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Jazz&wine of Peace 2021
XXIV Edizione

Cormòns e altre località
21-25 ottobre 2021
di Vincenzo Fugaldi

Jazz % Wine Of Peace - Arne JansenJazz % Wine Of Peace - Beppe ScardinoJazz % Wine Of Peace - Dan BerglundJazz % Wine Of Peace - Daniel HumairJazz % Wine Of Peace - David HelbockJazz % Wine Of Peace - E . J . Strickland
Jazz % Wine Of Peace - Emanuele ParriniJazz % Wine Of Peace - HelveticusJazz % Wine Of Peace - Holland - ScofieldJazz % Wine Of Peace - Lakecia BenjaminJazz % Wine Of Peace - Lakecia Benjamin Quartet
Jazz % Wine Of Peace - Magnus OstromJazz % Wine Of Peace - Mirko CisilinoJazz % Wine Of Peace - Nik BartschJazz % Wine Of Peace - Ralph TownerJazz % Wine Of Peace - RoninJazz % Wine Of Peace - Rymden
Jazz % Wine Of Peace - RymdenJazz % Wine Of Peace - RymdenJazz % Wine Of Peace - Sebastian StudnitzkyJazz % Wine Of Peace - ShaJazz % Wine Of Peace - There Be Monsters
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La ventiquattresima edizione del festival che ha il suo centro nella cittadina del goriziano ha presentato un programma di alta qualità, estremamente equilibrato nelle scelte artistiche, che hanno visto passare dai diversi spazi dello splendido territorio prescelti (teatri e cantine, quasi sempre pieni) artisti statunitensi, europei e italiani in un mix vario e interessantissimo. Chi scrive ha seguito una buona metà degli eventi, a partire dall'atteso duo tra John Scofield e Dave Holland, al teatro Verdi di Gorizia.
Partner di diverse avventure musicali, come ad esempio nel Blue Note «ScoLoHoFo» del 2003 e, nel medesimo anno, in «Love Letters» a nome di Roy Haynes (su etichetta Columbia), il chitarrista statunitense e il contrabbassista inglese si sono incontrati per la prima volta in duo per un tour europeo, che ha toccato anche alcune località italiane. Non proprio coetanei (Scofield è più giovane di cinque anni), hanno entrambi storie musicali dense, e l'aura del divino Miles che li accomuna. Il loro incontro sul palco è stato intimo, colloquiale e disteso, come due vecchi amici che si raccontano le loro vite, con i relativi aneddoti e ricordi, scambiandosi un sorriso innanzi a un bicchiere di buon vino. Hanno eseguito composizioni di entrambi, e il chitarrista è parso più intenso e convincente rispetto al suo tour in solo di qualche tempo addietro, sfoderando il suo miglior blues feeling, evidentemente ben motivato dal partner. Holland, dal suo canto, non si è risparmiato né in accompagnamento né nei formidabili assolo, garantendo sempre il suo suono preciso, caldo e avvolgente, condito spesso da un rinfrancante sorriso. Tra i brani migliori eseguiti, tutti composti da Holland, la nostalgica Memories of Home e soprattutto Homecoming, che Holland registrò col trio Gateway ma soprattutto nel suo capolavoro del 1972, su Ecm, «Conference of the Birds». Un duo molto gradito dal folto pubblico presente, che si auspica incida presto un disco.

La giovane statunitense Lakecia Benjamin, che ha un retroterra musicale solo in parte jazzistico, ha pubblicato nel 2020 un'opera ambiziosa, «Pursuance: The Coltranes», su etichetta Ropeadope, con la partecipazione di musicisti di grande qualità, tra i quali compaiono i nomi del suo mentore Gary Bartz, Lonnie Plaxico, Reggie Workman, Brandee Younger e tantissimi altri. A Cormons è giunta spalleggiata da un trio composto dal giovanissimo Taber Gable al pianoforte, Ivan Taylor al contrabbasso e da un navigato batterista di spiccate qualità come E.J. Strickland. Lakecia, al sax alto, strumento che suona con tecnica superlativa, mostra una presenza dinamica sul palco, sul quale si muove con dimestichezza, con piglio da leader. E il concerto, a un livello epidermico, è stato davvero trascinante, sia per le sue indubbie capacità al sax alto, sia per l'apporto essenziale di Strickland, sia per alcuni assolo del pianista. L'omaggio, indirizzato non solo a John ma anche ad Alice, che su disco risulta decisamente più riuscito, profondo ed efficace, tuttavia forse in questa versione "asciutta", a guardare a fondo, si mostra piuttosto scolastico, didascalico. Ma c'è da guardare con attenzione all'opera di questa giovane sassofonista, che mostra di avere davvero doti e personalità interessanti.



