Jazzitalia - Articoli: Intervista a Stefano Mastruzzi (dir. Saint Louis Music College)
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Intervista a Stefano Mastruzzi
luglio 2009
di Marco Losavio
foto Studio Alfredo Perchinenna


da sinistra: Cosimo Lupo, responsabile sede di Brindisi - Domenico Mennitti, Sindaco di Brindisi - Gegé Telesforo - Stefano Mastruzzi

Stefano Mastruzzi, direttore del Saint Louis Music College di Roma, chitarrista, compositore, arrangiatore. Una personalità dinamica e con la mente sempre in azione in favore della musica e di come questa possa diventare professione o passione. Lo incontriamo in occasione dell'apertura di una nuova sede del Saint Louis Music College a Brindisi, in Puglia.

Saint Louis è un nome legato alla didattica, alla produzione discografica, al management e all'organizzazione di grandi eventi didattici come il Roma Jazz's cool. Come si coniugano tutti questi settori?



Penso che un Istituto che si occupi di formazione non possa limitarsi alla didattica senza collegarla con altre attività di produzione. E' un fenomeno che negli ultimi 15 anni ha rivoluzionato il modo di fare scuola e mi riferisco a qualsiasi ambito. E' noto quanto sia importante colmare il gap oggi esistente tra momento formativo e momento lavorativo. Sono convinto che le nuove voci della musica vadano cercate nelle scuole, come un tempo i talent scout le scovavano nei live club. Chiunque può prodursi un disco in proprio, anzi, forse se ne fanno troppi come se fossero gadget e non ci si preoccupa di realizzare un progetto vero. Il Roma Jazz's Cool invece è invece un Festival internazionale nato nell'ambito di un corso di alto perfezionamento jazz che a Roma mancava da troppi anni. E la possibilità di stare per ore al giorno per un'intera settimana a contatto con i grandi del jazz mondiale, per di più in piccoli gruppi da 5-6 ragazzi al massimo, sia un'occasione per capire, chiedere e confrontarsi con artisti altrimenti inavvicinabili. Nulla a che vedere con le classiche master class di un paio d'ore affollate da più di 50 persone davanti. Jazz's Cool ricorda più un laboratorio artigianale che un evento show.

L'omologazione della didattica nel jazz è uno dei problemi che si comincia ad avvertire. In cosa si differisce Saint Louis.

La "codificazione" del jazz avvenuta attraverso decenni di insegnamento e di produzione editoriale (libri e metodi) hanno portato naturalmente ad una certa omologazione, che non ritengo sia un fattore del tutto negativo, tutt'altro. Il Jazz è creatività, estemporaneità, sensazione. Queste cose non si insegnano né si possono codificare. E' possibile tuttavia acquisire metodologie che portino l'allievo ad esprimersi e a trasformarsi in un musicista, come dire, a sviluppare la sua musicalità. In tanti abbiamo studiato latino e greco, tuttavia non penso che molti si siano cimentati in conversazione nella lingua di Cicerone, di sicuro però quegli studi predispongono la mente alla ricezione critica di altri saperi. Studiare la relazione fra scale e accordi, che 50 anni fa era un fenomeno completamente intuitivo e che oggi è possibile trovare in migliaia di testi didattici, non mi farà diventare un jazzista, ma svilupperà la mia percezione della musica, del ritmo, della tonalità e dell'atonalità. Il resto ce lo devo mettere io.

Raccontaci come è costituito un percorso didattico per uno strumento come il rapporto con il docente, la tipologia delle lezioni, l'articolazione del programma...

La formazione completa, o che aspiri ad essere tale, passa attraverso lo studio di uno strumento "principale", tipo batteria, contrabbasso, sax, piano, chitarra e così via. Considerato che ciascun individuo possiede una propria musicalità, un bagaglio personale e propri tempi di apprendimento, questo percorso deve necessariamente svolgersi a livello individuale. Fondamentale, pertanto, è il rapporto one-to-one con il docente, che ha funzione di vera e propria guida. Poi, esiste una formazione musicale che riguarda la conoscenza dell'armonia, per cui occorrono circa 3 anni di lezioni, di studio, di analisi e riarmonizzazioni, che costituiscono la base e il presupposto per affrontare un biennio di arrangiamento, dal combo alla big band. C'è poi il settore di ear training, lo sviluppo dell'orecchio musicale, nel riconoscere note, intervalli, accordi, progressioni e strutture. E poi l'aspetto pratico imprescindibile in cui l'allievo viene inserito in un laboratorio dove la musica la si fa insieme. Purtroppo, lo sviluppo tecnologico ha portato alla nascita di tanti "musicisti solitari" che hanno rapporti più con il computer che con i propri compagni di avventura. Non dimentichiamo che la musica jazz si basa sull'interplay, sullo scambio di idee, e di idee un computer non ne propone affatto. Al riguardo, funzione specifica della Scuola è fare aggregazione, creare occasioni di incontro e di confronto, perché anche da una sana competizione fra allievi nascono risultati positivi. Comsimo Lupo (resp. Sede brindisi) - Stefano MastruzziPer sana competizione non mi riferisco alle sfide che propone il tubo catodico (o il decoder) ma a chi ascoltando i propri colleghi trova nuovi spunti per migliorare, stimolando in molti quella grinta che porta a dire "perché non posso farlo anche io". Non si impara solo dai propri insegnanti ma ascoltando chiunque hai occasione di incontrare in una scuola, alcuni dei quali diventeranno i grandi di domani.

