritmica solida e affiatata, per questo è stato fondamentale per noi l'apporto di due musicisti del calibro di Luca Pirozzi e Pietro Iodice che hanno messo a nostra disposizione talento, musicalità ed epserienza con entusiasmo e sincera partecipazione.

Parliamo degli arrangiamenti e della natura compositiva dei nove brani?

La nostra intenzione era quella di ricreare un clima mainstream, ma allo stesso tempo non troppo sovrastrutturato; quindi non abbiamo realizzato veri e propri arrangiamenti, cercando piuttosto di puntare sul feeling, sulla immediatezza e su un po' di sano interplay. Per quanto concerne la natura compositiva dei brani, il disco spazia da pezzi all'apparenza più tradizionali ad altri in cui è più evidente la ricerca di una sonorità più vicina alle recenti evoluzioni dell'hard bop.

Per quale motivo al quartetto s'è aggiunta la presenza di Pino Iodice e Aldo Bassi, musicisti preparati e di notevole creatività?

Le necessità sonore legate alla realizzazione del disco ci hanno consentito di collaborare con musicisti che stimiamo e che sicuramente hanno contribuito col loro fondamentale apporto alla valorizzazione dei brani. La rilettura ed interpretazione dei brani da parte di questi due musicisti di riconosciuto talento ci ha regalato una prospettiva diversa, che a nostro parere ha reso il disco più completo ed interessante.

Quali ricordi sono ancora vivi della registrazione dell'album?

(Risponde Gianluca Lusi) Dato che non avevamo mai suonato in ensemble i brani che dovevamo registrare c'era molta curiosità rispetto a quello che sarebbe stato il risultato;ricordo un'atmosfera divertente e rilassata, fondamentale per far scorrere la musica;la stessa atmosfera che poi abbiamo ritrovato nelle esibizioni live che hanno fatto seguito all'uscita del disco.

Come immaginate il futuro delle blue notes?

(Risponde Luigi Masciari) Mi tornano in mente le parole di Paolo Conte: "Scusa paga tu non si guadagna con le note blue......."

Progetti in vista?

Stiamo proseguendo il percorso intrapreso con "Gotha 17"; è in lavorazione un nuovo disco nel quale intendiamo continuare il dialogo con artisti che siano in grado di arricchire la nostra continua ricerca sonora.

Fabrizio Ciccarelli per Jazzitalia







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Data pubblicazione: 14/02/2009

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