ESEMPI
AUDIO |
Stardust
Hotel Biri di Padova, 1948
circa
Aldo Masciolini
tenor sax, Oscar Toson pianoforte, Luciano Schiccheri batteria,
Ennio Carretta
contrabbasso
Mack the Knife
Moonlight in
Vermont
The Man I Love
locale Teatro di
Cittadella PD, metà anni '70
Big Band – Aldo Masciolini tenor sax, Oscar Toson pianoforte e arrangiatore,
Maurizio Schiccheri batteria, Ciccio Micheli tromba
Honeysuckle Rose
Autumn Leaves
locale San Clemente di Padova, primi anni
'90
Maurizio Boldrin batteria, Andrea Gaubellotto basso, Aldo Masciolini
tenor sax,
Antonio Ongarello chitarra elettrica, Oscar Toson pianoforte
|
Oscar Toson è nato a Padova il
31.01.1927, ha cominciato a
studiare pianoforte all'inizio della seconda guerra mondiale, per molte ragioni
ha dovuto poi smettere. Ha ripreso gli studi a guerra finita e nel '46
ha avuto
il primo "ingaggio" con l'orchestra di Arturo Casadei (non quella di liscio),
ottimo pianista e compositore. Da lui ha imparato moltissime cose: repertorio,
scelta del programma in base alla clientela, piccoli trucchi del mestiere nell'eseguire i brani. Ma il suo chiodo fisso è sempre stato il jazz soprattutto
quando ebbe la fortuna di conoscere Aldo
Masciolini: ottimo jazzman al sax
tenore e al clarinetto. Con Masciolini ha formato diversi complessi e sempre
con buon successo. Nel suo girare il mondo ha suonato: al Mars Club
di Parigi
per le truppe americane, e in moltissime città del nord Europa, in Svezia,
Finlandia, Danimarca, etc. Purtroppo, ai tempi, si doveva eseguire musica
commerciale: non mancava però mai l'occasione di fare del jazz, magari di
notte, dopo diverse ore di musica da ballo. Ora è tutto un po' più facile.
Conosco bene Oscar
Toson che è uno splendido uomo, sono andato a trovarlo e mi ha parlato di un'epoca che non esiste
più: l'era dello swing diciamo anche "italiano" quando, dopo la seconda guerra
mondiale, la gente ballava e si divertiva. Poi il boom economico e tutto il
resto: la società è cambiata, il modo di vivere è cambiato, non sta certamente
a me affermare se la vita di allora sia stata migliore di quella presente, ero
bambino, personalmente ho un'infinita nostalgia per quei tempi di
ricostruzione, di gioia, di voglia di vivere poi … non lo so …
Ripensando però
a quei tempi ho sempre davanti agli occhi, fissate indelebilmente nella
memoria, nella mente, le spazzole della batteria di Luciano Schiccheri, le
prime note del piano di Oscar Toson e il sax di Aldo
Masciolini. Il brano StarDust
(), eseguito nel
1948 in
quartetto, non so
se è eseguito bene o male: ascoltatelo, è la fine di un'epoca e l'annuncio di
un'altra: la nostra. Vorrei solo del rispetto per questi vecchi padri, Oscar
poi è l'ultimo, ancora vivo, assieme a Riccardo
Laudenzi: grazie a tutti voi
vecchi jazzisti dimenticati …
Oscar Toson incontrò
mio padre subito dopo la guerra, a Padova, e tra loro nacque una forte intesa
durata poi qurant'anni.