Come nasce l'idea di aprire una scuola in Puglia, nella città di Brindisi? Pensate di aprire in altre zone?

In realtà, l'idea di una sede del Saint Louis in un'altra città mi ha sempre preoccupato, considerato il grande impegno che richiede la gestione di un centro dove in fin dei conti, oltre ai 1.600 allievi, lavorano più di 120 persone tra musicisti, docenti e personale amministrativo. Tuttavia, non posso nascondere che nel Sud dell'Italia esista un vivaio di giovani musicisti, alcuni dei quali spesso non hanno la possibilità di trasferirsi e rimangono talenti inespressi. Quando il Sindaco di Brindisi Domenico Mennitti mi ha proposto di aprire una filiale nel centro di Brindisi ero alquanto scettico. Solo quando mi ha consentito di visitare i locali che ci avrebbero ospitato, beh, devo dire che mi sono lasciato convincere volentieri. Si tratta di un grande immobile storico, con aule insonorizzate grandi oltre 40mq ciascuna, dotato di un auditorium da cento posti e di un giardino attrezzato con palco per festival e rappresentazioni estive. Non si poteva chiedere di meglio. Ora, il grande lavoro che ci attende sarà quello di dare vita musicale a tutto ciò, con la nostra esperienza e con l'entusiasmo di chi si mette in discussione per costruire qualcosa di nuovo, positivo e duraturo. Una volta maturata questa nuova esperienza è possibile che ci venga voglia di aprirne una, magari al nord.

Come vedi il rapporto con internet con la possibilità di accesso a molte informazioni online? Lo studente tipo, è già più consapevole rispetto al passato?

Spesso quando si ha troppo è difficile orientarsi ed essere realmente consapevoli, ci si perde facilmente dietro decine di link. Nel film Novecento, il pianista non è riuscito a scendere dalla nave perché spaventato da una città di cui non vedeva i confini, oltre ciò che possiamo considerare a misura d'uomo. Ecco, con internet sembra di avere sempre tutto a portata di mano, ma in realtà, questa consapevolezza di poter accedere in qualunque momento ad una mole sterminata di informazioni (spesso errate) ci fa perdere quella curiosità e soprattutto quell'attenzione che prima si riservava ad esempio ad un disco appena uscito, acquistato al negozio, scartato, ascoltato più volte senza la frenesia dello skip fra un brano e l'altro. Penso che tutto ciò che ti guadagni con sudore e usando la testa, ti rimanga impresso per sempre. Io ricordo ancora tantissimi assoli che ho imparato dai dischi, spostando la puntina sul vinile, per decine di volte. Oggi è sufficiente un motore di ricerca per trovare trascrizioni di ogni genere, peraltro discutibili. Proprio perché le trascrizioni sono a portata di mano, ottenibili con un semplice e istantaneo clic e non conquistate nota per nota con attenzione e fatica, vengono dimenticate altrettanto rapidamente. Almeno questo mi ha insegnato l'esperienza di anni di studio personale e di insegnamento.

In che modo il SL favorisce l'incontro tra giovani e come il giovane vive il rapporto con l'insegnante?

L'incontro fra giovani avviene in numerose occasioni, nei laboratori di musica d'insieme, nelle orchestre e nei cori, nei seminari, nelle decine di concerti organizzati con le band di giovani talenti, ma anche quando si organizzano "spedizioni" di 30-40 ragazzi per andare ad un concerto, o per partecipare all'inaugurazione della sede di Brindisi o per visitare la fiera degli strumenti musicali. Ma l'incontro più importante avviene ai concerti di metà e di fine anno, un'occasione di confronto fra oltre 90 gruppi, vere e proprie kermesse che per una settimana coinvolgono le band di allievi di fronte ad un vasto pubblico. Poi ancora lezioni concerto, jam session improvvisate con allievi e docenti, tutto un fermento creativo e di voglia di stare insieme che una scuola deve saper coltivare e promuovere. Il rapporto con il docente ha varie sfaccettature, dipende molto sia dal carattere dell'allievo che da quello dell'insegnante. In generale, quest'ultimo è la guida per l'allievo nel mondo musicale, in un certo senso quello dipende da lui. Sta quindi alle capacità del docente riuscire a sviluppare la personalità del ragazzo, a infondergli quell'entusiasmo e quella curiosità che lo renderanno un professionista e non un clone del proprio docente.

Quali altre realtà italiane e non, consigliate ai vostri allievi per approfondimenti o semplicemente per ampliare la propria esperienza?

