Fra le tante declinazioni in cui la musica jazz
si è ritrovata, quella manouche è forse l'unica che, nel tempo, rimane tutt'ora
intatta ed è portata avanti con il rigore della tradizione senza aggiungervi mai
nulla, senza contaminazione alcuna. Quando si ascolta un CD di musica manouche improvvisamente
si viene proiettati in un tempo che aspetta solo di essere vissuto, attraversato,
con la voglia di immergersi in un turbinio di tecnica e vigore. La protagonista
è la chitarra, rigorosamente Maccaferri, dalla quale sono emesse note, pennate
rest-stroke che "grattano" il susseguirsi degli accordi inseguendo un tempo
secco ed inflessibile.
In questo mondo Manouche i musicisti di gran rilievo che hanno raccolto
l'eredità di Django sono tanti ma, proprio come il Padre di tutti, i più grandi
basta menzionarli solo per nome. Se infatti si dice "Stochelo" si sa che si sta
parlando di Stochelo Rosenberg un chitarrista manouche olandese dotato di
una melodiosità innata. Salvatore Russo, chitarrista pugliese con esperienza
oramai ventennale, riesce ad affiancarsi a questo vero e proprio gigante approcciando
la frontline con la giusta spavalderia senza la quale questa musica non decollerebbe.
Coadiuvati dal contrabbasso di
Marco Bardoscia
che svolge un ruolo di sostegno decisamente efficace, Russo e Rosenberg
si alternano e si "sfidano" continuamente attraverso 14 tracce tra le quali spiccano
innanzitutto proprio le composizioni di Russo: molto originale "Bossa
Med" che aggiunge un pizzico di latino, il waltz "Valse
a Floriana" e la breve "Miro Maal".
La title track, di Rosenberg, è probabilmente un compendio di storicità con passaggi
a tempo vario e poi vi sono le tracce provenienti dallo sterminato songbook del
Maestro: le dolcissime "Anouman" e "Love's
Melody", le irresistibili "Djangology"
e "Minor Swing", l'immancabile "Bernie's
Tune" scritta da Mulligan ma spesso suonata anche da Django.
Nel complesso quindi un album nel quale l'articolazione del fraseggio
manouche è presentata in ogni aspetto, sempre piuttosto fluido e con un'integrazione
tra Rosenberg e Russo degna di nota e molto spesso praticamente alla pari.
Marco Losavio per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 12/09/2009
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