Intervista a Roberto Mattei
(Contrabbasso, arrangiamento, composizione)
Milano, 6 marzo 2010
Testo di: Eva
Simontacchi
Fotografie di: Riccardo Del Conte
Parliamo con Roberto Mattei
del suo progetto "A Time Remembered",
album da poco licenziato con Fabrizio Spadea chitarra,
Luca Campioni
violino I, Marco Campioni violino II, Nicola Pietro Curioni viola,
Umberto Pedraglio violoncello, Roberto Olzer pianoforte, Nicola
Stranieri batteria, e Roberto
Mattei, l'artefice del progetto, al contrabbasso.
Questo è un progetto "with strings". Come è nata l'idea
di questo progetto?
La prima volta che ascoltai l'introduzione di "Nardis"
nell'album "Paris Concert" del
Bill Evans
Trio capii che il jazz poteva essere interpretato come un contenitore nel quale
far confluire le proprie esperienze musicali. Così a distanza di anni, volendo scattare
una fotografia del mio percorso musicale che immortalasse le mie esperienze fatte
in ambito sia classico che jazzistico, ho voluto rendere grazie al celebre pianista
americano con una formazione che desse forma alle mie idee.
Raccontaci anche come nasce la collaborazione con questi
particolari musicisti che hai scelto….
Ho cominciato ad avvicinarmi al linguaggio jazzistico attorno ai primi anni
'90 frequentando i corsi di armonia, improvvisazione
e musica d'insieme tenuti dal pianista Ramberto Ciammarughi vicino a Domodossola
(VB), città nella quale ho risieduto fino al 2005.
A dire il vero, già da allora ebbi la grandissima fortuna di potermi confrontare,
tra gli altri, con Roberto Olzer e Fabrizio Spadea, due musicisti
già all'epoca ottimi professionisti operanti sul territorio. Quindi, dopo circa
un ventennio di proficue collaborazioni che hanno caratterizzato fortemente il mio
percorso artistico, ho pensato di far nascere una mia personale proposta che potesse
coinvolgerli e che mi permettesse di testimoniare loro la mia gratitudine. Per ciò
che concerne invece gli archi mi sono rivolto ad Umberto Pedraglio, violoncellista
e compositore conosciuto nel periodo di studi presso il Conservatorio di Como. Umberto
è stato determinante per questo progetto in quanto, oltre ad aver accolto con molto
entusiasmo la mia proposta, ha allestito un quartetto d'archi di altissimo livello
composto, oltre a lui, da
Luca Campioni,
Marco Campioni e Nicola Pietro Curioni. Per completare la formazione
avevo infine bisogno di un grande batterista che con le sue scelte timbriche e musicali
potesse far funzionare al meglio gli arrangiamenti e la scelta è caduta su Nicola
Stranieri, il cui contributo si è rivelato di straordinaria importanza.
Per quanto riguarda gli arrangiamenti che hai fatto….
Vorremmo sapere di più su quest'esperienza. Da cosa sei partito? Come hai ideato
il progetto?
Dal punto di vista pratico l'esperienza di questi arrangiamenti nasce durante
la mia frequentazione del biennio jazz presso il conservatorio di Milano e parte
di questi sono stati oggetto di "discussione" proprio nella mia tesi finale dal
titolo Bill
Evans: Tesi ed Antitesi. Il lavoro in quell'occasione è stato molto
apprezzato dalla commissione la quale, per questo motivo, mi ha incoraggiato alla
realizzazione del CD. Per entrare nello specifico, in ogni arrangiamento prevedo
la "ristrutturazione" delle composizioni non lasciandole mai nelle proprie forme
originali ma apportando loro sempre elementi di rivisitazione nelle strutture sia
formali sia armoniche e l'intento è quello di far confluire i linguaggi sia classico
sia jazzistico senza privarli delle loro naturali caratteristiche espressive.
Adesso che è uscito il disco, che abbiamo in mano concretamente
il frutto del tuo/vostro lavoro, come ottetto, cosa provi nei riguardi della tua
creatura?
Era un traguardo che mi ero prefissato ed è stato raggiunto. Sono abbastanza
soddisfatto del risultato, anche se come buona parte dei musicisti - e come dicevi
tu stessa, Eva - "Se dovessi rifare adesso il disco forse cambierei qualcosa"...
Perché siamo in continua evoluzione, questa è la verità…..
Esatto, riascoltandolo ho iniziato a valutare le cose che potevano essere concepite
diversamente…
Hai presentato quasi tutte composizioni di Bill Evans,
a parte due brani, uno dei quali è di Burt Bacharach, "Alfie", e una tua composizione:
"Evan's Tune".
Trattandosi di un mio personale omaggio a
Bill Evans
mi sembrava doveroso inserire almeno una composizione originale e quindi ho pensato
ad "Evan's Tune", da me scritta in origine per trio pianoforte, contrabbasso, batteria
e successivamente riarrangiata per questo ottetto.
E poi "Alfie", bellissimo brano! Come hai operato questa
scelta?
Conobbi questo brano ascoltando una raccolta della Moon Records dedicata a
Bill Evans
dal titolo "Emily" e, a distanza di anni, ho avuto modo di innamorarmene accompagnando
una voce per me indimenticabile come quella di Lilly Gregori. Difatti, a
dire il vero, l'arrangiamento di questo brano era stato inizialmente concepito per
voce e quintetto d'archi ed in seguito ridisegnato per chitarra.
E' bella la copertina del tuo disco, c'è una raffigurazione
dell'ottetto in bianco e nero, ma tu non sei in primo piano nonostante il progetto
sia tuo. E' stata una tua idea?
In effetti ritengo che Antonella Trevisan abbia tradotto perfettamente
in immagine ciò che avevo in mente, un contrabbassista stilizzato e non completamente
definito che non raffigurasse esplicitamente me, ma la "categoria di musicisti"
nella quale si colloca l'ideatore di questo progetto e la famiglia d'appartenenza
dello strumento stesso. La scelta di esporre sullo stesso piano i nomi di tutti
i musicisti senza evidenziare oltremodo la leadership e senza distinzioni tra il
quartetto jazz ed il quartetto d'archi rispecchia un po' lo stesso atteggiamento
che ho avuto nel concepire gli arrangiamenti. Ho cercato di valorizzare ogni elemento
della formazione affidando ad ognuno un ruolo sempre determinante.
Chiudiamo augurandoti di portare a spasso questo progetto
per l'Italia, l'Europa e chissà. Ovviamente questo progetto avrà una scelta ben
precisa di location….
Sicuramente il "locale", per una questione di spazi e di possibilità, è out limits.
Non è fattibile poi in spazi ridotti dove magari bisogna avvalersi di una tastiera
elettronica. Occorrono invece strutture attrezzate almeno per il pianoforte e adatte
a far esibire otto persone. Il teatro o i palchi dei festival estivi sarebbero la
sua collocazione ideale.
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Data pubblicazione: 15/05/2010
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