Sicuramente i seminari di Siena Jazz, che da oltre 30 anni svolgono un ruolo importante in Italia. Da molti anni i migliori allievi di Siena Jazz vincono una borsa di studio per frequentare gratuitamente i seminari estivi di Roma Jazz's Cool e viceversa. Uno scambio e una collaborazione sana, realizzata veramente nel solo interesse di chi, avendo talento, ha bisogno di coltivarlo.

Oltre al jazz, pensate di occuparvi anche di altra musica?

Il Saint Louis è nato come Jazz Club di sera e scuola di jazz di giorno, ma già dal 1999 abbiamo aperto i corsi professionali di Rock, Blues e Popular music. Qualunque linguaggio musicale ha la propria dignità e il percorso didattico è ugualmente impegnativo.

Su Roma non siete gli unici, c'è un rapporto di pura concorrenza con le altre scuole o si creano delle sinergie in particolari occasioni (festival, eventi didattici...)?

Esistono tantissime scuole, anche se quelle storiche sono poche, penso al Ciac con il quale abbiamo ottimi rapporti di collaborazione, la Scuola di Testaccio, la Neuma di Paolo Tombolesi. Mentre un vero e proprio coordinamento nazionale specifico per il Jazz lo stiamo mettendo a punto tra Saint Louis, Siena Jazz e la Civica di Milano Musica Oggi. Però al momento non posso entrare nel dettaglio, dobbiamo rimandare a settembre quando presenteremo in conferenza stampa i nostri progetti coordinati per il futuro, non solo nostro, ma aperto a tutte le Istituzioni che condividano i nostri obiettivi.

E con la didattica istituzionale? I Conservatori sono "concorrenti", "antagonisti", il "luogo dove non andare mai"...

Concorrenti non direi. Peccheremmo di presunzione, tuttavia è un dato che molti ragazzi frequentano il Saint Louis e contemporaneamente anche il Conservatorio. Ora, parlando in termini meramente economici, per frequentare il nostro corso di diploma si spendono in media più di duemila euro l'anno, in Conservatorio circa la metà. Se la didattica del Conservatorio fosse veramente all'altezza, perché allora frequentare anche il Saint Louis, spendendo il doppio per giunta? La mia lettura del fenomeno è che si frequenta il Saint Louis o Musica Oggi o Siena Jazz perché si vuol imparare veramente una professione in una struttura di provata esperienza, e ci si rivolge al Conservatorio per avere "un pezzo di carta" filigranato, come raccomandano le nostre mamme (anche la mia, devo ammettere) "perché non si sa mai". Tipico delle mamme italiane. Tuttavia, tornando al "pezzo di carta", va detto che nel campo artistico differenziare i titoli tra gli aventi valore legale e quelli che non lo hanno pur conseguiti "sul campo" non ha senso. Ciò che conta è avere un attestato di studio conseguito in una scuola seria in cui un'alta percentuale di allievi diplomati trovano sbocchi professionali con la musica. Chiaramente c'è Conservatorio e Conservatorio, la differenza la fanno i docenti che vi insegnano, alcuni di provata preparazione ed esperienza.

Ti va di fare il nome di qualche studente del SL che oggi è diventato un valido professionista?

Stiamo parlando di tantissimi professionisti, molti noti perché lavorano sotto i riflettori, altri meno noti ma comunque affermati. Posso citarne uno che in qualche modo li riassume tutti, la cantante Chiara Civello, che ha coniugato preparazione e professionalità con il successo internazionale. Il successo nella vita dei nostri ex allievi ci riempie di orgoglio e ci sprona ad andare avanti facendo sempre meglio.

SL si poggia anche su contributi pubblici? Esistono programmi per incentivare chi è dotato ma non può permettersi i costi?

La Scuola non ha alcun tipo di contributo pubblico per l'attività istituzionale. L'unico sostegno nell'ambito dell'estate romana è quello concesso per l'organizzazione del Festival Estivo Jazz's Cool. Tuttavia, il Saint Louis da oltre 15 anni assegna a proprie spese ogni anno fino a 60 borse di studio per consentire agli allievi più meritevoli di frequentare gratuitamente i corsi di diploma. Come dire, lo Stato fa poco o nulla, ma penso che uno dei doveri morali di una scuola grande e di una grande scuola sia quello di sostenere e coltivare i talenti.

Come vedi la musica jazz in Italia anche alla luce della riduzione di fondi all'interno del FUS come ha di recente dichiarato il Ministro Bondi?

Non penso che il problema vada ricercato tanto nella riduzione del FUS, quanto nella destinazione di tali fondi, in gran parte destinati a Teatri, Enti Lirici, Orchestre stabili e Associazioni per la promozione della musica classica. Solo una minima parte del Fondo unico per lo Spettacolo è destinata a quella che chiamano "altra musica", leggi musica etnica, popolare e jazz. Quindi, anche se il Fus aumentasse, le proporzioni sono talmente sbilanciate (oltre il 95 percento alla musica classica e solo il 5 percento all'altra musica) che le differenze sarebbero impercettibili e non cambierebbe nulla.








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Data pubblicazione: 10/08/2009

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