"Quando
tuo padre è venuto a Padova per noi, diciamo fra virgolette, orchestrali,
musicisti di provincia, è stato un avvenimento: un avvenimento perché lui ha
portato effettivamente qualcosa di nuovo, ha portato il sistema di suonare alla
Coleman Hawkins, idee jazzistiche all'avanguardia per l'epoca (1947 –
48), si
differenziava, direi proprio senza sbagliarmi, dal giorno alla notte da quei
tre o quattro sax padovani locali, non occorreva un orecchio musicale
particolare per capire la differenza che passava tra Masciolini e i nostri
esecutori locali. Ora, per me, è stato un avvenimento, una fortuna incontrare
tuo padre, adesso cronologicamente la data e il posto dove ci siamo conosciuti
non me lo ricordo, probabilmente è stato in una jam session organizzata dalla Associazione Jazzisti
Padovani ma purtroppo non esiste alcuna registrazione perchè i registratori erano quelli che erano…Comunque
il fatto sta
che, dopo le prime volte che abbiamo suonato assieme, si è creato subito un feeling
fra me e lui, d'intesa, ciò che non succedeva con gli altri. Bastava
un'occhiata per capire se andava o non andava bene, ci consigliavamo l'uno con
l'altro, addirittura abbiamo precorso i tempi, io e tuo padre, per non fare
sempre le solite canzoni le facevamo ma in un'altra tonalità. Ciò che, a
distanza di trent'anni, fanno i jazzisti di adesso, per esempio: Polvere di
Stelle in Fa diesis
maggiore, in una canzone di Gershwin cambiavamo tutte le
tonalità, anche i tempi, per non adagiarsi sempre sui soliti ritmi di allora."
La maggiorparte delle
serate erano al Biri, uno storico locale di Padova. Avevano molta
libertà da parte del proprietario e così aspettavano la notte per cominciare a
suonare jazz!
"Suonavamo al Biri, sì, sempre! Il Biri era un locale all'avanguardia
per quei tempi, bello, spazioso. Nel '49,
'50, la direzione
ci lasciava "mani libere" di suonare, visto che abbiamo avuto anche molti applausi
da parte della gente, però noi non abusavamo mai del jazz perché sapevamo che
purtroppo…Ma all'una finivamo e allora magari
dopo un'insalata di pollo o di riso…due bicchieri di birra, o anche di vino, ci mettevamo in tre o
quattro e suonavamo jazz… Io al piano, tuo padre al sax tenore, Luciano
Schiccheri alla batteria, Ennio Carretta al basso oppure, sempre al basso,
anche Cester, Leo Cester: era bravissimo, suonavamo dei pezzi
straordinariamente belli americani, che duravano anche un'ora, pensa! E la
mattina poi sempre a lavorare! Non ci accorgevamo che passavano un'ora o due, tre:
questa era la passione per la musica! C'è stato anche un rapporto con la RAI
di Venezia, per fare dei concerti, si chiamava Club
Notturno: mandavano in
onda, una mezza ora dopo la mezzanotte, quattro o cinque pezzi e la
trasmissione si chiamava appunto Club Notturno. Tutti brani che suonavamo noi,
solo per noi perché non andavamo alla ricerca dell'applauso, erano cose
spontanee tra di noi, ed erano talmente belle, pensa aver avuto la possibilità
di adesso nel poterle registrare. Ci sarebbe da studiare tutti i brani battuta
per battuta perché sono venute fuori delle cose veramente eccezionali.
D'altronde non eravamo mica soli: leggevamo infatti, su Musica Jazz
di Arrigo Polillo, che in America, le più belle registrazioni sono state fatte dietro le
quinte, quando, finito un concerto, Oscar Peterson e Stan Getz (ipotesi) si
mettevano lì è suonavano…"
Jazzisti liberi…!
Hanno suonato anche in molti altri locali della zona come il "San
Daniele". Io
mi ricordo quando andavo ad ascoltarli, mi entrava dentro la loro grande musica… Un atmosfera
irripetibile oggi… Bastava la gratitudine di un ascoltatore per sentirsi
ripagati per l'intetra serata. E il tutto un po' di "contrabbando" nei
confronti dei proprietari che, tra l'altro, non versavano mai i contributi.
"Vedi il discorso è questo: quello che oggi mi da'
'fastidio' è il fatto di suonare 'forte', anche perché, oggi, mettono dentro la
'bocca' del sax un microfono,
così nella tromba e in tutti gli altri… Ti dico quello che penso: suonare 'piano' è molto difficile! Suonare le note basse, bene, è difficile, anche
perché suonando piano, si sentono tutti i più piccoli errori, suonando forte
invece, si confonde un po' il tutto… Allora, io e tuo padre, siamo sempre
stati, un po', 'nemici' dei microfoni, poiché a noi è sempre piaciuto il soft:
ci bastava, che fra
cinquanta persone, una venisse lì e dicesse, che bello quel brano che avete
fatto…,a quel punto eravamo gratificati per tutta la serata. Ovviamente non
venivano mai versati i contributi e i proprietari dicevano «aho bello, invece di sta "roba" qua, perché non fate qualche
mazurchetta, tango etc.? :-)».
