Jazz&wine of Peace 2021 XXIV Edizione Cormòns e altre località 21-25 ottobre 2021 di Vincenzo Fugaldi
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La ventiquattresima edizione del festival che ha il suo centro nella cittadina
del goriziano ha presentato un programma di alta qualità, estremamente equilibrato
nelle scelte artistiche, che hanno visto passare dai diversi spazi dello splendido
territorio prescelti (teatri e cantine, quasi sempre pieni) artisti statunitensi,
europei e italiani in un mix vario e interessantissimo. Chi scrive ha seguito una
buona metà degli eventi, a partire dall'atteso duo tra
John Scofield
e Dave Holland,
al teatro Verdi di Gorizia.
Partner di diverse avventure musicali, come ad esempio nel Blue Note«ScoLoHoFo»
del 2003 e, nel medesimo anno, in «Love Letters»
a nome di Roy Haynes (su etichetta Columbia), il chitarrista statunitense e il contrabbassista
inglese si sono incontrati per la prima volta in duo per un tour europeo, che ha
toccato anche alcune località italiane. Non proprio coetanei (Scofield è più giovane
di cinque anni), hanno entrambi storie musicali dense, e l'aura del divino Miles
che li accomuna. Il loro incontro sul palco è stato intimo, colloquiale e disteso,
come due vecchi amici che si raccontano le loro vite, con i relativi aneddoti e
ricordi, scambiandosi un sorriso innanzi a un bicchiere di buon vino. Hanno eseguito
composizioni di entrambi, e il chitarrista è parso più intenso e convincente rispetto
al suo tour in solo di qualche tempo addietro, sfoderando il suo miglior blues feeling,
evidentemente ben motivato dal partner. Holland, dal suo canto, non si è risparmiato
né in accompagnamento né nei formidabili assolo, garantendo sempre il suo suono
preciso, caldo e avvolgente, condito spesso da un rinfrancante sorriso. Tra i brani
migliori eseguiti, tutti composti da Holland, la nostalgica Memories of Home
e soprattutto Homecoming, che Holland registrò col trio Gateway ma soprattutto
nel suo capolavoro del 1972, su Ecm, «Conference
of the Birds». Un duo molto gradito dal folto pubblico presente, che si auspica
incida presto un disco.
La giovane statunitense Lakecia Benjamin, che ha un retroterra musicale solo
in parte jazzistico, ha pubblicato nel 2020
un'opera ambiziosa, «Pursuance: The Coltranes», su etichetta Ropeadope, con
la partecipazione di musicisti di grande qualità, tra i quali compaiono i nomi del
suo mentore Gary Bartz, Lonnie Plaxico, Reggie Workman, Brandee Younger e tantissimi
altri. A Cormons è giunta spalleggiata da un trio composto dal giovanissimo Taber
Gable al pianoforte, Ivan Taylor al contrabbasso e da un navigato batterista
di spiccate qualità come E.J. Strickland. Lakecia, al sax alto, strumento
che suona con tecnica superlativa, mostra una presenza dinamica sul palco, sul quale
si muove con dimestichezza, con piglio da leader. E il concerto, a un livello epidermico,
è stato davvero trascinante, sia per le sue indubbie capacità al sax alto, sia per
l'apporto essenziale di Strickland, sia per alcuni assolo del pianista. L'omaggio,
indirizzato non solo a John ma anche ad Alice, che su disco risulta decisamente
più riuscito, profondo ed efficace, tuttavia forse in questa versione "asciutta",
a guardare a fondo, si mostra piuttosto scolastico, didascalico. Ma c'è da guardare
con attenzione all'opera di questa giovane sassofonista, che mostra di avere davvero
doti e personalità interessanti.
Il più importante violinista jazz italiano, Emanuele
Parrini, ha costituito un quartetto che presto inciderà le musiche di sua recente
composizione, insieme a Beppe Scardino (sax baritono e flauto), Giovanni
Maier al contrabbasso e Andrea Melani alla batteria. Animal Farm
il titolo del progetto, nella sua prima esecuzione live. A Villa Codelli i quattro
hanno pienamente convinto per la qualità dei brani e delle esecuzioni, che denotavano
la grande esperienza di ciascuno. Timbricamente interessante la accoppiata violino-flauto
traverso; articolate le partiture, ben diverse dalla ordinarietà del mainstream,
con profumi ornettiani e altre suggestioni del miglior jazz statunitense, efficace
la ritmica di Maier e Melani, e come sempre perfetto il fraseggio e il suono del
violino del leader. Unico brano non originale, l'ellingtoniano Azure.
A Vila Vipolže, nella vicina Slovenia, il graditissimo concerto di Ralph Towner.
Ottantuno anni portati benissimo, ha eseguito nuove composizioni insieme ad alcune
già note, tra cui la splendida Anthem e ad alcuni standard, con la stessa
tecnica adamantina alla chitarra classica, per un set applauditissimo dal folto
uditorio.
