Titolo particolarmente indovinato per il nuovo lavoro del trio del sassofonista
Gianluca Lusi. "Viaggio".
Si ha quasi l'impressione "tattile" di seguire con gli occhi un dedalo di strade, diverse tra loro, e, nello stesso tempo, legate a doppio filo al moderno jazz "mediterraneo", da tempo oggetto della ricerca di
Lusi.
E' forte la tentazione di lasciarsi letteralmente "guidare" da una sonorità capace di risentire, contemporaneamente, della pulizia dei suoni garbarekiani (come in "Bluesette", o in "Viaggio") e della duttile creatività nel fraseggio di netta matrice shorteriana, in una delicata fusione che è costante ricerca di un equilibrio difficile ma possibile.
Di formazione "classica", con all'attivo importanti collaborazioni Gianluca Lusi, al terzo progetto discografico a proprio nome, sceglie di dar voce ad un repertorio di standard tra i più vari (si passa da "Over the rainbow" di Arold Harlen a "Witchcraft" di Cy Coleman, transitando per "Phace Dance" di Pat Metheny,
"I love you" di Cole Porter e "Bluesette" di Toots Thielemans), inframezzandoli con tre composizioni originali dell'ottimo vibrafonista Marco Pacassoni
("Final proget", "Dancing", "Viaggio").
Ed è proprio in queste ultime che il trio esprime al meglio le proprie qualità: la title-track "Viaggio" (a mio parere il pezzo più interessante del cd insieme, per aspetti differenti, alla versione di "Bluesette") porta con sé, inesorabilmente, eco di paesi lontani.
Qui le due linee melodiche, abilmente intessute da sax e vibrafono, si intrecciano, si fondono, si inseguono e si separano, creando un suono che si potrebbe facilmente definire "mediterraneuropeo", insieme moderno e quasi arcaico, ancestrale.
Viene da immaginare un treno che, dolcemente e lentamente, attraversa l'Europa (dalla penisola scandinava, alle steppe sovietiche, passando per i profumi dei mari del sud), quasi attirando, al suo passaggio, "molecole musicali", suoni, colori, per poi mescolarli in una melodia che è insieme malinconica e rasserenante.
La miscela è sapiente: la raffinata ricercatezza del suono di Gianluca Lusi, il pregevole fraseggio "latino" di Marco Pacassoni e la precisa pulizia stilistica del contrabbasso di
Giacomo Dominici (quest'ultimo alle prese con soli tanto importanti quanto ben riusciti in "Bluesette", "Final Proget" e "Witchcraft") fanno il resto.
Un'ultima menzione merita l'intro quasi "onirica" di "Over the rainbow", con una sonorità di vibrafono che, probabilmente, avrebbe meritato ben altro spazio.
Maria Morena Ragone per Jazzitalia