Abbiamo fatto comunque tante di quelle feste che
non saprei nemmeno elencarle tutte: dalle più grandi, tipo la casa del Conte
Marzotto, alle feste
dei giornalisti fatte a Padova allo Storione,
all'Orologio di Abano Terme, insomma in tutti quei bei locali della zona..,
perché in fondo ci siamo sempre comportati bene e, modestamente, suonavamo
abbastanza bene, allora la gente che,
fortunatamente non era stupida, chiedeva il nostro complesso…"
Quindi alle feste si
chiamavano i gruppi jazz. Ma questo fino agli anni '62, '63, '64. Poi sono
arrivate le prime contestazioni giovanili, il beat, il fenomeno dei Beatles e queste cose sono state un po'
cancellate! Possiamo dire che con l'avvento della musica pop, rock, etc., cioè con il
nascere di
questo "grande rumore", la generazione di questi uomini è stata diciamo un po' "cancellata e dimenticata"!
"Sì, sì…Vedi, io, come tuo padre e moltissimi altri, abbiamo visto
l'avanzata 'dei barbari', però, abbiamo scelto di rimanere noi stessi, perché,
in un certo senso, anche noi potevamo fare del rock, anche del jazz rock, era
così facile: un bel impianto di microfoni etc., ma invece abbiamo voluto
restare noi stessi, allora, a chi piaceva il jazz, lo swing 'caldo' da Night
Italiano, poteva ascoltare certe nostre canzoni tipo 'Ma l'amore
no', 'Bambina
innamorata' etc., canzoni che si prestavano benissimo ad essere eseguite anche
in modo jazzistico.. Quindi c'è stato chi è rimasto quello che era, gli altri,
anche per esigenze diciamo di 'tasca', si sono messi a fare del rock, però, con
un risultato che insomma …"
Utilizzavano quindi
canzoni italianissime per suonare il jazz in modo da "mascherare"
all'ascoltatore il genere che stavano realmente suonando. A questo punto mi
viene in mente "C'est Ci Bon",
una canzone eseguita da Louis Armstrong, è una canzone semplice, ma suonata da Armstrong diventa un capolavoro,
mentre oggi spesso prendono un capolavoro tipo "Summertime" di
Gershwin
e ne fanno una porcheria, un sacco di suoni che non si sa da dove provengono etc.
"I grandi jazzisti avevano questa qualità, per questo venivano chiamati grandi:
la semplicità con la quale eseguivano
un pezzo, mettevano dentro delle loro frasi, talmente belle e messe nel momento
giusto, che non era da tutti! Tempo fa alla radio ho ascoltato una'esecuzione di
'Summertime' di Gershwin, ho dovuto spegnere perchè non la riconoscevo, non era più quella! Io, con tutta la mia buona volontà, ascolto la
radio, leggo, magari nel Radio Corriere, che ci sarà un'esecuzione di qualche
brano jazz, tipo da Umbria Jazz, o da qualche teatro, si sente anche il teatro
affollato di gente, vuol dire che la gente ha voglia di ascoltare, ma non
capisco le esecuzioni di questi 'grossi nomi', secondo loro, forse sarò di
un'altra epoca, ma non riesco a capire musicalmente cosa facciano…Perché non è
che ci siano degli accordi o dei giri armonici prestabiliti, lasciamo anche
questo che è un po' sorpassato, ma anche nella 'musica libera' è difficile
seguire e dire: sì questo è bravo…, questa è bella! Non lo posso dire
altrimenti non sarei onesto con me stesso."
Oscar Toson suona
ancora molto bene ("se mi manca il pianoforte addio, è come il
pane!") e, ad esempio, negli anni novanta ci sono registrazioni che ho
riportato su un CD e ascoltabile su questo sito (click).