Il più importante violinista jazz italiano, Emanuele Parrini, ha costituito un quartetto che presto inciderà le musiche di sua recente composizione, insieme a Beppe Scardino (sax baritono e flauto), Giovanni Maier al contrabbasso e Andrea Melani alla batteria. Animal Farm il titolo del progetto, nella sua prima esecuzione live. A Villa Codelli i quattro hanno pienamente convinto per la qualità dei brani e delle esecuzioni, che denotavano la grande esperienza di ciascuno. Timbricamente interessante la accoppiata violino-flauto traverso; articolate le partiture, ben diverse dalla ordinarietà del mainstream, con profumi ornettiani e altre suggestioni del miglior jazz statunitense, efficace la ritmica di Maier e Melani, e come sempre perfetto il fraseggio e il suono del violino del leader. Unico brano non originale, l'ellingtoniano Azure.
 
A Vila Vipolže, nella vicina Slovenia, il graditissimo concerto di Ralph Towner. Ottantuno anni portati benissimo, ha eseguito nuove composizioni insieme ad alcune già note, tra cui la splendida Anthem e ad alcuni standard, con la stessa tecnica adamantina alla chitarra classica, per un set applauditissimo dal folto uditorio.

Altro nome storico a Villa Attems di Lucinico: una delle star della batteria in Europa, lo svizzero Daniel Humair, insieme a due connazionali, Samuel Blaser al trombone e Heiri Känzig al contrabbasso. L'ottantatreenne storico protagonista della scena musicale europea, che con questo trio ha pubblicato un ottimo disco nel 20201291», Outnote Records) è sempre il grande strumentista che abbiamo apprezzato da lunghi decenni, e ha scelto di affiancarsi due musicisti molto più giovani (in particolare lo è Blaser, quarantenne). Un trio in cui l'interplay è fondamentale, così come l'approccio creativo all'improvvisazione, che li vede stimolarsi a vicenda in un continuo scambio di idee e di suggestioni. Ma forte è anche la presenza di temi leggibili, e fondamentale il richiamo alla tradizione preboppistica, come siamo abituati ad ascoltare, in Italia, da Franco D'Andrea. Della tecnica non occorre nemmeno far cenno, basti dire che è in tutti e tre superlativa, senza mai rischiare sterili virtuosismi. Tra i brani eseguiti, presentati con simpatica ironia da Humair, Jim Dine, Cantique suisse (l'inno nazionale), i tradizionali High Society e Original Dixieland One-Step. Bis su Les oignons di Bechet.

Ronin è una delle modalità in cui si declina la peculiare personalità del pianista e tastierista svizzero Nik Bärtsch. Le varie definizioni della musica di Ronin (zen-funk, ritual groove music) non restituiscono a pieno le suggestioni che promanano dal mondo poetico di Bärtsch, distante dal jazz e accostabile invece a una sorta di fissità di stampo minimalista, ieratica e meditativa, ipnotica e ricca di fascino orientale. Con Sha al sax alto, Jeremias Keller al basso e Kaspar Rastalla batteria, l'abbigliamento in tono, un uso creativo delle luci, Ronin ha portato sul palco del Teatro comunale di Cormòns i colori delle tastiere, i suoni lunghi dei fiati, la solidità ritmica di basso e batteria, in un fluire liquido e avvolgente di brani dalla lunga durata, alcuni marcatamente ritmici, altri d'atmosfera. Totale assenza di assolo in senso jazzistico, rari movimenti armonici, in favore invece della creazione di atmosfere pop scure e suadenti, per un set molto gradito da buona parte degli intervenuti.

