Vicenza Jazz New Conversations 2013
Henry Threadgill & Zooid Trio Bob Mintzer-John Abercrombie-Miroslav Vitous Teatro Olimpico, Vicenza, 10 Maggio 2013
di Nicola Barin
Henry Threadgill -
sax, flauti
Jose Davila - trombone, tuba
Liberty Ellman - chitarra
Elliot Kavee - batteria
Christopher Hoffman - violoncello
Bob Mintzer - sax
John Abercrombie - chitarra
Miroslav Vitous - contrabbasso
In uno stipato Teatro Olimpico l'attesa è molta: sta per entrare
Henry Threadgill. Sono poche le occasioni di vedere dal vivo in Italia questo
guru della musica. Il suo percorso musicale è passato dalla fondazione dell'AACM,
negli anni sessanta, fino alla nascita del trio Air, all'inizio degli anni settanta.
Oggi lo troviamo con il progetto degli Zooid. Curiosità e voglia di sperimentare
hanno caratterizzato tutta la sua carriera.
Astratto, assolutamente avulso da ogni
corrente musicale, anche se lo si inserisce all'interno dell'avanguardia o avant-jazz,
il musicista di Chicago si presenta architettando un notevole discorso che procede
per rotture e incisioni pur mantenendo il tentativo di un logos caratterizzato da
propulsioni e spinte verso l'estremo. Il suo pensiero è rizomatico, "...non soggetto
alla giurisdizione di nessun modello strutturale o generativo...", citando il
filosofo Gilles Deleuze. L'idea compositiva è quella di una ricerca senza gerarchie
che sappia mediare tra la scrittura e l'improvvisazione più sfrenata. Gli Zooid
sono una band entusiasmante, sono tutti molto giovani e seguono le indicazioni del
maestro ma, allo stesso tempo, lo trascinano e lo esaltano seguendo dei canovacci
che mantengono una musica liquida e coinvolgente.
Da segnalare il tocco e il suono della chitarra di Liberty
Ellman, senza dimenticare lo scatenato Christopher Hoffman al violoncello,
impressionante la sua somiglianza con il pianista
Bill Evans
da giovane. Riccardo Brazzale, direttore artistico della rassegna, presentando
la serata, definisce questo primo set un concerto per la critica. A nostro avviso
la forte dose di cerebralità insita nella musica non ha coperto assolutamente la
spontaneità musicale, testimoniata dall'apprezzamento della folta platea. Un concerto
emozionante.
Il secondo set prevede un trio che sulla carta appare esplosivo: Bob Mintzer,
John Abercrombie e Miroslav Vitous, tre grandi personalità che hanno
fatto, senza dubbio, la storia del jazz contemporaneo. Si parte in sordina senza
grandi scossoni con un programma che prevede la rilettura di alcuni standard. Si
nota subito però una mancanza di coesione: l'interplay non funziona, l'intesa sembra
non decollare e i tre si guardano non riconoscendosi. Si suona quasi con svogliatezza.
Il repertorio è da jazz club (ma noi siamo in teatro) e il sound non convince e
gli spettatori se ne accorgono. Ci pensa Vitous a movimentare la situazione cimentandosi
con l'archetto ma il risultato è quasi imbarazzante: un suono fastidioso e disturbante.
Non possiamo mettere in dubbio la maestria dei tre artisti, forse
si è trattato solo di un incontro sfortunato, oppure il confronto con Threadgill
è stato troppo forte. Salviamo comunque John Abercrombie che sa riempire
ogni nota di passione e amore.