In queste registrazioni più recenti si può notare come il pianismo di Toson si
sia in qualche modo evoluto rispetto all'inizio.
"Ho seguito una fase armonica diversa, perché mi è sempre piaciuto, così come
tuo padre, mi ricordo ne parlavamo sempre, e anche nelle esecuzioni si sente,
completare l'armonizzazione delle canzoni in modo diverso: aggiungere, levare o
mettere accordi diversi da quelli dell'autore, senza rubare niente alla bellezza
della canzone, ma di farli così in modo 'nostro', personalizzato, ecco perché mi è sempre piaciuto,
più che altro, studiare delle armonie, delle canzoni, faccio per esempio il
nome di un buon pianista: Renato Sellani, anche lui cambia spesso e volentieri
ed è ben accetto, per lo meno da me, il suo modo di armonizzare. Credo che
Sellani abbia suonato con tuo padre (ndr. a
Roma nel '45 – '46) che mi diceva che era uno di quelli che, come me e come tanti altri,
si divertivano a cambiare gli accordi alle canzoni americane, che erano per noi
delle 'reliquie sacre'…"
Ovviamente, nessuno di
loro si è mai schierato politicamente, oppure dalla parte del business perchè
quella sensazione interiore di purezza, di essere liberi, è sempre prevalsa. Non è sempre
necessario avere appoggi di questo tipo, ma spesso aiuta...
"Alle volte uno che si
'da delle arie', molte,
faccio tutto io, so tutto io, faccio così o faccio cosà, si vede poi, in fondo
che sono quelli che fanno strada, che aprono le porte, e tu magari, o per
timidezza o per tante altre ragioni, non riesci a sfondare… e vengono anche
appoggiati in tanti modi: appoggiati politicamente, ecclesiasticamente, da
destra, da sinistra non ha importanza, fortunatamente ciò che, ne' io ne' tuo
padre abbiamo mai fatto! Mai! E forse è anche per questo che siamo degli
illustri sconosciuti! Poi gli spazi sono quelli e questi rischiano di toglierli
a chi li meriterbbe, anche più di loro. Quindi, secondo me, gli
altri o sono dei puri, nel senso che non vogliono mischiarsi politicamente, o è
gente timida…Poi ci sono anche casi in cui un artista per vari motivi preferisce suonare per se stesso
piuttosto che per altri. Vedi un grande pianista classico, Glenn Gould (ndr.
Toronto, 25 September 1932 - 4 October 1982), ad un
dato momento ha smesso di suonare in pubblico perché lui, quello che suonava lo
voleva dare a se stesso non agli altri! Parlo di Glenn Gould, morto giovane, era
un genio della musica classica, per conto mio. Però in un dato momento ha
smesso di suonare, fare concerti, a quei livelli, livelli mondiali, perché lui
voleva dedicare, solo a se stesso, la musica che eseguiva e non darla, perché c'erano un sacco di problematiche: questo, quello, l'acustica, la gente…etc…
Guarda Masciolini: adesso noi parliamo, per chi ci ascolta, sembriamo
vivere 50 anni fa…, o forse, in un altro mondo…! Comunque noi possiamo
considerarci dei
puri, perché adesso, qualsiasi discorso è sempre collegato alla resa in denaro,
noi parliamo invece da appassionati squattrinati!"
"Se oggi facessero suonare dei
veri jazzisti o per lo meno riprendere le vecchie origini e un po' alla volta
ricominciare ad abituare la gente a quello che è il jazz, perché è bello il
dixieland fatto in maniera moderna, è bello lo swing fatto in maniera moderna,
quindi dedicare lo spazio ad un recupero di quello che è il jazz classico,
allora sì che le persone ascolterebbero, ed allora anche la televisione
potrebbe offrire degli spazi. Quello che odio oggi, di questi tempi, è la
malafede: la malafede dei mass media, che esaltano una persona come 'genio',
poi, dopo pochi anni, passa da genio alla spazzatura: perché è stata la
pubblicità a farlo diventare 'genio', non certo le sue qualità artistiche…"
"Vedi anche gli Americani, per esempio, di che cosa vanno in cerca? Vanno in
cerca, anche oggi, di Frank Sinatra, Barbra Streissand, che cantano canzoni di
cinquant'anni fa: loro, gli Americani,
hanno l'imbarazzo di un'enorme scelta, di infiniti repertori, eppure, anche
loro, ricercano quel filone di una volta, perché sanno, che una volta, valevi o
non valevi, era bello o non lo era: è inutile far passare una canzone bella,
per poco tempo, dopo due giorni non si sente più, sparisce dalla circolazione:
è un'imposizione, la gente lo capisce, poi dopo un po' sparisce tutto…"
Si riscopre anche il
jazz classico come i tentativi di Marsalis, e i tanti tributi che quest'anno ci
sono stati e ancora ci sono al grande Armstrong in occasione del centenario.