L'ultima giornata del festival è iniziata alla Tenuta Villanova, per un concerto mattutino del Dalai Trio, un gruppo capitanato dal batterista Emanuel Donadelli, con Mirko Cisilino alla tromba e al trombone e Marzio Tomada al contrabbasso. I tre hanno eseguito principalmente composizioni del leader composte durante il periodo del lockdown e ispirate al noir, del quale richiamavano le atmosfere tipiche, oltre a una di John Lindberg. Prevalenza di toni bruniti, tra riff del contrabbasso e il fraseggio del trombone utilizzato prevalentemente da Cisilino, con la batteria a far da collante, in una situazione di non spiccata varietà timbrica.
 
«The New Cool» è titolo di un recente disco del pianista austriaco David Helbock per l'etichetta Act. A Villa Attems, con i colleghi tedeschi Sebastian Studnitzky alla tromba e Arne Jansen alla chitarra, entrambi noti band leader, Helbock ha presentato i brani del cd, insieme a uno in piano solo tratto dal suo disco precedente dedicato alle musiche di John Williams. Un'idea di cool per niente nostalgica, un uso misurato dell'elettronica, mescolando Chopin, Cindy Lauper (con una Time After Time molto diversa dalla interpretazione di Davis), composizioni originali, in un fluire naturale e delicato, con il suono sabbioso della tromba, i ricami del pianoforte, il supporto essenziale della chitarra elettrica, in un mix di estrema gradevolezza, dai buoni equilibri.

There Be Monsters è un quintetto composto dal leader Boštjan Simon al sax tenore, Mirko Cisilino alla tromba, Luigi Vitale al vibrafono e balafon, Goran Krmac alla tuba e Bojan Krhlanko alla batteria. A Villa Codelli hanno dato vita a un set coinvolgente e di estremo interesse. Una ritmica molto peculiare, quella fornita da tuba e batteria, con il supporto del vibrafono e del balafon, con evidenti richiami all'Africa, e un Cisilino particolarmente incisivo, dal fraseggio costantemente convincente nel valorizzare le belle composizioni di Simon.

Il concerto conclusivo, al Teatro comunale, è spettato a una delle più importanti formazioni europee, gli scandinavi Rymden: Bugge Wesseltoft al pianoforte, piano elettrico e synth, Dan Berglund al contrabbasso e Magnus Öström alla batteria. Tre cd in attivo («Reflections and Odysseys» e «Space Sailors», rispettivamente del 2018 e del 2020, e un live pure del 2020 «Live In Umeå»), e intense storie musicali alle spalle (Wesseltoft discografico, produttore, ha creato la band New Conception of Jazz, ed è il principale esponente europeo del nu-jazz, che unisce a una perizia pianistica di grande livello l'utilizzo dell'elettronica; Berglund e Öström hanno costituito per lungo tempo la formidabile ritmica del trio E.S.T., quell'Esbjorn Svensson Trio che ha cambiato la concezione del piano trio, fino alla tragica scomparsa del leader). I tre hanno fornito una prestazione maiuscola, che ha mostrato il grande affiatamento raggiunto dopo quattro anni di musica eseguita insieme. Maestri dell'interplay, alfieri del groove, in evidenza le tastiere, soprattutto le rotonde sonorità del synth padroneggiato da Wesseltoft come pochi, in un susseguirsi di momenti felici, riff trascinanti, ritmi suadenti, intense ballad, composizioni intense come My Life in a Mirror.

Da lodare anche l'atmosfera che si respirava intorno al festival, graziato da condizioni atmosferiche favorevoli e gestito con competenza ed entusiasmo dallo staff del Circolo Controtempo e da tanti giovani.







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inserito il 10/05/2013  da Maurizio Brunod - visualizzazioni: 4798


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Data pubblicazione: 28/11/2021

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