Altro nome storico a Villa Attems di Lucinico: una delle star della batteria in
Europa, lo svizzero Daniel Humair, insieme a due connazionali, Samuel
Blaser al trombone e Heiri Känzig al contrabbasso. L'ottantatreenne storico
protagonista della scena musicale europea, che con questo trio ha pubblicato un
ottimo disco nel 2020 («1291», Outnote
Records) è sempre il grande strumentista che abbiamo apprezzato da lunghi decenni,
e ha scelto di affiancarsi due musicisti molto più giovani (in particolare lo è
Blaser, quarantenne). Un trio in cui l'interplay è fondamentale, così come l'approccio
creativo all'improvvisazione, che li vede stimolarsi a vicenda in un continuo scambio
di idee e di suggestioni. Ma forte è anche la presenza di temi leggibili, e fondamentale
il richiamo alla tradizione preboppistica, come siamo abituati ad ascoltare, in
Italia, da
Franco D'Andrea. Della tecnica non occorre nemmeno far cenno, basti dire
che è in tutti e tre superlativa, senza mai rischiare sterili virtuosismi. Tra i
brani eseguiti, presentati con simpatica ironia da Humair, Jim Dine, Cantique
suisse (l'inno nazionale), i tradizionali High Society e Original
Dixieland One-Step. Bis su Les oignons di Bechet.
Ronin è una delle modalità in cui si declina la peculiare personalità del
pianista e tastierista svizzero Nik Bärtsch. Le varie definizioni della musica
di Ronin (zen-funk, ritual groove music) non restituiscono a pieno
le suggestioni che promanano dal mondo poetico di Bärtsch, distante dal jazz e accostabile
invece a una sorta di fissità di stampo minimalista, ieratica e meditativa, ipnotica
e ricca di fascino orientale. Con Sha al sax alto, Jeremias Keller al basso
e Kaspar Rastalla batteria, l'abbigliamento in tono, un uso creativo delle
luci, Ronin ha portato sul palco del Teatro comunale di Cormòns i colori delle tastiere,
i suoni lunghi dei fiati, la solidità ritmica di basso e batteria, in un fluire
liquido e avvolgente di brani dalla lunga durata, alcuni marcatamente ritmici, altri
d'atmosfera. Totale assenza di assolo in senso jazzistico, rari movimenti armonici,
in favore invece della creazione di atmosfere pop scure e suadenti, per un set molto
gradito da buona parte degli intervenuti.
L'ultima giornata del festival è iniziata alla Tenuta Villanova, per un concerto
mattutino del Dalai Trio, un gruppo capitanato dal batterista Emanuel
Donadelli, con Mirko Cisilino alla tromba e al trombone e Marzio Tomada
al contrabbasso. I tre hanno eseguito principalmente composizioni del leader composte
durante il periodo del lockdown e ispirate al noir, del quale richiamavano le atmosfere
tipiche, oltre a una di John Lindberg. Prevalenza di toni bruniti, tra riff del
contrabbasso e il fraseggio del trombone utilizzato prevalentemente da Cisilino,
con la batteria a far da collante, in una situazione di non spiccata varietà timbrica.
«The New Cool» è titolo di un recente disco del pianista austriaco David
Helbock per l'etichetta Act. A Villa Attems, con i colleghi tedeschi Sebastian
Studnitzky alla tromba e Arne Jansen alla chitarra, entrambi noti band
leader, Helbock ha presentato i brani del cd, insieme a uno in piano solo tratto
dal suo disco precedente dedicato alle musiche di John Williams. Un'idea di cool
per niente nostalgica, un uso misurato dell'elettronica, mescolando Chopin, Cindy
Lauper (con una Time After Time molto diversa dalla interpretazione di Davis),
composizioni originali, in un fluire naturale e delicato, con il suono sabbioso
della tromba, i ricami del pianoforte, il supporto essenziale della chitarra elettrica,
in un mix di estrema gradevolezza, dai buoni equilibri.
There Be Monsters è un quintetto composto dal leader Boštjan Simon
al sax tenore, Mirko Cisilino alla tromba,
Luigi Vitale
al vibrafono e balafon, Goran Krmac alla tuba e Bojan Krhlanko alla
batteria. A Villa Codelli hanno dato vita a un set coinvolgente e di estremo interesse.
Una ritmica molto peculiare, quella fornita da tuba e batteria, con il supporto
del vibrafono e del balafon, con evidenti richiami all'Africa, e un Cisilino particolarmente
incisivo, dal fraseggio costantemente convincente nel valorizzare le belle composizioni
di Simon.
Il concerto conclusivo, al Teatro comunale, è spettato a una delle più importanti
formazioni europee, gli scandinavi Rymden: Bugge Wesseltoft al pianoforte,
piano elettrico e synth, Dan Berglund al contrabbasso e Magnus Öström
alla batteria. Tre cd in attivo («Reflections and Odysseys» e «Space Sailors»,
rispettivamente del 2018 e del
2020, e un live pure del
2020 «Live In Umeå»), e intense storie musicali
alle spalle (Wesseltoft discografico, produttore, ha creato la band New Conception
of Jazz, ed è il principale esponente europeo del nu-jazz, che unisce a una perizia
pianistica di grande livello l'utilizzo dell'elettronica; Berglund e Öström hanno
costituito per lungo tempo la formidabile ritmica del trio E.S.T., quell'Esbjorn
Svensson Trio che ha cambiato la concezione del piano trio, fino alla tragica
scomparsa del leader). I tre hanno fornito una prestazione maiuscola, che ha mostrato
il grande affiatamento raggiunto dopo quattro anni di musica eseguita insieme. Maestri
dell'interplay, alfieri del groove, in evidenza le tastiere, soprattutto le rotonde
sonorità del synth padroneggiato da Wesseltoft come pochi, in un susseguirsi di
momenti felici, riff trascinanti, ritmi suadenti, intense ballad, composizioni intense
come My Life in a Mirror.
Da lodare anche l'atmosfera che si respirava intorno al festival, graziato da condizioni
atmosferiche favorevoli e gestito con competenza ed entusiasmo dallo staff del Circolo
Controtempo e da tanti giovani.