La breve tournée italiana del
Wayne Shorter Quartet (tre date) fa tappa all'Auditorium di Roma
per impreziosire l'edizione di quest'anno del Roma Jazz Festival. Nei suoi dieci
anni di attività, il quartetto di Shorter ha già diverse volte calcato il palco
romano ma ogni volta, a giusto titolo, si parla di evento.
Wayne Shorter non ha certo bisogno di presentazioni essendo uno dei
mostri sacri del jazz, protagonista di alcune registrazioni entrate nel canone jazzistico
oltre che compositore di brani considerati ormai alla stregua di standard; e nemmeno
gli altri componenti del quartetto abbisognano di elogi:
Danilo Perez,
Brian Blade,
John
Patitucci, infatti, sono musicisti di caratura indiscutibile e leader
a loro volta di formazioni di primo piano. Insomma, non è difficile capire perché
ogni esibizione del
Wayne
Shorter Quartet richiami ogni volta il pubblico delle grandi occasioni.
Conviene allora soffermarsi, piuttosto che su quella di ognuno
dei singoli musicisti, sulla personalità del quartetto, che emerge chiaramente fin
dalle prime note. Anzi, in quest'occasione, non dovendo presentare nuovi album in
uscita, la cui esecuzione dal vivo – come accade talvolta – è ancora da rodare,
si sono potute apprezzare maggiormente le peculiarità di questa formazione. La scaletta
è composta da brani tratti dalla discografia del quartetto: Footprints
Live! (2002), Alegria (2003) e, in particolare, Beyond the Sound
Barrier (2005).
Per cominciare, uno dei tratti peculiari del quartetto è l'ampio
spazio che Shorter lascia al gruppo – con i tre musicisti che si alternano a introdurre
il brano e a presentarne il tema – ed egli stesso entra con i suoi sassofoni spesso
a brano inoltrato, il più delle volte con assoli in controtempo o in contrappunto
rispetto al tema. Un'altra peculiarità consiste nella composizione in suite dei
brani, articolati in complesse variazioni ritmiche e decostruiti per esplorare ogni
singola potenzialità ritmica o melodica. Infine, dall'attenzione prestata da ognuno
dei musicisti allo spartito è evidente come l'aspetto compositivo prevalga sull'improvvisazione,
a tal punto che – nonostante qualche sprazzo latineggiante qua e là – certi passaggi
potrebbero risultare fin troppo cerebrali. Ma forse è proprio questo il tratto che
caratterizza l'estetica dell'attuale fase creativa di Shorter: della sua poliedrica
figura musicale, il
Wayne
Shorter Quartet valorizza – più delle stesse qualità solistiche – la capacità
compositiva.