Il brano che propongo in questa puntata offre parecchi spunti di riflessione e può essere fruibile a più livelli in ottemperanza a quanto avevo promesso in apertura di questi nostri
incontri.
Intanto stiamo parlando di uno dei personaggi mitici che la storia del contrabbasso jazz ricordi,
un caposcuola che, pur avendo lasciato non poche testimonianze di un nuovo modo di concepire il ruolo e la funzione dello strumento, non ha fatto in tempo,
ahinoi, a veder pienamente compita la sua arte poiché un tragico incidente,
nel luglio del 1961, ha stroncato la sua vita.
Stiamo parlando di SCOTT LA FARO, passato alla storia come il contrabbassista del miglior Trio di
Bill Evans nel suo periodo più fulgido.
Il solo in questione è tratto dall'album "Exploration" (Riv.
351) registrato il 2 febbraio 1961, dal noto trio evansiano nel quale, oltre a Scott compariva
Paul Motian. Dunque NARDIS è una composizione di Miles Davis che si sviluppa in forma
AABA e presenta la particolarietà di avere coppie di accordi che si ripetono, nella sezione
B, mentre nella A offre spunto per una interpretazione modale del brano.
Oltretutto, questa alternanza ciclica degli accordi conferisce al brano spazialità ed andamento ondeggiante che
sono, appunto, peculiarità inconfondibile della compositività davisiana di quel periodo.
Non si esime, Scott La Faro, dall'interpretare questo brano secondo la modalità che questo brano evoca, e nella fattispecie notiamo l'uso alternato del
E frigio (E-F-G-A-B-C-D) ed E eolio (E-F#-G-A-B-C-D-). Precisamente il E frigio viene usato dal nostro contrabbassista in tutta la prima A e parte della seconda A pur
concedendosi, di tanto in tanto, delle capatine fuori la modalità (in bar 22 e
bar 27) mediante note di passaggio che permettono, tuttavia, una interessante variazione coloristica del
fraseggio.
Da notare come sia efficace la progressione delle prime 4 battute di B che risolvono sempre sulla stessa nota
A, punto in comune tra i due accordi che costituiscono la sequenza.
Altra caratteristica di questa prima parte di solo è data dall'uso "propulsivo" delle terzine,
sia di croma che di semiminima, che contrastano, non poco sapientemente, con le duine e quindi danno dinamicità ad un brano
che, di per se, ha la tendenza alla staticità o comunque alla ripetizione ciclica all'ondeggiamento di cui
sopra (bar 5-6-7; 9-10-11 ecc.).
Altra caratteristica del linguaggio contrabbassistico di Scott La Faro è la predilezione per un fraseggio tendente a svilupparsi per intervalli congiunti e cromatici (bar 4-8-10-14-17-22 ecc.-) sia ascendenti che discendenti,
venendo meno, sia pur in parte, a quelli che sono i canoni lessicali del bop.
Forse questa tendenza, che personalmente ritengo essere una peculiarità del nostro contrabbassista, rappresenta la vera cerniera sulla quale si è dispiegata l'originalità del trio offrendo un ulteriore fertile terreno allo sviluppo del miglior pianismo di Bill
Evans.
Se alla felice intuizione per linee bassistiche morbide e cantabili, alla granitica padronanza tecnica aggiungiamo il suono poderoso e un timing fluido e sinuoso, facciamo presto a realizzare come il giovane Scott La
Faro, morto solo a 23 anni, sia considerato unanimemente uno dei più significativi contrabbassisti del dopo
guerra, addirittura un caposcuola al quale molti devono qualche cosa.
Inserisci un commento
©
2000 Jazzitalia.net - Marcello Sebastiani - Tutti i diritti riservati
© 2000 - 2024 Tutto il materiale pubblicato su Jazzitalia è di esclusiva proprietà dell'autore ed è coperto da Copyright internazionale, pertanto non è consentito alcun utilizzo che non sia preventivamente concordato con chi ne detiene i diritti.
|
Questa pagina è stata visitata 28.406 volte
Data pubblicazione: 10/09/2000
|
|