"E sì! Non si può rifiutare
Armstrong o Duke Ellington,
sono dei maestri. Un musicista deve saper suonare, soprattutto, deve aver buon
gusto nella scelta dei brani, come eseguirli, senza strafare, come dicevano i
classici, se tu guardi Mozart per esempio, Mozart è l'emblema della semplicità!
E' bravura, buon gusto, la genialità che ha conquistato il mondo! Adesso non
voglio fare il confronto di Mozart con i jazzisti però, anche i jazzisti, sanno
improvvisare, fare delle cose al momento giusto, un bell'accordo che riempie tutta
una canzone. Quello che purtroppo oggi non avviene! Adesso si predilige tutta
la musica elettronica: tastiere elettroniche, sax elettronici, etc., milioni di
watt, il rumore assordante… Oggi non è più il musicista che fa: è il computer
che fa! Si è perso il gusto di quello che è la musica, quindi i giovani si sono
abituati al rumore, questo è molto negativo, non si può fare la musica solo su
un piano commerciale: è stato rovinato
un campo eccezionale che è il campo della musica jazz, che poi sia stata la destra
o la sinistra poco cambia: lo hanno fatto tutti! Quello che non avveniva ai
nostri tempi, negli anni '50, '60: potevamo ancora suonare, anche se suonavamo
una canzonetta o un tango, e non ci andava di fare un tango, però lo facevamo
in una certa maniera….però volevano che i tanghi fossero all'argentina, i
valzer alla viennese, lo swing all'americana, un'orchestra cinque o
quattro elementi al massimo doveva adattarsi a fare tutto: anche i balli alla maniera
sud americana e
tutto il resto, perciò non era facile! Erano molto esigenti, una volta: c'era
quello che il valzer lo voleva un po' lento, all'inglese, quell'altro, invece,
più veloce, non ti dico, bisognava sapersi adattare a tutto e non era da tutti."
Anche Toson, infine,
non si riconosce nel jazz che spesso oggi si ascolta.
"Vedi Masciolini, ti confesso: se quello che presentano
come jazz è jazz, io non lo riconosco come jazz, però, ammesso e concesso che
io lo ascolto diverse volte per radio, perché Rai 3 fa qualche intervento dal
vivo per radio, ti dico sinceramente non riesco a capirlo, anche perché lo
sento ma non mi dice niente, non mi dice niente un sax che urla, o un flauto
che urla come un povero maiale che sta per morire, accordi strampalati al
pianoforte o alla chitarra, il basso che va per conto suo, mi diranno che sono
vecchio, che sono sorpassato, vero? Ma oramai :-))
Sarà oportunismo,
vera bravura. Mah. Purtroppo oggi si fa una gran confusione! Nella musica ci
vuole lo studio ma soprattutto la passione! Quando subentra l'aspetto
commerciale, allora spesso, muore tutto perché l'elemento diventa avido, non da
più quello che deve dare…Ho settantatre anni
e per me la musica è passione:
senza passione la musica non è più tale."
12/12/2018 | Addio a Carlo Loffredo, tra i padri del Jazz in Italia: "Ho suonato con Louis Armstrong, Dizzy Gillespie, Django Reinhardt, Stephan Grappelli, Teddy Wilson, Oscar Peterson, Bobby Hachett, Jack Teagarden, Earl "father" Hines, Albert Nicholas, Chet Baker, i Four Fresmen, i Mills Brother, e basta qui." |
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Data pubblicazione: 10/10/2001
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