Saint Louis Jazz Collection 2009
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Saint Louis Big Band
Live In Studio
1. Sister Sadie
2. All of Me
3. Spain
4. Manteca
5. It Don't Mean a Thing (If It Ain't Got That Swing)
6. Four
7. Come Fly With Me
8. Fly Me to the Moon
9. Mercy, Mercy, Mercy
10. Caravan
11. Birdland
Antonio Solimene
- Direttore
Marta Capponi; Marco Villan - Voce
Mario Nappi - Pianoforte
Enrico Olivanti - Chitarra
Toto Giornelli - Basso
Giuseppe D'ortona - Batteria
Marco Spedaliere - Sax - Primo Alto (solo on "Sister Sadie",
"Spain"," It don't mean a thing", "Four", Birdland")
Francesco Chiapperini - sax Secondo Alto
Gianfranco Menzella - sax Primo Tenore (solo on "Manteca",
"Four", "Come Fly With Me", "Mercy, Mercy, Mercy")
Andrea Verlingieri - sax Secondo Tenore (solo on "Four")
Mauro Massei - sax Baritono (solo on "Four")
Gianluca Urbano - Prima Tromba
Pietro Pellegrini - Seconda Tromba
Antonio Padovano - Terza Tromba
Enrico Martella - Quarta Tromba
Palmiro Del Brocco - Primo Trombone
Diego Cataldo - Secondo Trombone
Luca Tutino - Terzo Trombone
Matteo Vagnarelli - Trombone Basso
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Dopo più di un anno di attività, e la partecipazione ad alcuni tra i più
importanti festival italiani, è arrivata la prima registrazione per l'orchestra
diretta dal maestro
Antonio Solimene,
un ensemble che mira a ricreare e trasmettere il sound vivace delle loro esecuzioni
live. La formazione rievoca fedelmente la struttura delle Big Bands classiche, sia
per composizione che per i generi proposti circa le riletture di classici come
Duke Ellington, Miles Davis, Dizzie Gillespie,
e Joe Zawinul, per svilupparsi in una serie di variazioni tematiche
che spaziano tra jazz rock, samba, bossa, salsa e ritmi a tinte funky. Un melting-pot
armonioso ed accattivante che racchiude una linea tematica effusiva e ballabile,
misurata nei soli e ben coordinata nell'interpretazione.
La track list è un'escalation di brani
molto noti provenienti dal repertorio orchestrale e riletti nelle elaborazioni di
arrangiatori contemporanei del panorama americano come Mike Tomaro, Sammy
Mestico, Willie Maiden e, forse, primus inter pares, Gil
Evans. Dal maestro canadese sembra essere mutuata la varietà stilistica,
il riflettere su partiture mosse in modo lieve e dinamico intorno al solista, animate
da una scrittura che mai contraddice la spontaneità dell'improvvisazione.
A partire da queste riflessioni prende forma nella ritmica l'elemento
elettrico, vero punto di distacco dal classicismo blue, costante nell'album ed enfatizzato
in modo avvolgente in "Mercy, Mercy, Mercy" dove i contrappunti di basso
ed i soli rock di chitarra danno vita ad uno spazio di essenziale virtuosismo e
di trame melodiche scandite da fraseggi di calda espressività. Evergreens
del calibro di "Spain", "Caravan" e "It don't mean a thing"
vengono eseguite con calore ed energia sia nel timing coinvolgente che nei
soli quasi sempre lineari, imprimendo una vivacità nuova rispetto agli originali,
secondo linee morbide e di grande libertà espositiva. Così anche nelle riletture
swinganti di "Four" e della salsa di "Manteca", distinte da
un'impronta brillante nei controtempi secondo una morfologia positiva che sembra
essere la coordinata essenziale dell'intero album. Luminose nelle scelte tonali
e nella pastosità le voci di Marta Capponi, elastica e grintosa in
"Fly Me To The Moon", e di Marco Villan, che interpreta con
pathos ascendente un classico del jazz vocale come "Come Fly With Me";
scelta non facile, perfino ardita se si pensa a quali vocalists hanno interpretato
le due melodie...
Rileggere brani di tale valore artistico con autenticità è compito arduo
che richiede grande sforzo innovativo. Con queste premesse la SLBB porta
a termine un lavoro ricercato, lineare e creativo, all'altezza della pretesa e frutto
di grande affiatamento ed indiscusse doti tecniche. Nei momenti migliori l'ensemble
fa mostra di consapevolezza armonica e di una concezione originale posta al di fuori
di qualunque genere di partenza che diviene occasione per inventare luci, colori,
giochi scintillanti, trame allusive.
La band intende investigare nuovi mondi timbrici senza alcuna soggezione
nei confronti delle sonorità intense di
Chick Corea,
Miles Davis o Joe Zawinul, anzi sostanziandole in quadri
istantanei e turbinanti, adattandone il senso alla propria estetica, fino a capovolgerlo
tanto che tra scritto e improvvisato non pare più scorgersi scarto semantico né
stilistico. Una scommessa vinta, immaginiamo, che trova nell'ultimo brano, "Birdland",
il suo vertice cromatico, sinuoso e vibrante, da ascoltare per non perdere mai il
senso profondo e nuovo delle note blu di un "Live in Studio" italiano davvero
come pochi.
Fabrizio Ciccarelli e Andrea Valiante per Jazzitalia
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Data pubblicazione: 25/01/2010
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